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Creature di sabbia

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“Essere su un oceano, lontano da ogni approdo, senza conoscere la rotta, sentirmi sospesa, senza passato, senza avvenire, sentirsi nell’istante immediato, circondata da quell’immensità blu, guardare la notte, il sottile involucro del cielo dove si è infilata una quantità di stelle; sentirsi sotto il dolce influsso di un sentimento cieco che, lentamente, propone una melodia, qualcosa tra la malinconia e la gioia interiore”.
Tahar Ben Jelloun – Creature di Sabbia
Questo libro l’avevo letto da giovane e quando l’ho ritrovato sul tavolo della grande casa a Tavolara che ci avrebbe ospitato per fare un gruppo di crescita personale, ho pensato che quello dovesse essere il nome del gruppo.
Un gruppo di conoscenti e amici che facendo quattro chiacchiere sei mesi fa proprio a Tavolara hanno sentito il desiderio di esplorare un modo diverso di stare insieme.
Ho accettato subito la proposta attratta dalla possibilità di esplorare proprio la cura di se’ in ambienti naturali ad alto impatto energetico pur sapendo di non avere la minima idea di chi avrei incontrato e in che condizioni avrei potuto lavorare.
La maggior parte delle persone non sapevano nemmeno chi fossi. Si sono fidate degli organizzatori che da qualche tempo stanno frequentando il Centro Divenire ed erano testimoni di un importante cambiamento.
Nessuno aveva mai praticato la meditazione, in pochi avevano fatto psicoterapia o un qualche tipo di lavoro introspettivo.
Sono partita fidandomi dell’intenzione di queste persone, rendendomi disponibile a farmi space holder, contenitore di uno spazio trasformativo.
Mi sono portata dietro un libro di Chandra, che sapevo essere un asse portante del mio lavoro e sono salita sull’aereo destinazione Olbia.
L’incontro con Tavolara avviene durante l’atterraggio.
Un’isola rocciosa che può richiamare un grande dinosauro o il profilo di un capo tribù. A me Tavolara ha richiamato un cuore che si stava inabissando.
Ed in quel momento è sorto il tema, quello della morte.
Così la sera, nel cerchio propongo di fare come se si scoprisse di essere appena morti.
Cosa fare dunque su questa isola se non fare i conti con questa evenienza?
Seppur spaventati e incerti, questi dieci eroi dell”aldila’ si sono aperti alla possibilità di ricapitolare la propria vita fino a quel momento.
La buffa coincidenza è che nei giorni precedenti qualcuno avesse citato un giallo che si intitola “Il mistero di Tavolara”, scritto da Paolo Pinna Pagliara, che narrerebbe proprio di un gruppo che si reca sull’isola per meditare e che incontra la morte.
Un libro di cui non avevo alcuna conoscenza.
Durante un lavoro corporeo di integrazione, lo sciogliersi della creatura per ritornare ad essere sabbia nella sabbia, mentre sto scegliendo la musica dal mio cellulare, appare il messaggio di Gabriele che mi comunica che Anna, la sua mamma e nonna di Tommaso, si è spenta.
Nel mio cuore sapevo che sarebbe successo proprio in quei giorni ed era venuta all’appuntamento.
Proprio lì, su quella lingua di sabbia meravigliosa.
Nella cerimonia del fuoco sotto un’arcata spettacolare di stelle ci siamo salutate e congedate.
Diversamente dalla trama del libro, siamo sopravvissuti tutti e il traghettamento di ritorno alla vita, nella metafora del nostro percorso, è stata davvero emozionante: era chiaro negli sguardi e negli abbracci finali che non eravamo le stesse persone che erano partite venerdì.
Grazie grazie alla vita e a questa grandissima opportunità di cura che sento sempre di più vicina al mio cuore e alla mia anima.
Grazie al mistero della vita che in questi giorni ho sentito così vivo dentro e fuori di me.
Questa è la mia via.
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