Rendi la tua ferita visibile. L’importanza della resa (ai tuoi occhi e a quelli degli altri)

Rendi la tua ferita visibile. L’importanza della resa (ai tuoi occhi e a quelli degli altri).

Reading Time: 2 minutes
TEMPO DI LETTURA: 2 MINUTI
Date parole al vostro dolore; il dolore che non parla
Sussurra al cuore troppo gonfio
E lo invita a spezzarsi.

 

William Shakespeare, Macbeth

Una ferita è qualsiasi condizione che ci provoca uno sconvolgimento emotivo profondo e duraturo. Può dipendere da fattori interni od esterni. Può esserci inflitta da altri o dalla sorte. Può costituire una condizione permanente o scemare gradualmente o smettere di essere un peso.

Quale che sia la natura, quasi sempre abbiamo l’impressione che la nostra ferita sia ingiusta e immeritata.

A seconda dello stadio di guarigione in cui ci troviamo, una ferita può essere percepita in maniera molto diversa: quello che in un dato momento vivevamo come prigione in cui eravamo rinchiusi, può apparire in seguito come un passaggio che ci conduce alla comprensione.

E’ un momento significativo quando in terapia si arriva, per il tramite di vissuti, esplorazioni e consapevolezze che emergono nel qui e ora della relazione, a definire in modo chiaro e definito la propria ferita.

Si usano parole come: abbandono, perdita, isolamento, abuso, rifiuto, dipendenza, fallimento, tradimento, handicap, disadattamento, delusione e così via.

Durante un seminario di psicoterapia intensiva, ho chiesto una volta di scrivere su un foglio il nome della propria ferita e di attaccarlo in bella vista sul torace e sulla schiena: “Che sensazione provate a mostrare a tutti la vostra ferita? Come sentite di percepire gli altri nei loro modi di comportarsi?”.

L’esperienza fu estremamente rivelatoria di come tutto veniva accolto con maggiore gentilezza e compassione. Ciò che un attimo prima ci faceva saltare i nervi dell’altro o di noi stessi, un attimo dopo era più comprensibile e quindi più tollerabile. “Ora che esibisci la tua paura di essere abbandonato”, disse una donna ad un membro del gruppo, “capisco perché hai tutta quell’ansia di spiegare il perché di certi tuoi atteggiamenti. Devo ammettere che all’inizio il torrente di parole con cui ci inondavi mi irritava parecchio, ora lo vivo come la manifestazione della tua angoscia e provo compassione per te”.

Ammettere l’esistenza della nostra ferita di fronte ad altri è un primo passo necessario verso la resa. Identificarsi apertamente con ciò che per tanto tempo abbiamo cercato di nascondere sblocca parecchia energia che possiamo mettere a disposizione dell’impegno a cambiare le nostre abitudini di sofferenza.

Da 1 a 10, come valuti l’impatto della tua ferita sul complesso della tua vita? Quanti e quali comportamenti metti in campo per nascondere la tua ferita? Come sarebbe la tua vita se non dovessi più fare la fatica di nascondere l’origine del tuo soffrire? Cosa accadrebbe se smettessi di manipolare gli altri perché si facciano carico delle tue ferite promettendoti, ad esempio, di non abbandonarti mai?

Comprendere l’impatto che questa ferita ha sulla nostra vita, significa capire il suo potere trasformativo, perché è intorno ad essa che si è costruito il nostro carattere e la nostra personalità.

Il testimone di questa ferita è spesso il corpo, attraverso i suoi sintomi, le sue emozioni, le sue sensazioni, quelli che una nota psicoanalista chiama “I teatri del corpo”.

Accusando il colpo il corpo, attraverso i suoi disagi, costruisce un ponte tra il presente ed il passato e ci obbliga a metterci sulla strada della guarigione.

Rimembrare, infatti, significa riattaccare una parte del corpo perduta.

 

3 pensieri riguardo “Rendi la tua ferita visibile. L’importanza della resa (ai tuoi occhi e a quelli degli altri).

  1. Ricorda molto il modello di confessione plenaria usata nell’ebraismo antico, dove l’atto di riconoscere le proprie mancanze di fronte alla propria comunità diveniva una forma di purificazione e risoluzione del conflitto.

  2. Ho condiviso in mia bacheca, in quanto “passaggio fondamentale perchè si riattivino successivamente le risorse vitali proprie della resilienza umana”.

I commenti sono chiusi.