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Perché il principe è muto, bacia cadaveri e sceglie la moglie dalla taglia delle scarpe? Gli uomini e l’amore di coppia.

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Se saltiamo dove ci sono sempre braccia ad accoglierci,
non è vero salto.

 

James Hillman

“Da quando la mia fidanzata mi ha detto che non è sicura dei sentimenti che prova per me, mi è crollato il mondo addosso”, esordisce Francesco, “prima ero il suo dio, qualcuno da adorare ed ora non più. Non sapere se avrò ancora le stesse certezze di prima mi manda in una tremenda ansia e confusione. Prima mi sentivo forte, anzi in certi momenti mi annoiavo pure, ma ora mi sento quello bisognoso e la cosa non mi va’ per niente bene”.

Di Francesco ne ho incontrati tanti: uomini che si sentono in crisi perché non si sentono più l’oggetto della venerazione delle proprie compagne e fanno di tutto per riprendersele, anche se magari è troppo tardi.

“Francesco, hai un’idea di cosa sta succedendo alla tua compagna?”, domando.

“Non saprei, da quando è apprezzata sul lavoro mi tratta peggio, forse ha meno bisogno di me, è più sicura di sé”, risponde.

“Tu mi parli di sentimenti nei tuoi confronti, cosa c’entrano le faccende di cuore con quelle del lavoro?”.

“C’entrano, eccome, io ho sempre rappresentato quello che la rassicurava sul suo valore, che era brava e bella, ed ora che glielo dicono gli altri, forse non gli servo più e mi vuole buttare via”, ragiona ad alta voce.

“Quindi il senso del vostro stare insieme era la cura della vostra autostima?”, lo provoco.

“Credo di sì. In effetti, la cosa che mi fa stare peggio è l’idea di far sapere in giro che ho fallito”.

“Ed in cosa consisterebbe il fallimento?”.

“Che faccio brutta figura: se una donna dopo molto tempo mi lascia vuol dire che qualcosa in me non va o che io non sono stato capace di farla contenta”.

“Mi colpisce il fatto che sai dire unicamente degli effetti che questa donna produce su di te o tu produci su di lei, ma finora non ho visto che cosa ti spinge verso di lei, se non una voragine di insicurezza ed un bisogno di conferma. Più che una persona mi sembra una cosa, un oggetto come un’automobile. Entrambi avete una sorta di check-list da spuntare, quando l’oggetto non soddisfa più le richieste non è più valido e va cambiato. Che fine fanno le vostre soggettività? Insomma io non vedo due persone, ma due statue che non hanno vitalità”.

Il ruolo di Francesco in questa storia d’amore mi ricorda quello del Principe di alcune fiabe come Biancaneve o La Bella Addormentata nel Bosco. In questi racconti egli ha di solito un ruolo molto secondario.

Molti anni fa, prima di avviare la mia ricerca nel mondo della psicologia maschile, pensavo che ciò fosse dovuto alla volontà di mettere in risalto il percorso di individuazione delle fanciulle: grazie all’incontro col maschile, simbolicamente espresso dal bacio, esse riuscivano ad emanciparsi, a svegliarsi da quel sonno eterno a cui erano state relegate dalle proprie famiglie d’origine, che le rinchiudevano in rigide ed anguste aspettative di ruolo.

Poi, ascoltando le pene d’amore di diversi uomini, ho cominciato a pensare che le fiabe potessero offrire interessanti chiavi di lettura rispetto ad entrambi. Allora mi sono chiesta: perché i Principi reiterano, quasi compulsivamente, lo stesso copione? Perché godono di così poca attenzione? Cosa li spinge a baciare una fanciulla cadavere o a fidarsi della taglia di una scarpa per scegliere la compagna della vita? Non è in fondo qualcosa che contraddice l’istinto? Dopo tutto in natura ci si finge morti come estrema forma di difesa perché i cadaveri non vengono mangiati!

Dunque il Principe, simbolo della più alta espressione di maschilità, sarebbe attratto da un cadavere? Qualcosa non torna o forse si, se pensiamo a quanti uomini sono attratti dalle donne come lo sono per una macchina o un bell’orologio e hanno rapporti sessuali con bambole gonfiabili. E’ qualcosa che l’industria pornografica conosce bene e sfrutta producendo profitti da capogiro.

Insomma non è così irreale che gli uomini siano attratti da qualcosa senza vita, anzi.

Evidentemente l’intenzione delle fiabe è proprio quello di mostrarci che in partenza l’uomo è schiavo di tutto ciò. Di un’idea di sé positiva a prescindere, data spesso da un iperinvestimento familiare e culturale sul maschio, che crea in lui un falso sé valoriale, che nella fiaba è rappresentato dall’essere Principe per discendenza e non per merito, e del proprio istinto sessuale.

Insomma, le fiabe collocano il maschile in una posizione solo in apparenza up: gli danno un’immagine di potere che risulta essere sterile: I poverini, infatti, non parlano, si limitano a prestarsi alle danze e soprattutto non vengono scelti ma subiti in virtù del loro valore simbolico.

