La mia passione per le storie

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Oh, essere un libro, un libro che viene letto con tanta passione
Elias Canetti

Qualche settimana fa ho presentato con la mia associazione un libro che raccoglie le storie di vita di venticinque ex dipendenti di un’azienda – la Zerowatt – che ha segnato la storia del paese in cui abito e che ha chiuso definitivamente nel 2001. È il frutto di un lungo e complesso progetto territoriale che ci ha tenuti impegnati negli ultimi tre anni e che contiene parti significative ma anche dolorose della mia storia e di quella delle persone con cui l’ho condiviso. La fatica e gli ostacoli incontrati lungo il percorso, mi hanno, continuamente, obbligata ad interrogarmi sulle ragioni del mio fare. Ne sono emersi temi significativi, parole chiave del mio percorso esistenziale e professionale.

Cura e relazioni – Per raccogliere storie di vita serve un metodo, non ci si può improvvisare. Ho scelto di applicare l’approccio biografico-narrativo della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari e per questo ho costruito una rete territoriale e un percorso formativo per reclutare i biografi, coloro che, una volta formati, avrebbero poi raccolto ed elaborato le storie degli ex dipendenti della Zerowatt. Era la mia prima esperienza e ho chiesto aiuto ad un’amica e collega della “Libera” che aveva già curato progetti simili sul suo territorio. Durante un viaggio di ritorno da Anghiari, piene di entusiasmo, abbiamo scritto il progetto e fatto l’elenco di tutto quello che ci serviva per iniziare. All’inizio beneficiamo dell’appoggio dell’amministrazione comunale, ma non durerà e il nostro progetto rimane orfano quasi subito. Superato lo scoraggiamento iniziale-perché in quel progetto politico anche io avevo investito sogni ed energie- decidiamo che, almeno questo, deve continuare. In quei mesi, avevo conosciuto un’associazione del mio paese che già si occupava di raccogliere documentazione e testimonianze locali, la contattai e, ben presto, essa diventò promotrice del progetto, così anche io entrai a farne parte. Insieme organizzammo il corso per biografi volontari, al termine del quale ogni partecipante aveva come obiettivo di raccogliere almeno una storia di un ex dipendente. Prima di raccogliere la storia di qualcun’altro, però, si deve fare esperienza su di sé per scoprire cosa accade alla propria quando affiorano i ricordi. La formazione e il confronto con gli altri accresce la consapevolezza su quali siano le tappe per trasformare una testimonianza orale in una storia scritta. Ogni biografo dovrà avere cura perché quella trasformazione richiede una grande cautela. Non si deve infatti raccontare la propria storia ma quella della persona incontrata, non è facile e l’unico modo per farlo è quello di creare una relazione tra chi narra – il narratore – e chi raccoglie – il biografo. Ogni persona ha molte storie da raccontare ma i materiali vivi che vengono affidati sono fragili e preziosi e si dovranno trattare con rispetto e con delicatezza.

Le emozioni del ricordo – Dice un narratore, alla fine della sua intervista, che non ha raccontato soltanto del lavoro ma di tutta una vita ed è proprio ciò che succede quando si narra. Per questo, le storie sono piene di vita e di emozioni. Ogni volta che si sollecita la memoria, ci si ritrova infatti immersi in emozioni contrastanti. È piacevole ricordare perché si ritrovano parti di noi che si credeva di aver perduto e, a volte, ci si imbatte in piccoli tesori. Ciò ci rasserena perché sentiamo di non aver vissuto invano. Al contempo però, affiora, ostinata ed ineludibile, la nostalgia: nostalgia per il tempo che scorre e per la giovinezza perduta. Ritornano odori, rumori, sapori, volti ma anche risentimenti, rancori, rabbia, delusione e dolore. È quello che accadde quando la scrittura sollecita la memoria e apre lo scrigno dei ricordi: ci sono lacrime e sorrisi che sono intimamente collegati e che creano le nostre storie, sempre diverse da quelle che pensavamo di raccontare.

