Quello fu un giorno importante, perché Mamma e Papà chiamarono Chiara in salotto.
Quando la chiamarono avevano una faccia molto seria, anche se sempre affettuosa e quella faccia Chiara l’aveva vista solo altre due volte: quando le avevano comunicato che sarebbe arrivato un fratellino e quando le avevano fatto vedere la foto della nuova casa dove sarebbero andati ad abitare.
Quindi la convocazione in salotto era una faccenda importante e Chiara era alquanto agitata.
Sperava non fosse in arrivo nessun altro bambino, perchè Andrea era più che sufficiente e neppure una casa diversa: la sua le piaceva un sacco così com’era!
“Chiara” iniziò il papà “ ora sei grande, hai 3 anni ed hai bisogno di un ombrello tutto tuo!”
Beh la cosa non pareva così grave..
“Sì tesoro,” proseguì la mamma con un sorriso e mettendo una mano sulla sua “ ora sei cresciuta ed io non posso tenerti sempre sotto il mio ombrello quando piove!”
“ Devi averne uno tuo, per quando pioverà, nevicherà o ci sarà un temporale improvviso”
Chiara considerò che le piaceva un sacco stare sotto l’ombrello della mamma: erano vicine, vicine ed, anche se era diventato piccolo ultimamente e lei si bagnava un po’, la mamma la stringeva sempre e lei non aveva paura dei tuoni.
“Orai sei alta e tra poco andrai all’asilo. Tutti bambini hanno un ombrello: quando piove sei al sicuro e protegge anche lo zaino!” aggiunse il papà.
“Ecco, Chiara, pensa a che tipo di ombrello desideri. Sabato andremo ad acquistarlo”.
Chiara annuì e se ne andò in camera a pensare ad un ombrello tutto suo.
Una faccenda seria.
Una decisione da considerare per bene.
Avrebbe dovuto riparala dalla pioggia e dalla grandine, dalla neve e resistere al vento…
Subito pensò a se stessa sotto un grande ombrello a cupola… lungo fino ai piedi con due buchi davanti per vedere dove andare. Un ombrello robusto: non si sarebbe mai bagnata lì sotto, nessun tuono forse avrebbe raggiunto le sue orecchie e persino il vento forte sarebbe stato bloccato.
Tutto fuori… e lei dentro…
Un ombrello enorme a cupola, da dove spuntavano soltanto i piedini e da dove osservare il mondo attraverso due fessure… tutti a correre per non bagnarsi e lei là dentro, al sicuro!
Poi pensò che però là sotto nessuno avrebbe potuto parlarle o sentire le sue risate; nessuno avrebbe visto come era pettinata o capire se le fosse caduto un dentino…
No, un ombrello a cupola sarebbe stato decisamente esagerato!
Forse un ombrello largo e nero allora.
Ecco una specie di tetto rettangolare, scuro e spesso.
Con un ombrello così Chiara non avrebbe preso neppure una goccia di pioggia e non avrebbe mai visto quei terribili lampi che solcavano il cielo e la terrorizzavano ogni volta che c’era un temporale. Si figurò camminare per strada, mentre tutto intorno il diluvio scendeva, il cielo si illuminava di lampi giallognoli e la gente che si spaventava, mentre lei rimaneva asciutta e tranquilla… Non si sarebbe neanche accorta che ci fosse un temporale!
Certo, il cielo non lo avrebbe mica mai visto con tutto quel nero sopra la testa. E per la verità il grandissimo rettangolo scuro avrebbe reso grigio anche tutto ciò che le stava intorno… non si sarebbe bagnata, non avrebbe avuto paura, ma.. una vita in grigio…
No, un ombrello grande e nero non andava bene… decisamente troppo triste!
Uffa, la storia di avere un ombrello personale non era per niente semplice! Quello della mamma era così comodo … Chiara non aveva mai considerato che la scelta di avere un ombrello potesse essere complessa. La mamma pareva prenderne uno a caso e andava sempre bene!
Bisognava considerare la questione con calma.
Chiara pensò e ripensò… poi ripensò ancora ed ancora ripensò…
Magari la cosa migliore era un ombrello con un manico lungo lungo, ma molto pesante.
Con un ombrello così Chiara avrebbe visto bene il mondo che si inzuppava di pioggia mentre lei se ne starebbe stata all’asciutto, ma nello stesso tempo il vento non le avrebbe fatto un baffo perchè la pesantezza del manico lo avrebbe fermato. Un ombrello del genere era l’ideale per andare in mezzo alla gente ridendo delle loro acrobazie per non perdere gli ombrelli leggeri e compatendoli per il tentativo maldestro di parare le sferzate di pioggia che cambiavano direzione per via dei colpi di vento improvvisi.
Lei sola sarebbe stata asciutta e sempre in ordine.
Certo… dopo un po’ avrebbe avuto male al braccio, a furia di reggere un manico così pesante.. avrebbe potuto cambiare mano ogni 10 minuti, ma poi si sarebbe comunque sentita stanchissima e certamente nessuno avrebbe avuto voglia di aiutarla a tenere quel peso dopo essere stato preso in giro…
Eh no, decisamente no. Neppure l’ombrello dal manico altissimo e pesantissimo andava bene.Troppo faticoso da reggere.
Chiara, pensò seduta sula divano, poi pensò seduta per terra, poi pensò mentre faceva la verticale e mentre si faceva la doccia. Pensò mentre si lavava i denti e quando si stava infilando il pigiama…
insomma, Chiara pensò moltissimo, e pensò soprattutto prima di andare a letto, mentre fuori pioveva a dirotto, ma l’idea le venne quando nel cielo vide l’arcobaleno dopo il temporale.
Aprì l’armadio e tirò fuori tutte le mantelle colorate di quando era neonata, i grembiulini delle pappe dell’asilo e le carte regalo degli anni precedenti.
Scese in garage e si portò in camera la ruota della bicicletta di quando era piccola; chiese alla mamma il bastone per prendere i vestiti più alti dal guardaroba… ed iniziò.
Armeggiò per due ore : tagliò, cucì. legò,rattoppò e piegò.
Alla fine aveva il suo ombrello personale:
una mezza cupola a spicchi colorati, che la riparava dal vento quanto bastava, senza impedirle di godere dell’aria fresca sulle guance ; una ruota di mille sfumature che l’avrebbe tenuta asciutta, ma l’avrebbe anche rallegrata, creando una girandola di allegria sopra la sua testa, visibile a tutti quanti; un bastone snello e lucente, tanto alto che l’avrebbe aiutata a reggere il peso delle nuvole scure, ma tanto leggero che le avrebbe permesso di ospitare qualcuno là sotto, tanto per non annoiarsi.
Si era fatto tardi e Chiara aveva davvero sonno.
Era stata una giornata impegnativa, quella faccenda di dover avere un ombrello personale si era rivelata alquanto faticosa, ma alla fine era soddisfatta.
Si addormentò all’istante e sognò una barca a forma di ombrello multicolore con la quale solcava enormi pozzanghere di pioggia, mentre un lucente manico per prendere i vestiti dall’armadio le faceva da timone e lei che rideva come una matta, anche se si bagnava un po’ con gli spruzzi della pioggia e faceva salire tutti a bordo, per ripararsi insieme e non avere più paura dei fulmini.
Che poi dopo viene l’arcobaleno.
Questo racconto ha risvegliato in me ricordi d’infanzia. Con parole delicate spiega come potersi riparare senza perdersi le cose belle della vita: stupendo