Liberarsi dai veleni. Il prezzo delle interruzioni nei rapporti - Divenire Magazine

Liberarsi dai veleni. Il prezzo delle interruzioni nei rapporti.

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Vince chi perde.

 

Sergio Mazzei

L’esperienza di interrompere un rapporto o di subire un’interruzione è forse una delle più dolorose.

Sia che la si agisca, sia che la si subisca, questa scelta è quasi sempre frutto di un percorso rabbioso e nasce spesso come atto di disperazione o di arresa.

A volte ci arriviamo dopo aver lottato, cercando in tutti i modi di far evolvere un rapporto verso quei cambiamenti che ci erano necessari per stare bene.

A volte ci arriviamo come atto di elusione del conflitto: decidiamo dentro di noi che con quella persona o quel gruppo di persone non vogliamo più avere a che fare e le escludiamo silenziosamente dalla nostra vita. Un po’ come ci permettono di fare i social network, depenniamo quella persona dalla lista dei nostri contatti, oppure veniamo depennati e lo scopriamo dopo un po’ di tempo quando capiamo che siamo sistematicamente evitati.

A volte prendiamo questa decisione con grande fatica, perché abbiamo fatto di tutto per negare la realtà delle cose, ovvero che quella o quelle persone non ci amano, ci feriscono, non ci rispettano e ci sfruttano. E’ ciò che accade in tanti percorsi di guarigione nelle dipendenze affettive, quando per amore si è perdonato tutto persino gravi umiliazioni e violenze. Per amore abbiamo continuato a pensare che era tutta colpa nostra e che ci meritavamo di essere trattati così. Abbiamo faticosamente ricostruito un po’ di autostima e come atto di protezione di amore verso noi stessi abbiamo chiuso definitivamente la porta.

In altri casi si è trattato di chiudere con un’esperienza lavorativa o di prendere il coraggio di andare altrove, magari ricominciando da capo, in contesti più incerti ma più affini a ciò che desideravamo essere e fare in quel momento della nostra vita.

In altri ancora, abbiamo interrotto i contatti come atto di accusa e contemporaneamente di appello all’altro: “mi hai fatto molto male e voglio vedere se ci tieni così tanto a me da volermi venire a cercare”. E’ qualcosa che abbiamo imparato da piccoli, quando urlavamo “e allora io non gioco più”, e ci ritiravamo in un angolino ad aspettare che qualcuno venisse da noi e si rendesse disponibile a subire tutta la nostra rabbia ed il nostro sfogo.

E poi c’è tutta l’area di molte esperienze che sono traumatiche proprio a causa di un’esperienza di interruzione. La diagnosi di una malattia, la morte di una persona cara, un incidente, sono tutte realtà che creano una discontinuità, una frattura tra un prima e un dopo al quale non eravamo preparati.

Tutte queste situazioni comportano un dispendio alto di energia perché in un modo o nell’altro producono frustrazione e rabbia che induriscono il cuore e ci rendono in generale meno disponibili ai rapporti affettivi e meno aperti alla vita in generale.

Proprio per il costo elevato in termini psichici, non è un caso che molto del lavoro terapeutico è dedicato a queste situazioni di interruzione che nella terapia della Gestalt definiamo con il termine di Unfinished Business.

Queste situazioni di interruzione non vengono quasi mai portate come richiesta esplicita di lavoro, esse emergono nel lavoro a partire da semplici sensazioni, fatiche, problematiche o, come nel caso di Francesca, durante l’elaborazione di un sogno:

  • Francesca, secondo te cosa significa il sogno che mi hai raccontato? Se fosse una metafora della tua vita, cosa vorrebbe dirti?
  • Vuole dirmi che mi sento molto sola.
  • Prova ad ascoltarti mentre ridici la frase “mi sento molto sola”. Cosa senti?
  • Sento dolore
  • Puoi accettarlo? Sei disponibile a starlo ad ascoltare?
  • Si (iniziando a commuoversi), lo voglio
  • Cosa viene a dirti il tuo dolore?
  • Mi dice che mi dà troppo dolore incontrare i miei familiari, è troppo faticoso reggerli.
  • Puoi dire “per adesso?”
  • “E’ troppo doloroso incontrarvi per adesso”…..mi dà sollievo dire così, sento che è diverso da prima

Inserire un senso di temporalità in un processo che viene vissuto fissato in un eterno presente è un passaggio fondamentale. Con quel “per adesso”, si apre un mondo assai diverso che dice a Francesca che la situazione è così nel presente ma che potrebbe cambiare in futuro quando grazie alla terapia riuscirà a sviluppare quelle risorse interiori che le permetteranno di affrontare la situazione in maniera diversa o di elaborarla in una forma che non produce così tanto dolore.

Con quel “per adesso”, il terapeuta si pone come io ausiliario, è consapevole al posto del paziente temporaneamente, in attesa che il paziente stesso faccia il suo attraversamento e approdi ad un’evoluzione del proprio sentire, che digerisca gli elementi Beta in elementi Alfa, per dirla con il linguaggio di Bion, un grande psicoanalista.

Chiedendo al paziente, “puoi dire per adesso?”, gli si offre la possibilità di scegliere se restare bloccato o di mettersi in una prospettiva evolutiva, di orientarsi verso un orizzonte meno rigido e più gentile verso se stesso e gli altri, perché nulla è stabilito per sempre.

  • E’ troppo doloroso incontrarvi adesso. Si è proprio così, adesso non ce la faccio.
  • Sento che ti stai dando un riconoscimento Francesca.
  • Si mi sto riconoscendo il diritto di non farcela, di non essere quella persona forte che loro pensano che io sia.

Francesca esplode in un pianto liberatorio. Finalmente può essere vulnerabile e permettersi di contravvenire all’ingiunzione “Sii forte” che le proveniva dalla famiglia. Questo pianto sembra liberare molta energia trattenuta e il supporto che le offro, attraverso il contatto fisico e le pressioni sull’addome e sulla pancia a sostegno dello sblocco della respirazione, le permette di addentrarsi ancora di più in ciò che le fa male e che per anni ha trattenuto creando un blocco emozionale.

  • Francesca, cosa è andato perduto in quel tempo là, con la tua famiglia?
  • Che vi volevo bene, che eravate tutto per me. Di me sapete restituirmi solo l’immagine di una me cattiva che non è stata come la volevate voi….non vale niente per voi il mio amore?

Francesca riesce ad esprimere tutta la sua disperazione e quando si calma e cerca il mio sguardo le chiedo:

  • E per te Francesca, vale qualcosa il tuo amore per loro?

Nel lavoro psicoterapeutico non ha tanta importanza stabilire chi ha ragione e chi ha torto. Ha importanza poter abbracciare il proprio dolore, liberarsi dai veleni per poter sviluppare compassione per quella parte innocente di noi che è stata tradita.