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Metti via quel cellulare!

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Adolescenti e nuovi media tra rischio e protezione.

Cesare ha 12 anni e, gravemente obeso, da tempo si rifiuta di uscire di casa anche per svolgere le azioni di base della propria quotidianità, quali frequentare la scuola. Trascorre la quasi totalità del tempo con in mano lo smartphone, dividendosi tra i videogiochi e video tutorial. Sua madre è gravemente depressa, sormontata da un trauma che sembra per lei inelaborabile e soprattutto fonte costante di sensi di colpa e di paura di perdere altre persone per lei significative. Cesare non riesce ad essere indipendente neppure la notte, quando ha bisogno di dormire mantenendo uno stretto contatto fisico con mamma, alternando il sonno a momenti in cui divora un episodio via l’altro di serie televisive.

Fabio, 16 anni e una diagnosi di dislessia che satura qualunque comprensione più pregnante della sua fatica a scuola, fatica a credere in se stesso e si sente costantemente in balìa degli eventi e degli altri, altri che se coetanei lo bullizzano, se adulti lo svalutano, facendolo sentire difettoso ed incapace di qualsiasi azione autonoma. Fabio trascorre almeno cinque ore al giorno con i videogiochi che fruisce anche in connessione con altri adolescenti di altre zone della Terra: è un vero e proprio campione nelle sfide online, conquista trofei internazionali e conosce ragazzi che condividono le sue stesse passioni e da cui si sente capito, apprezzato e valorizzato.

Le storie di questi due giovani naviganti virtuali mettono in luce come i nuovi media ed il loro utilizzo da parte degli adolescenti non debbano essere aprioristicamente demonizzati, e di come al giorno d’oggi sia complesso parlare di franche dipendenze da internet negli adolescenti. Non è l’oggetto in sé a configurare un rischio, ma il suo utilizzo: non il contenuto, ma il contenitore.

Cesare si rifugia in un utilizzo spasmodico – da dipendenza – dello smartphone perché questo gli consente di stare accanto alla madre che percepisce come troppo fragile bisognosa di lui per potersene distaccare ed imboccare il sentiero di costruzione di sé che l’adolescenza gli offre. I videogiochi e le serie tv gli permettono infatti di rimanere a casa, fisicamente vicino alla madre, garantendogli però anche quel confine superato il quale si ritroverebbe completamente inglobato nella relazione simbiotica con lei, frantumando completamente la propria mente. Cesare necessita di essere aiutato per svincolarsi dal peso di cui si è fatto carico, da quella sofferenza materna con cui sembra essersi identificato e che gli impedisce di cercare e trovare realmente se stesso.

Fabio sembra invece aver trovato nella rete e nei videogiochi una buona strada per esprimere se stesso, per scoprire parti di sé che il mondo reale non sembra volergli mostrare: online Fabio sente di valere, di essere all’altezza della situazione, di poter esprimere la propria aggressività sana per farsi strada nel mondo e nella vita,  e magari – perché no? – imparare un mestiere, come quello del programmatore di videogiochi e nuovi media, che sicuramente tra pochi anni sarà uno dei più pagati e ricercati.

Sia nella vita di Cesare che il quella di Fabio l’utilizzo dei nuovi media assume un significato emotivo ed affettivo specifico, ma se nel caso del primo possiamo parlare di una franca dipendenza – Gaming Disorder come oggi si chiama –, in quello del secondo il mondo online sembra avere una funzione protettiva dalla depressione e dalla morte interiore, permettendogli di esprimere quelle parti vitali e vivificanti di Sé che nel mondo reale gli sono precluse.

Ormai siamo talmente immersi dal mondo del web che sarebbe impensabile poterne riemergere: fin da quando nascono sommergiamo di scatti i nostri bambini, alle loro recite scolastiche non possiamo partecipare se non muniti di fotocamera, per poi postare sui social le foto e i video così realizzati senza che loro possano esprimere il loro consenso al riguardo; come possiamo pretendere che i bimbi, una volta diventati adolescenti, si distacchino da questo modello che hanno osservato in noi fin dalla loro nascita?

Di fronte a qualunque comportamento a rischio dell’adolescente, che coinvolga o no il web, occorre provare, per quanto difficile, a raffreddare le emozioni travolgenti che spesso ci suscita, e tentare una comprensione del significato affettivo, ovvero di quale compito di crescita del nostro ragazzo questo è al servizio.

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