La memoria porta con sé il ricordo di chi non c’è più, ci obbliga ad un confronto inevitabile con la morte e con il lutto. Ciò mi riguarda direttamente, perché questo libro è dedicato alla mia amica e collega della Libera Università dell’Autobiografia, che con noi ha iniziato ma non ha potuto concludere questo progetto. È stato molto difficile per me riprendere il lavoro quando la mia amica è morta. Ero smarrita, non mi sentivo all’altezza del compito, mi mancavano il suo spirito critico e il suo sostegno. Spesso ho pensato che, da sola, non ce l’avrei fatta. Allora ho chiesto aiuto e sono grata a coloro che mi hanno consolata e accompagnata.

Trama– per fare un libro non basta raccogliere storie di vita, serve una trama che le contenga e costruire la trama di una storia non è scontato. Obbliga a fare delle scelte: a come, a cosa e a quanto raccontare. Mentre con i miei compagni di avventura cercavamo una trama che ci convincesse, ho rivissuto tutte le difficoltà, le frustrazioni e le incertezze provate di fronte alle scelte di come raccontare le mie storie. Mi sono sentita solidale con le persone che stavo accompagnando nella ricostruzione della loro storia. Non si deve avere fretta ma, ad un certo punto, bisogna prendere una direzione e seguirla con coerenza. Bisogna abbandonare il perfezionismo e fare i conti con il fatto che la nostra storia non sarà perfetta. In quei momenti, il rischio di fuga è in agguato perché siamo minacciati da pensieri tossici: Ma chi me l’ha fatto fare? Io mollo, è troppo difficile. O, ancora: Lascia perdere non sei all’altezza; Chi ti credi di essere? Non ce la farai mai…Per terminare il racconto – ma in realtà per concludere qualsiasi progetto – ci si deve affidare al processo creativo e avere fiducia nelle proprie risorse e in quelle del gruppo.

Connessioni – Una storia è efficace e riesce a parlarci quando mostra i collegamenti tra passato, presente e futuro: è in questo modo che si attua la cura della memoria. Limitarsi a rimpiangere i bei tempi andati non è sufficiente e non produce nuovi sguardi sul presente. La memoria non è un esercizio di nostalgia o di semplice rievocazione del passato ma una trama che crea connessioni e apre a nuove interpretazioni su ciò che è accaduto.

In questa prospettiva, recuperare modelli e storie di lavoro del passato recente può diventare uno strumento utile ad immaginare il futuro. E per parlare di futuro, e di lavoro del futuro, bisogna coinvolgere le generazioni più giovani. Per questo abbiamo chiesto ad alcune persone di partecipare alla fase finale del nostro progetto e di restituire, durante la presentazione pubblica del volume, ciò che la lettura di quelle storie e la cornice progettuale aveva provocato in loro. Lo hanno fatto con una messa in scena: le storie degli ex dipendenti sono state restituite con cura e delicatezza e le connessioni sono parse evidenti. È stato commovente sentire quanto questo abbia coinvolto noi e tutte le persone presenti.

Ma la parola più importante per me, quella indispensabile per realizzare qualsiasi progetto è Passione– Soltanto la passione ti fa dimenticare del tempo. Il tempo indispensabile per raccogliere ed elaborare ogni singola storia, quello impiegato per metterle insieme ed arrivare ad un libro. Il tempo delle relazioni: quello degli entusiasmi, ma anche quello dei conflitti e delle incomprensioni. Il tempo che serve per trovare una sintesi nel gruppo e concludere il lavoro. Il tempo della preparazione e quello dell’emozione e dell’ansia per la buona riuscita dell’evento di presentazione.

Tutte le ore di lavoro impiegate per realizzare il nostro desiderio sono la misura della passione necessaria.

E poi giunge il giorno della presentazione: arriva moltissima gente, l’atmosfera è vibrante. Siamo felici, è bello sapere che non siamo soli, che molti hanno la nostra stessa passione: quella per le storie.