Lunedì ore 15.30.
“Si rende conto? Mi ha comunicato attraverso il suo legale che fino al giorno dell’udienza, lui non si muove da casa, la mia casa”, urla Stefania seduta sul bordo della poltrona blu.
È la prima volta in un anno in cui la sento alzare il tono della voce ed esprimere il suo dissenso nei confronti del quasi ex marito.
Stefania ed Alberto sono in procinto di separarsi consensualmente. L’udienza fa riferimento alla data, fissata dal tribunale, in cui i coniugi si presenteranno dal giudice che esaminerà il caso e a cui seguiranno gli accordi sull’assegnazione della casa, i tempi di visita e di affidamento dei minori e il contributo economico per gli stessi.
“Non ce la faccio più! Mi infastidisce, mi segue ovunque per scoprire se la chiusura del nostro matrimonio è causata dal fatto che io abbia un amante, mi mette contro i bambini, mi fa i dispetti in ogni modo, non contribuisce in casa in nessuna forma, io devo pagare la scelta… ma la cosa atroce è che ogni notte lui viene nel mio letto a dormire. E io non sopporto il suo odore, la sua presenza. Ma non ha un po’ di orgoglio?” mi domanda Stefania.
Di contro, “Fino alla sentenza io sono tuo marito e ti imporrò la mia presenza, non mi cacci da qui”, ripete Alberto, ogni sera.
“Ma la cosa folle è che mi ha proposto, in cambio della consensualità della separazione e del benessere dei bambini, di acquistargli un appartamento di almeno duecento mila euro in centro” mi fissa interrogandomi se io fossi d’accordo con l’assurdità della guerra.
Stefania, benestante di famiglia ma donna lavoratrice, insegnante, resta sconvolta dalla “pochezza” del marito, così la definisce, e da come il denaro e le richieste economiche stiano sporcando e svuotando quel che resta della loro famiglia, del valore dei figli e della loro vita, fino a quel momento, felice insieme.
“Mi avesse dato uno schiaffo in faccia sarebbe stato meno grave di quel che sta facendo Alberto, una botta che non mi aspettavo, una guerra di una cattiveria che nemmeno al mio peggior nemico augurerei!”. Delusa e amareggiata, senza più parole, Stefania chiude la seduta arrabbiata e senza energie.
Lunedì successivo ore 15.30.
La rivedo, sul bordo della poltrona blu. Noto che in viso ha una dermatite evidente che si estende dal labbro all’orecchio nella stessa posizione dell’intera guancia destra. Non me ne parla. Continua a lamentarsi di essere al limite, arrabbiata e irritata dall’ex marito e ogni tanto poggia la mano per fregarsi.
“In effetti Stefania, riesco a sentire la sua rabbia e la posso vedere anche bene.”, intervengo.
“ Cioè? Ho alzato la voce”. Finge di preoccuparsi.
“ No vedo il suo viso. Vedo la sua irritazione nella stessa esatta posizione in cui le persone a volte vengono accarezzate, altre vengono ferite. Con uno schiaffo ad esempio”.
Silenzio. Per qualche istante ci guardiamo.
I suoi occhi sono enormi. Coglie sempre alla velocità della luce le immagini che le offro.
Silenzio ancora.
Sta per concludersi l’ora insieme.
“ Ho riflettuto a lungo questa settimana” riprende il discorso. “ Non ho più nemmeno un’ombra di dubbio: dopo tutto quello che Alberto ha fatto ho capito che la separazione è la cosa più giusta che abbia scelto nella vita, la prima scelta mia. La scelta buona, dottoressa,”.
Chiude un secondo gli occhi.
Li riapre.
Mi guarda e accenna un sorriso furbo, come una bambina che ha appena scoperto che la cioccolata ha un sapore buonissimo. E che allo stesso tempo bisogna saperne fare a meno.
“Del resto dottoressa, come posso stare con un uomo che invece di accarezzarmi mi prende a schiaffi?”. Mi chiede respirandoci dentro.
Ci salutiamo con una stretta di mano calda. Poteva essere una carezza.
Stefania, nella fase transitoria alla separazione, sviluppa sul viso una dermatite, ovvero una reazione infiammatoria (immunitaria) della pelle, che si manifesta come un’irritazione. Quando è di natura allergica si parla di eczema o dermatite atopica. Stefania mi porta in seduta in modo esplicito un’irritazione ed un prurito che lei non si sta concedendo di esprimere verbalmente e che il suo corpo fa esplodere dall’interno in un’area, anche molto evidente e visibile che la rende sgradevole alla vista. Il sintomo cutaneo si estende dal labbro alle orecchie, la posizione esatta della mano, si erge ad esprimere un doloroso rifiuto, che si sta riattualizzando che mette in guardia l’altro dall’avvicinarsi troppo ma che sottende allo stesso tempo il desiderio inconscio di essere accarezzata e consolata.
Colleghiamo la botta che lei ha percepito da Alberto, e con la quale aveva chiuso il nostro incontro precedente, ai segni che lei ha sul suo viso, come espressione simbolica e visiva di uno schiaffo affettivo che la allontana dalla relazione con lui sempre di più. E non lascia dubbi.
La dermatite potrà sparire. Poco dopo infatti non aveva più ragione di esistere.
La sua rabbia era stata accolta, capita ed espressa in parole. Sentita col cuore. E lasciata andare.
Articolo profondo e parole di anima,Grazie dott.sa!C.G