Guarire la disperazione per uscire dalla violenza e dall'autolesionismo - Divenire Magazine

Sii la persona di cui avevi bisogno quando ti hanno ferito

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È sempre un momento cruciale e di svolta quando pongo la domanda: “Che tipo di risposta avresti avuto bisogno di ricevere in quel momento?”.
Abbiamo un vocabolario molto ricco per definire la forma che assume la ferita che una o più persone ci hanno arrecato, ma molto povero per descrivere ciò che ci è mancato in quel momento.
La rabbia che si muove dalla descrizione del comportamento che ci ha fatto tanto male, viene meno grazie proprio allo spazio che crea la mia domanda.
È come se si facesse un passo indietro per osservare meglio la situazione. Questo movimento attiva il nostro testimone interno che è uno dei nostri più potenti guaritori. “Già, di cosa avrei avuto bisogno in quel momento?”. Quando la persona si autorizza di nominare il suo bisogno profondo come “avevo bisogno di sentirmi vista nella mia fatica”, oppure “mi sarebbe bastato un abbraccio”, o ancora “avevo bisogno di un cosa c’è che non va?” o “desideravo un po’ di empatia invece che giudizio” avviene spesso un pianto dal forte potere ristoratore. La persona piange di commozione misto a dolore perché pronunciando quelle parole si riconosce, legittima e autorizza il proprio bisogno oltre che il proprio dolore. In quel momento, in quel preciso momento la persona incarna proprio il tipo di risposta che desiderava. L’effetto è talmente potente che il ricordo iniziale perde molto della sua carica emotiva negativa tanto che può addirittura emergere un senso di compassione per la persona o le persone che ci hanno fatto male oltre che per noi stessi.

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