La suzione del pollice: un comportamento che nasconde tante fragilità

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Giorgia ha 10 anni ed é accompagnata da me dalla sua famiglia affidataria con cui vive da meno di un anno.

I genitori affidatari mi raccontano che durante il primo periodo con loro Giorgia aveva tante crisi di pianto e molta paura e ha ben presto sviluppato un forte legame con la sua mamma affidataria, Luisa, che si sta prendendo cura di lei.

Giorgia poco dopo l’ingresso in questa nuova famiglia chiede di poter dormire nel lettone con Luisa perché ha paura e non vuole stare da sola.

Un giorno, dopo qualche mese dall’inizio del nostro lavoro mi dice “ oggi é il compleanno di Luisa e voglio farle un regalo: dormirò nel mio letto!”.

Da quella sera, mostrando una grande determinazione, Giorgia ha iniziato a dormire nel suo letto. “ Però mi devi aiutare…” Giorgia arrossisce e timidamente mi dice “ vorrei smettere di mettermi il dito in bocca per dormire, ma non ci riesco!”.

“Non ti preoccupare Giorgia, sei già stata molto brava a dormire nel tuo letto da sola, se é questo che desideri, sono sicura che con un po’ di pazienza e di coraggio, riuscirai piano piano a non metterti più il dito in bocca!”.

Nel mio lavoro mi é capitato in un’altra occasione di riscontrare questa problematica, con Chiara, una ragazzina di 13 anni adottata.

 

La suzione del pollice fa parte di un istinto del tutto naturale, che accompagna i bambini fin dalla nascita, in molti casi é possibile osservare questo comportamento anche nei bambini ancora nella pancia della propria madre.

Il neonato mette in atto questo comportamento per soddisfare un bisogno e una ricerca di piacere e per ritrovare la calma.

Soprattutto dopo lo svezzamento, la suzione del dito rappresenta una sostituzione di quel piacere orale offerto dal seno o dal biberon.

Fino a circa i 4 anni si può dunque considerare un comportamento normale che solitamente sparisce spontaneamente.

Nonostante ciò spesso si osserva un perpetuarsi di questo comportamento oltre i 4 anni.

Succhiarsi il dito, principalmente il pollice, é un disturbo che si ritrova spesso nei momenti di stress o in seguito al distacco dalle figure di riferimento.

Lo si può osservare anche in quei bambini che per diverse ragioni, non hanno potuto godere appieno della fase orale, legata in particolare modo al momento dell’ allattamento.

Inoltre, come nel caso di Giorgia e Chiara, é possibile riscontrare questo disturbo in bambini che hanno subìto un distacco forzato dalle figure di riferimento o hanno vissuto un attaccamento che non ha offerto loro le basi per l’instaurarsi di una relazione sicura e adeguata.

Le insicurezze e deprivazioni presenti in questi due casi hanno sicuramente incentivato il ripiegarsi delle bambine su di sé, alla ricerca di un’autoconsolazione.

Il bisogno regressivo di rassicurazione infatti, ha rappresentato per loro il recupero di alcuni aspetti carenti nei primi anni di vita.

Questo momento di autoconsolazione permette di scaricare la propria tensione per sentirsi meno soli e più protetti.

L’adulto che si prende cura del bambino non deve colpevolizzarlo per questa sua modalità di espressione di una fragilità, piuttosto é importante che il bambino venga compreso ed aiutato a rinforzare un’adeguata autostima, un senso di integrità di sé e della propria individualità.

Nel fare questo é importante anche aiutare i bambini ad acquisire piccole autonomie che li facciano sentire più sicuri.