Non è più come prima

Non è più come prima

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I laboratori di scrittura ai tempi del coronavirus

L’essenziale è invisibile agli occhi

(Antoine de Saint Exupéry, “Il piccolo principe”

 

Credo che in questo periodo ci sia ancora più bisogno di storie e di scrittura. Dice la scrittrice Karen Blixen che ogni dolore diventa sopportabile se lo possiamo raccontare e molte persone hanno dolori da elaborare e con cui imparare a convivere. Alcuni hanno subito perdite improvvise e laceranti, altri hanno perso il lavoro, tutti siamo in quarantena e condividiamo ansia e incertezza del futuro. Così, passato il primo momento di smarrimento, ho proposto al gruppo di scrittura di riprendere gli incontri.

All’inizio ho incontrato parecchie resistenze: “non è la stessa cosa”, “io non me la sento”, “sto già connesso tutto il giorno per lavoro e ci manca soltanto di fare i corsi on line”, “a me la tecnologia non piace”, “non sono capace”. Rispetto alla difficoltà con la tecnologia, ho subito trovato generose alleate tra le partecipanti più giovani che si sono offerte di aiutare e di diventare tutor dei membri più insicuri e, dopo diversi tentativi, siamo riuscite a quasi tutto il gruppo.

Anche per me sarebbe stata la prima volta ed è stata dura superare le mie paure e rassicurare i partecipanti sul fatto che comunque avremmo fatto un’esperienza preziosa. Ho scelto di svelare al gruppo le mie ansie perché le ho riconosciute parte di un vissuto comune: quante cose sono cambiate in poche settimane, quante nuove abilità abbiamo dovuto imparare, quante difficoltà abbiamo dovuto superare! Ciò ha contribuito a creare un clima di disponibilità nell’intero gruppo. Ho percepito un ascolto attento e profondo e il desiderio di trovare le parole per nominare emozioni e stati d’animo. Abbiamo sperimentato i sottili e invisibili fili che ci tengono uniti anche a distanza e ognuno dei partecipanti si è sentito accolto e ha potuto trovare uno spazio di auto espressione, confortato dalla presenza degli altri e dalla condivisione di una condizione che ci accomunava. Tutti stiamo sperimentando un isolamento in cui ci troviamo di fronte ai nostri dilemmi, alle questioni irrisolte e non possiamo più sfuggire a noi stessi. La condizione esistenziale è faticosa e per alcuni tragica ed è arduo accettare un cambiamento così radicale delle nostre esistenze, eppure proprio questi frangenti possono creare un terreno fertile e generativo per raccontarsi. Scrivere di sé può allora diventare un’occasione preziosa che aiuta a sopportare la solitudine e l’isolamento. Spero che possa offrire strumenti per rinforzare i legami nel gruppo e sostenere una nuova consapevolezza e il desiderio di farne qualcosa di tutto ciò che sta accadendo.

La scrittura, infatti, permette di dare un ordine al caos, fa trovare le parole per nominare emozioni e stati d’animo, è un gesto di libertà perché se non possiamo cambiare gli eventi, li possiamo sempre raccontare. Scrivere rinforza l’identità minacciata dalla malattia, dal rischio del contagio, dalle preoccupazioni per il futuro e dai lutti senza riti di congedo: anche per questo si è rivelata un rimedio efficace per tutti.

Non ci siamo lasciati scoraggiare dalla presunta freddezza dell’esperienza on line e i testi prodotti hanno trasmesso l’eco delle molte emozioni e delle lacrime condivise.

Mi hanno colpito le parole di due partecipanti:

  • Mai mi sarei immaginato di commuovermi durante una videoconferenza! Anche se eravamo lontani mi sono sentito accolto e compreso. Ho finalmente trovato le parole per dire a me stesso e altri come sto e ora sto meglio
  • Per la prima volta tutti hanno rispettato il turno di parola e ho percepito un ascolto sempre attento e vibrante: questo è un dono sorprendente di questa esperienza

Non è più come prima ma, forse, in questo caso, è meglio di prima.

 

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