In tutto ciò che spazio può avere l’amore per fiorire?

Se notate, a nessuno è dato sapere se i principi hanno avuto delle sofferenze, tutto è appiattito sulla loro immagine anonima di salvatori. L’intenzione delle fiabe sarebbe dunque questa? Svilire il maschile?

Evidentemente no: esse ci raccontano molto più di quanto penseremmo della vita reale di tutti i giorni, quella di quanto incidono nei rapporti le immagini dentro le quali ci nascondiamo. Ognuno di noi le alimenta inconsapevolmente creando copioni che si ripetono in così tante relazioni da poter parlare di veri e propri fenomeni culturali. Entrambi i protagonisti di queste storie sono addormentati. Entrambi hanno gli occhi chiusi perché non conoscono loro stessi e quindi nemmeno il proprio partner.

Che fare per andare oltre? Le fiabe sembrano indicare anche agli uomini una strada complementare a quella femminile affermando che l’amore, quello maturo, è qualcosa che si dà a coloro i quali eroicamente sanno andare oltre ed integrare la propria istintualità.

“Autostima? Non ci ho mai pensato in questi termini. Se intendi che stare con lei mi faceva stare bene perché ero sicuro che non mi avrebbe mai lasciato e che di me le andava tutto bene…”
“Da come parli, sembra che tu non dovessi fare niente per guadagnarti il suo amore”

“Fino ad ora no”.

“Prova a riflettere. Prima lei ti adorava indipendentemente da te, da quello che eri e facevi. Ora lei non ti adora più. Va da sé che sia nel primo che nel secondo caso tu non abbia mai avuto davvero voce in capitolo! Mi ricordi il Principe Azzurro delle fiabe, ed in particolare in quello dei cartoni di Walt Disney, che ha un ruolo solo apparentemente importante. In realtà di lui non sappiamo proprio nulla. E lei lo sceglie in virtù del fatto che la salva e che le permette di prendersi una rivincita agli occhi delle donne che l’hanno perseguitata. Chi è lui davvero importa a qualcuno?”

“Non è che non avessi voce in capitolo, anzi, io ero fondamentale per farla stare bene perché io facevo in modo che di fronte alla gente lei si sentisse sempre a posto”

“E in cambio di questo favore, lei cosa ti dava?”

“non saprei….ecco….forse…”

“ti dava lo stesso?”

“In effetti si, mi faceva sentire a posto”.

“Insomma come due belle statuine da ostentare in Instagram”.

“IN effetti…”.

Forse le fiabe di Principi e Principesse ci raccontano del lungo percorso che ognuno deve essere disposto ad attraversare per diventare se stesso ed imparare ad amare. Se le femmine devono sapersi spogliare della propria cultura famigliare per integrare il proprio maschile ed individuarsi, forse anche i maschi devono uscire dalla finzione e soprattutto dal mutismo in cui sono relegati. Il Principe dà per scontato di essere accolto, amato in virtù delle sue origini nobili e non da quello che è o che dice. Dando per scontato il proprio valore, egli ritiene di non dover imparare a fare dono di sé stesso e quindi gli risulta normale non fare lo sforzo di raccontarsi e di creare un ponte comunicativo con il partner. Con questa attitudine superba di fondo, non sorprende quindi che egli sia attratto da donne rinchiuse in altrettanta immaturità, che lo seducono con l’idea che con loro non dovranno fare alcuna fatica, perché la loro fede li proteggerà da qualsiasi ferita o delusione. Nella realtà sono donne che a loro volta non sono realmente interessate a scoprire con chi dormono tutte le sere.

In un eterno gioco di specchi, i due, sembrano piuttosto sfruttarsi l’un l’altra, per ottenere un senso di sicurezza più che sperimentarsi in un incontro creativo e trasformativo, quale è l’esperienza amorosa.

“Ma”, si domanda Hillman nel suo Puer Aeternus, “Se possiamo fare dono di noi stessi con la certezza che ne usciremo intatti, magari addirittura arricchiti, allora dov’è il dono?”

In questo senso, le fiabe come “La Bella addormentata” e “Biancaneve”, sembrano dirci che anche l’uomo per nascere all’esperienza amorosa devo saper andare oltre il proprio istinto ed aprirsi al femminile che è in lui. E’ proprio nella faticosa integrazione della propria parte istintiva che consiste il gesto eroico.

Il principe accetta di baciare il suo femminile che giace in un sonno mortale e così facendo lo resuscita.

“Ma tu che ruolo vuoi avere in questa vicenda?”, domando.

“Finora avevo pensato di essere quello che comanda e che, per certi versi, crea dipendenza e sottomissione. Ma poi tutto si è ribaltato quando lei ha detto che non era scontato che restasse per sempre con me.”

“cosa è mancato?”, incalzo.

“tante cose….il coraggio di parlarle di come stavo io, dirle certe verità….insomma rischiare di scendere dal piedistallo dove mi ha messo e mi faceva comodo stare”.