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Togliere i pesi dal cuore

Uomini di pietra - Divenire Magazine

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Perché si usa l’espressione “sento un peso sul cuore” per dire che ci sentiamo giù? Perché diciamo “ il mio cuore è un macigno?” Quando è morto, mi pare ovvio, perché il sangue di cui si riempie coagula e lo fa indurire come un sasso. Il cuore è una pompa che ridistribuisce ciò che riceve in egual misura. Un cuore sano dà quanto riceve in maniera acritica e incondizionata. Non è che il cuore decide se pompare decidendo a priori se ce lo meritiamo. lo fa sempre, in qualsiasi condizione. Per questo motivo lo abbiamo eletto a rappresentante dell’amore più puro e incondizionato. E allora perché abbiamo scelto di infilzarlo con una freccia per creare il simbolo dell’amore di coppia?

Forse per rappresentare l’inevitabile situazione con cui dovremo fare i conti se amiamo?

L’amare ha qualcosa a che vedere inequivocabilmente con il dolore che si fa sofferenza. Il cuore trafitto da una freccia, se ci pensate, suona quasi come un avvertimento: puoi amare se sei disposto a morire. Evidentemente non è della morte fisica che parliamo, ma di quella egoica: cosa sei disposto a perdere, diceva Jovanotti in una famosa canzone sulla fiducia.

Forse per questo motivo sempre più persone cercano di stare alla larga dall’amore inteso in questo senso preferendo relazioni easy, fast &chip, che è lo slogan dei ristoranti spazzatura. E se “non di solo pane” vive l’uomo, direi che se siamo ciò che mangiamo, siamo anche “come amiamo”. In questo senso dovremmo cambiare simbolo: più che un cuore trafitto da una freccia, dovremmo usare una bocca spalancata attaccata ad uno stomaco-intestino costipati!

Il cibo spazzatura e l’amore fluido, come lo ha definito il noto sociologo Bauman, hanno in comune il fatto che entrambi nuocciono alla salute – è ormai dimostrata la connessione degli indici elevati di zucchero con l’infiammazione e lo sviluppo del cancro – e creano dipendenza. Insomma più zucchero assumi più ne ricerchi. Tradotto nella vita amorosa: più hai bisogno di provare farfalline ed emozioni forti nello stomaco meno riesci ad entrare in una relazione profonda con gli altri e rischi di passare la tua vita a migrare da una persona all’altra. Il chè oggi, grazie alle numerose App di incontri, è reso ancora più facile e veloce.

In effetti perché dovremmo esporre il nostro petto alla freccia e farci infilzare? Dal punto di vista meramente conservativo  non sembrerebbe avere alcun senso. Anzi. Dovremmo costruire dei Bunker dove rifugiarci quando Eros svolazza sulle nostre teste e inserire la categoria degli Innamorati nel DSM e creare corsie in ospedale per curarli dal delirio in cui cadono quando vedono nell’altro la fonte di ogni gioia e bellezza al mondo.

Ed invece no. Se chiediamo alle persone cosa sia la parte più bella e indispensabile della vita nessuno ha dubbi: l’amore. Il che sarebbe come dire: “Non vedo l’ora che qualcuno mi trafigga il cuore”.

Non c’è che dire, noi esseri umani siamo una costante di contraddizioni. E l’amore è certamente la più rilevante.

Quindi desideriamo che la freccia ci colpisca e quando inevitabilmente la ferita si farà sentire, chiedendoci di essere curata, è chiaro che daremo la responsabilità di quel dolore a chi crediamo di averci infilzato il cuore dimenticandoci che è proprio ciò che desideravamo. Cosa ci spinge quindi verso questo atto che sappiamo essere contro il nostro istinto conservativo e che in base a questa analisi appare ormai come un gesto al limite dell’autolesionismo?

Provate immaginare qualcuno che si avvicina per togliervi la freccia del cuore. È evidente che l’operazione risulta tutt’altro che semplice. Tutto il nostro sistema di autoconservazione spingerà per proteggersi da questo evento potenzialmente mortale e soprattutto estremamente doloroso: ecco le colpevolizzazioni, gli attacchi attivi con gli insulti o passivi con i silenzi, ecco i tradimenti in primis comunicativi e poi sessuali, quando condividiamo aspetti importanti della relazione con qualcuno che non è il nostro partner e così via.

Ma non si può certo vivere con una freccia conficcata nel petto. Eppure questa sembra essere la scelta percorsa dalla maggior parte delle persone che preferiscono migrare da una relazione all’altra. E come potrà un cuore con una freccia inserita lasciarsi colpire da un’altra? È una metafora semplice che però chiarisce l’aspettativa di cura che mettiamo nella relazione successiva. Il mio commercialista parlerebbe di una sorta di rateo, che è quell’operazione che si fa quando si mette in capo ad un esercizio nuovo le spese di un esercizio precedente. È un po’ come il debito pubblico: nasci e già devi parecchi soldi a qualcuno per il semplice fatto di essere arrivato su questo pianeta. Che casino, direte, voi. Esatto, quanta complicazione che non può che essere foriera di altra sofferenza. “Io non mi fido più di nessuno ormai”, finiamo per dire trionfanti e inconsapevoli della durezza che ha assunto il nostro cuore e della privazione a cui ci stiamo esponendo sempre di più.

Ma il trionfo non è mai un successo, ci ricorda Hellinger.

Quindi? Quindi occorre riconoscere che per amare dobbiamo essere disponibili ad accettare la funzione di guarigione che è intrinseca al processo amoroso e non in capo al partner e ad aprirci ad una indispensabile quanto necessaria qualità dell’Essere: l’Umiltà.

