La mia vita per immagini - Divenire Magazine

La mia vita per immagini

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Guardare stando in mezzo alle cose, partecipi e non spettatori; guardare come da una soglia, il dentro e il fuori, il prima e il dopo…Guardare più lentamente, con amicizia e con affetto, con tutto il corpo, guardare da uomo e da donna, da bambino e da vecchio, da domiciliato e straniero, guardare in modo partecipe anche quando ci serviamo di una macchina fotografica o di una cinepresa. Guardare e lasciarci guardare. Cambiare per l’effetto dell’altrui sguardo.

 

A. D’Elia, “Fotografia come terapia”

Man mano che l’aula si abita e i membri del gruppo prendono posto, i grandi tavoli si riempiono di immagini: piccole istantanee con i bordi zigrinati, grandi foto-ritratto in bianco e nero, diverse fotografie dai colori sgranati e icone che si illuminano sugli archivi digitali. Sono le tracce materiali dei ricordi, per questo sono reperti preziosi e unici. La fotografia può diventare un inserto materico nella narrazione autobiografica e dialogare con la scrittura in un reciproco darsi luce. Oggi racconteremo di noi, sperimentando la relazione tra immagini e parole.

– Vedo che avete trovato le immagini per raccontare la vostra storia, Come è andata la ricerca?

– È stato piacevole e facile, avevo già in mente le fotografie e mi ha fatto felice riguardarle.

– Per me è stato difficilissimo, non riuscivo a decidere quali fossero le immagini significative

– Ho sentito una forte ansia per questa consegna, mi sono bloccata. Ho portato un’unica immagine che avevo salvato sul cellulare qualche mese fa

– Ho provato piacere: mi sono rivisto e sono tornati dei bei ricordi

– Ho sempre pensato l’infanzia come il mio periodo più spensierato, ma la bambina ritratta nelle foto che ho portato non sorride mai

– Ogni fotografia portava con sé emozioni e pensieri. Lo stato d’animo prevalente è stato quello della nostalgia

– Non avrei mai pensato che iscrivermi ad un corso di scrittura mi avrebbe fatta così emozionare

– Mi sono sorpresa a pensare che posso raccontare la mia storia anche con le immagini…

Il lavoro con le immagini rappresenta una tappa importante della ricerca autobiografica e contribuisce a comporre la trama del racconto di sé. Dover selezionare le immagini che mi rappresentano e che raccontano il mio percorso, mi orienta verso la scelta di ciò che deciderò di raccontare e di come farlo. Le fotografie attivano nuove narrazioni, mostrano dettagli rivelatori e ci permettono di allenare lo sguardo. Davanti alle immagini, nostre e degli altri, sperimentiamo una sorta di sospensione e possiamo di nuovo indugiare dentro le cose e le situazioni. Così il nostro sguardo si apre ad una maggiore consapevolezza, si rafforza la relazione con ciò che nella fotografia è raffigurato e il racconto diventa autentico.

Lo sguardo rinnovato sulla nostra storia ha bisogno però di reciprocità, di un tu che a sua volta mi guardi e mi racconti. Per questo, propongo un lavoro di coppia in cui chiedo ad ognuno di scegliere una delle fotografie portate, di raccontare al compagno cosa vi sia raffigurato e poi di ascoltare il racconto dell’altro. Al termine dei reciproci racconti, ognuno dovrà restituire con la scrittura il racconto dell’altro.

Osservo l’imbarazzo iniziale – lo conosco perché l’ho sperimentato- lo esplicito ed esorto il gruppo ad avere fiducia del processo messo in atto e ad affidarsi allo sguardo e alle parole dell’altro.
Lentamente, i dialoghi si fanno sommessi, i corpi si avvicinano, gli sguardi diventano più attenti.

Quando mi guardi, io cosa ti racconto? Come lo racconto? Tra di noi ci sono il pudore, la timidezza, forse la vergogna. Ci sono lo svelamento e il mascheramento. Ci sono il piacere del racconto e il desiderio di essere riconosciuti. Scorgo lacrime e sorrisi tra di loro: qualcosa sta accadendo.

– Mi ha commossa la storia di Giulia, il suo coraggio di raccontarla.

– Mi sono rivista in quella bambina triste, non è vero che l’infanzia ha solo ricordi piacevoli.

– Mi sono sentito ascoltato come non mi succedeva da tempo, come se Anna fosse un’amica preziosa ma prima non ci eravamo mai parlati

– È stato un lavoro bellissimo, non avrei mai voluto smettere

– Ho provato imbarazzo e forse anche un po’ di vergogna all’inizio poi è successo qualcosa: mi sono sentita accolta…

Prima di salutarci, ognuno legge il testo prodotto sulla storia dell’altro e ci stupiamo, ancora una volta, della cura e della grazia dei racconti prodotti.

Ma le storie degli altri non sono in fondo un po’ anche le nostre?