L’ora dei fantasmi. Gli ospiti non invitati nella terapia.

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Non siamo soli, nelle nostre relazioni.

Non siamo solo con il partner, ma siamo anche con i suoi e, soprattutto i nostri fantasmi. Fantasmi che vengono dalle nostre famiglie e dalle nostre relazioni passate, ma anche da episodi della relazione attuale.

Per questo può capitare che l’ora di terapia (di coppia, ma anche individuale), diventi l’ora dei fantasmi, in cui, oltre alle persone fisicamente presenti compaiono anche le proiezioni, gli spettri di altre persone e altre relazioni. Così il marito che abbiamo di fronte, non è solo lui ma diventa anche il fratello violento, o il padre assente. Il terapeuta stesso, può diventare uno schermo su cui proiettare qualcuno o qualcosa, la propria madre per esempio (anche se il terapeuta è maschio!). Ma un terapeuta lo sa e sa reggere il peso di questi fantasmi e sa come gestirli, qui sta la differenza.

In terapia, finalmente, possiamo concederci di guardare i nostri fantasmi e, addirittura, invitarli a sedersi con noi, parlarci e, magari iniziare a andarci d’accordo.

Possiamo scoprire così, la vera ragione di alcuni nostri agiti e di quelle emozioni che sembrano emergere improvvisamente dal nulla. Perché a volte un’inezia ci fa infuriare? Può essere che siamo “posseduti” da uno di questi fantasmi.

Lo spazio e il tempo, sacri, della terapia sono il contesto adatto a lasciarli emergere, guardarli e comprenderli. Possiamo permetterci di tirar fuori gli “scheletri nell’armadio” e procedere serenamente.

Sullo stipite della sua casa, Jung aveva scolpito la frase “vocatus atque non vocatus deus aderit”: che sia invocato o meno, dio è presente. La stessa cosa fanno questi fantasmi! Tanto vale invitarli, di modo che avendoli e accettandoli come ospiti, questi si comportino un po’ più educatamente e non siano troppo dispettosi.