Il potere che vorrei regalarti.

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Esiste un grande eppur quotidiano mistero. Tutti gli uomini ne partecipano ma pochissimi si fermano a rifletterci. Quasi tutti si limitano a prenderlo come viene e non se ne meravigliano affatto. Questo mistero è il tempo. Esistono calendari ed orologi per misurarlo, misure di ben poco significato, perché tutti sappiamo che talvolta un’unica ora ci può sembrare un’eternità, ed un’altra invece passa in un attimo… dipende da quel che viviamo in quell’ora. Perché il tempo è vita. E la vita dimora nel cuore.

 

Michael Ende

Sappiamo tutti quanto il bene più prezioso sia il nostro tempo. E sappiamo anche quanto non sia corrispondente alla realtà che “il tempo è denaro”. Se fosse vero potremmo comprarci il tempo. Cosa che non è chiaramente possibile. Al massimo possiamo comprare il tempo degli altri.

Come il bellissimo racconto “Momo” di Michael Ende ben rappresenta, viviamo in un’epoca in cui siamo costantemente derubati del nostro tempo soprattutto a causa delle mille attrazioni e delle innumerevoli distrazioni a nostra disposizione.

Quando va bene, scambiamo il nostro tempo per una quantità – mai sufficiente – di denaro a fine mese. Quando va male, regaliamo il nostro tempo per fare in modo che qualcun altro si arricchisca.

Ho il forte dubbio, e sono sicura che qualcuno avrà certamente già fatto una ricerca in merito, che il tempo che regaliamo per creare ricchezza altrui sia pari, se non superiore, al tempo che scambiamo per ricevere denaro a fine mese.

“Io non scambio il mio tempo per denaro”, obietterà qualcuno, “io lavoro”.

Una cosa che mi piace sempre dire ai pazienti, quando mi chiedono a quanto ammonta la mia parcella, è che loro pagano il mio tempo, non il mio lavoro.

Perché per me le due cose non coincidono evidentemente: Il lavoro rappresenta il modo con cui gioco da adulta, la mia attività di sviluppo. Così come il bambino è sempre immerso nel gioco, così dovrebbe essere per un adulto, se giocasse il gioco che gli piace, pardon, se facesse il lavoro con cui esprime il proprio essere.

Ce lo vedete un bambino che alle 17 smette di giocare? Ecco spiegata la differenza tra tempo retribuito e lavoro.

Come sarebbe la nostra vita se potessimo scegliere come svolgere il nostro lavoro essendo proprietari del nostro tempo? Il caos, direte voi.

Forse inizialmente, ma poi si troverebbe il modo per ottimizzare i tempi in cui è necessaria la condivisione dello stesso tempo per lasciare spazio ai tempi di lavoro più individuale.

Ci sarebbe chi è più produttivo la mattina che potrebbe lavorare dalle 5 alle 7 e poi dedicarsi ai suoi bambini, fare una riunione alle 11, un sonnellino alle 13 e riprendere il lavoro fino alle 17. Il collega più nottambulo, che si concentra meglio dalle 21 alle 24 avrebbe il tempo di svegliarsi alle 10 e raggiungerlo.

Certo per fare tutto questo occorrerebbe una certa fiducia reciproca del fatto che il lavoro verrà svolto. Le esperienze nel Nord Europa confermano da anni che la produttività va di pari passo con la riduzione dell’orario lavorativo e la gestione in maniera autonoma. La questione è semplice: se le persone hanno più tempo per loro stesse e per i loro affetti, sono persone più efficienti e produttive.

Dico questo perché sono convinta che molto disagio esistenziale provenga dalla gestione del nostro tempo, in primis dal fatto che siamo obbligati a marciare tutti allo stesso ritmo.

E’ anche per questo motivo che ci dobbiamo anestetizzare, distraendoci ed immergendoci in attività che non ci corrispondono: per stare dentro una vita che non rispetta il nostro tempo interiore.

Quanto tempo dedichiamo in una giornata a ciò che è fondamentale per la nostra vita?

Quando mi fermo a riflettere su questo punto, non posso che provare un senso di grande sgomento.

Ci vorrebbe un piccolo software – per chi se ne intende non dovrebbe essere nemmeno così difficile da creare – per tenere monitorato le nostre priorità esistenziali.

Abbiamo energia sufficiente per offrire presenza e attenzione alle persone che amiamo? Mi piacerebbe che la tecnologia del futuro fosse di supporto alle persone nel recuperare il proprio baricentro, le proprie priorità, anziché estraniarle in un preoccupante percorso di disumanizzazione.

Numerose ricerche su malati terminali dimostrano che solo quando il nostro tempo sta per terminare ci accorgiamo di aver dato priorità e tempo a cose che poi appaiono inutili se non addirittura insensate.

Ma per far funzionare questa App, che potrebbe favorire la nostra consapevolezza, occorrerebbe comunque una grande capacità di assumersi la responsabilità della vita che stiamo facendo. Siamo disponibili a fare questo lavoro d’amore verso noi stessi?

In alternativa si potrebbe fabbricare uno strumento più rozzo: un marchingegno che ci somministri casualmente, durante la giornata un momento di morte.

Proprio come quando il cellulare si “impalla”. Inaspettatamente, boom, sei morto, game over. Time out. All’inizio ci potremmo innervosire per l’inaspettata interruzione ma se lo assumessimo come compito potremmo, in quell’esatto momento, scoprire qual è il rammarico peggiore della giornata in cui siamo morti per gioco e fare in modo, che la morte del giorno dopo, non ci colga impreparati.

Non so che programmi hai per il prossimo anno. Il mio augurio è che tu possa apportare quei cambiamenti nella tua vita che ti rendano più proprietario del tuo tempo. Ti auguro di avere il coraggio di andare verso un lavoro bello quanto il gioco che ti piaceva fare per ore da piccolo.

Buon Natale!