La natura non sembra aver inventato l’attrazione fisica e poi l’innamoramento per distruggere l’essere umano ma anzi per preservarlo. E preservare la specie non significa solo sul piano biologico, evidentemente, ma in senso ben più ampio: farla evolvere sul piano dell’Essere. Non si dice infatti alla persona che amiamo: “tu mi rendi una persona migliore?”.

Quando allora sentiamo un peso sul cuore è perché il cuore ci dice che non sta scambiando, non sta assolvendo alla sua funzione, qualcosa lo sta facendo morire. Il cuore ci sta richiamando , come una spia sul cruscotto, al fatto che non stiamo assolvendo ilcompito per cui siamo qui: non stiamo amando.

Non stiamo amando la nostra vita, noi stessi, le persone che abbiamo intorno, l’ambiente in cui viviamo.

Chiudendoci allo scambio, puntando al “rischio-zero” nelle relazioni, ci precludiamo il nutriente fondamentale per la nostra anima. E così la nostra evoluzione, il motivo principale per cui siamo di passaggio su questo pianeta -che nonostante il nostro abuso ci restituisce infinita bellezza –  si blocca.

Un giorno inventeremo la psicoeparina, che permetterà di sciogliere i rancori-coaguli che rendono il nostro cuore duro ma nel frattempo cosa possiamo fare per fluidificare la linfa che nutre la nostra anima come il sangue fa con il corpo?

In un esperimento ho preso un mattone e con il consenso del mio paziente gliel’ho posto sul lato sinistro del suo torace. L’uomo era sdraiato supino sul lettino con i piedi in appoggio e le ginocchia piegate perché potesse sentire il suo ancoraggio con la realtà.

Quel mattone rappresentava la sua ex fidanzata a cui continuava a pensare e per la quale sentiva molta rabbia e irritazione per come erano andate le cose.

Sorpreso, il paziente ha sentito come se quel mattone facesse parte di lui, del suo corpo.

“Prova a dire ad alta voce questo: Elisa tu sei parte di me.” Nel momento in cui Giacomo, nome fittizio ovviamente, pronuncia le parole aggiunge uno spontaneo “ancora” e scoppia in un pianto irrefrenabile con singhiozzi e convulsioni. Parlando successivamente dell’accaduto Giacomo realizza che la sua aspettativa fosse di provare rancore e non una tristezza così profonda e dolente.

Continuando con l’esperienza Giacomo si apre all’ascolto di ciò che avviene spontaneamente dentro di sé che cambia mano a mano che accoglie le consapevolezze che ne emergono e che io gli chiedo con semplicità di dire ad alta voce. È passato dal dire: “Elisa tu sei ancora parte di me” al “Elisa tu sei parte di me” al “Elisa ti ho amata tanto e l’interruzione del nostro rapporto mi ha ferito” e così via. Ad ogni frase c’erano manifestazioni emotive che si trasformavano in movimenti spontanei del corpo che una volta conclusi portavano a sensazioni di alleggerimento. In Gestalt si dice che bisogna pelare la cipolla: strato dopo strato si arriva al nucleo e si sa che l’operazione fa piangere.

In questa seduta Giacomo è passato dal sentirsi vittima della sua ex fidanzata al sentirsi alla pari, ammettendo via via il suo ruolo nel boicottaggio della relazione: “Elisa io non sono sempre stato sincero con te” e via così.

Ogni frase portava con sé una quota di dolore che con il mio sostegno il mio paziente poteva esplorare ed espellere sia emotivamente che a livello corporeo con dei movimenti spontanei o proposti da me.

È stato come uno scendere di girone in girone nel proprio dolore e mano a mano che lo toccava poter risalire, poterlo trasformare. Far si che la sofferenza non fosse eterna, come nell’inferno dantesco, ma diventasse fertile, come nel purgatorio, fino a sentire leggerezza, che è la dimensione centrale del racconto che Dante fa del Paradiso. Spirituale, in fondo, significa, leggero. Questo processo permetteva a Giacomo di rilasciare i vizi che appesantiscono l’anima, come l’ira, la paura, l’odio, l’invidia, la vanità per liberarla e riportarla alla sua verità essenziale, alla sua luce pulsante.

Questo tipo di lavoro ha occupato diverse sedute. Finché un giorno Giacomo mi mostra una fotografia sul suo cellulare in cui campeggia una specie di opera d’arte: “Non avevo voluto dirtelo prima. Ma di seduta in seduta ho iniziato a decorare un mattone ed è uscito questo strano presepe. Dici che è la mia prima opera d’arte?”.

Quel mattone che gli comprimeva il cuore era diventato un basamento sul quale aveva rappresentato in piccolo un villaggio pieno di relazioni sociali, ovvero di scambi umani!

Giacomo mi ha mostrato ancora una volta quando il processo del lutto e del perdono siano potenti per restituirci a noi stessi e per rifondarci. Questa è l’essenza dell’autostima: si tratta di un lento processo esperienziale di riconoscimento e accettazione di sé attraverso le esperienze dolorose che ci accadono. Non una mera etichetta acquistabile su Amazon.

Questa è la dote che ci viene richiesta per poterci aprire ad un percorso di amore profondo che non ci chiami allo sfruttamento dell’altro come via di salvezza, ma come via evolutiva primaria per conoscere la nostra essenza e quella dell’altro. Quando ciò avviene proviamo entusiasmo, che vuol dire dio è con te. Sperimentiamo la gioia perché ci sentiamo Nella Gioia, come il verbo inglese EnJoy, ci ricorda.

Siamo qui per EnJOY each other, siamo qui per godere gli uni degli altri. Fa bene ricordarselo di tanto in tanto.

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