La funzione “specchio” dell’Altro

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Simona è un ragazza sulla trentina con cui ho fatto un importante percorso che l’ha condotta, da una struttura profondamente ossessiva, ad una possibilità di espressione di sé e di esplorazione sufficientemente sicura e curiosa del mondo. Tanto che, dopo un lungo periodo di “congelamento” affettivo, si è innamorata di un uomo. Simona è consapevole che non si tratta della cosiddetta “persona giusta” per lei: si tratta di un uomo che si potrebbe facilmente descrivere come un narcisista. Fortemente centrato su di sé, bisognoso di continue conferme della propria presunta eccezionalità, poco stabile emotivamente, in grado di farla oscillare tra abisso ed estasi. Eppure è successo, ne è caduta vittima. Non sa spiegarsi come sia stato possibile, ma è proprio ciò che è avvenuto.
“Anni di terapia sembra che non siano bastati – mi dice affranta un giorno – a farmi capire cosa è giusto e cosa è sbagliato per me”.
Mi fermo, la fermo.
“Non è questo il nostro scopo, Simona. L’obiettivo di un lavoro personale non è evitare le vicende della vita, ma viverle con sempre maggiore consapevolezza e affrontare le proprie paure, i propri demoni. Ascoltare ciò che le emozioni ci dicono e farne tesoro per entrare in contatto con la nostra Anima. Se ti sei innamorata, non lo hai scelto: è successo. E se è successo puoi imparare qualcosa.”
Simona di fronte a queste mie parole sembra un po’ confusa.
“Tutto quello che ho capito di me, delle relazioni, però, non mi ha impedito di cadere in questo pasticcio. Allora a cosa è servito?”.
Rimando a Simona che la cosa più importante che lei abbia fatto, in questo suo percorso, non è tanto “capire”. Certo, questo è stato qualcosa che ha placato dubbi e domande mentali. Ma la cosa più preziosa che lei abbia fatto è stato imparare a NON vivere solo attraverso le categorie mentali, che la imprigionavano in un labirinto senza fine. Ma a riscoprire il valore delle emozioni, il modo di ascoltarle e di lasciarsi attraversare da esse. Evidentemente questa esperienza le serve per affrontare qualche altro aspetto di Sé, per far evolvere ulteriormente la sua consapevolezza, per liberare sempre di più la sua Anima. La invito quindi a vivere questa vicenda con gli occhi della coscienza ben aperti, con attitudine di ascolto più che di comprensione.
Passa qualche settimana, durante la quale Simona mi racconta le difficili vicissitudini della relazione con quest’uomo.
Un giorno, Simona arriva in seduta visibilmente provata ma quieta, serena.
“Ho visto”. Mi dice. “Qualche giorno fa è successa una cosa incredibile. Ero con lui. Stava facendo sfoggio, come suo solito, delle sue qualità, della sua bravura in campo lavorativo. Ma, ad un tratto, i suoi occhi si sono quasi intristiti. Come se anche la parte più profonda di lui sapesse che quello di cui mi stava parlando, di cui si vantava, non contasse realmente molto. Come se non bastasse. Come se non fosse sufficiente a colmare quel suo senso di vuoto interiore, quel bisogno incommensurabile di amore, di riconoscimento.
Era come se, nella connessione con quel suo vissuto, potessi sentire tutta la sua emozione. E a un certo punto tutto mi è stato chiaro: il suo dolore, il suo bisogno, era il mio. Identico, ugualmente divorante, disperato. Lui lo aveva “coperto”, nella sua vita, con quella maschera da superuomo. Io ingabbiandomi per anni nei miei pensieri, nelle mie distorte convinzioni e nei miei autosabotaggi. Lui aveva messo sopra la sua ferita uno schermo fittizio di grandiosità. Io invece, in quella ferita, ci ero caduta dentro trovando dei “persecutori” esterni a cui dare la responsabilità della mia infelicità. E facendo di tutto per non sentire quell’abisso interno. Ma sia io che lui abbiamo, dentro, quell’abisso. Siamo due facce della stessa medaglia. Ecco il senso che ha il suo ingresso nella mia vita. Dovevo contattare questo. E ora mi trovo a sentire la mia ferita. In parte è cicatrizzata, ma in parte no. Dovevo tornare lì e lasciare che tutta l’emozione che questa esperienza mi “bruciasse” dentro. Per darmi l’energia di andare oltre.”.
Simona usa ormai, nella stanza di terapia, un linguaggio condiviso. Ha compreso appieno il senso del suo lavoro e del processo di cambiamento. Il suo lavoro personale non le risparmierà i dolori e le difficoltà, ma sempre di più andrà nella direzione di ricontattare la sua vera essenza, di sanare gli antichi dolori, per poter liberare la sua Anima, lasciarle lo spazio di esprimersi e di riconnettersi con il senso ultimo, sacro della vita.

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