Il bisogno di stare da sola - Divenire Magazine

Il bisogno di stare da sola

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Gli attaccamenti e il fare affidamento su di essi non andrebbero considerati in termini di dipendenza, ma come normale e sano bisogno umano e come fonte preziosa di forza (…). Gli individui reagiscono meglio quando hanno almeno un attaccamento intimo con un’altra persona.

 

Dana Crowley Jack
Prendersi del tempo per sé navigando tra l’onnipotenza e la sfiducia

Non lo si può dire, perché è il tabù dei tabù. Le donne non osano mai dire: “ho bisogno di restare un po’ sola”, non tanto nel senso di andarsene via, ma di non doversi occupare degli altri.

Un po’ perché hanno paura, cosa faccio se non mi occupo di qualcuno?, un po’ perché temono che gli altri, sentendosi abbandonati, possano smettere di amarle. Ma il motivo profondo per cui ciò accade è un altro, come dimostra questo dialogo inventato tra me e una paziente.

“Non posso prendermi del tempo per fare questa cosa, i miei figli ne soffrirebbero. Mio marito d’altronde lavora e se non me ne occupo io la famiglia va a gambe all’aria”.

“Quindi mi stai dicendo che i figli sono unicamente una tua responsabilità e che la tua famiglia, intendo tuo marito ed i tuoi figli non sarebbero in grado di comprendere il tuo bisogno e di badare a loro stessi mentre sei via per qualche ora?”

“No, non dico questo, è che abbiamo sempre fatto così.”

“E questo “così” con cui avete fatto finora ti va ancora bene?”

“No, ma non ci posso fare niente.”

“Mi stai dicendo che tutto dipende da te , o fai tutto tu o nessuno può niente? Bella considerazione che hai di tuo marito e dei tuoi figli!”

“Ma no, no, non è vero. Io li stimo solo che….Lei crede davvero che potrei parlargliene?”

“Io credo che se li stimassi come dici lo faresti, sì.”

“Solo l’idea mi terrorizza”.

“Che scenario catastrofico ti stai immaginando?”

“Oh, no, nessuna catastrofe, anzi.”

“ Anzi???”

“Cioè, io penso che sarebbero felici di non avermi tra i piedi una sera a settimana. Sono io che non voglio.”

“Adesso sì che parliamo la stessa lingua. Dunque non sono loro ad impedirti di fare ciò che desideri ma tu stessa. Il fatto che te ne prendi la responsabilità mi sembra un bel passo in avanti. E perché non vuoi?”

“Non mi fido.”

“Non ti fidi di chi?”

“Di mio marito… non farebbe quello che faccio io con i figli.”

“E per fortuna, tu sei tu e lui è lui. Siete diversi e questa è una ricchezza.”

“Sì ma lui gli fa mangiare la pizza e li lascia davanti alla tv fino a tardi.”

“E perché lo farebbe?”

“Perché non si è mai occupato di loro. Ci sono sempre stata io a casa o tuttalpiù mia madre.”

“Come mai l’hai escluso o si è escluso dall’educazione dei figli?”

“Abbiamo deciso così fin dall’inizio. Io mi occupavo della casa e della famiglia e lui lavorava.”

“Alla luce di come stai tu e del rapporto che i tuoi figli hanno con il loro padre, sei contenta di questa scelta?”

“Adesso che sono adolescenti non più.”

“Insomma tu hai il desiderio di evolvere: non credi che sia un bisogno condiviso un po’ da tutti nella tua famiglia? Hai mai pensato che proprio adesso che i tuoi figli stanno diventando degli adulti hanno bisogno di spinte diverse per imparare ad essere più autonomi e che magari anche tuoi marito vorrebbe avere un ruolo un po’ diverso nella tua famiglia se solo gli lasciassi un po’ di spazio?”

“Sì a volte lui mi dice che vorrebbe lavorare un po’ di meno, ma che non può perché tutta la famiglia è a suo carico. Ma io, alla mia età, cosa voglia che faccia? Io non credo di essere in grado di rimettermi in gioco professionalmente”

“Così torniamo da capo. Il circuito è vizioso. Preferisce nascondersi dietro l’idea che gli altri non cambieranno mai e che non sono meritevoli di fiducia piuttosto che affrontare la sfiducia che lei ha nelle proprie capacità. Può sembrare comodo ma alla lunga risulta costoso e dannoso per sé e per la sua famiglia che non evolve.”

“Ora mi sento furiosa. Vorrei spaccarle la testa e non so perché mentre lo dico mi viene anche da piangere”

“Mi parli di cosa le sta accadendo. Mi dica di più della rabbia che sta provando nei miei confronti e delle sue lacrime”

“Oh mi scusi per quello che ho detto, è che mi sento messa a nudo, lei mi sta smascherando. Però un po’ mi piace e la cosa mi commuove. Nessuno mi ha mai parlato con questa franchezza. Forse è perché lei un po’ in me ci crede…”

“Direi proprio di sì, e mi dispiace di essere l’unica qui dentro!”

Entrambe ci mettiamo a ridere con gusto. Ci guardiamo negli occhi. Ci sentiamo complici. Le donne hanno bisogno del sostegno di donne che stimano per evolvere.