Come si fa a cambiare

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Nessuno è nato sotto una cattiva stella.
Ci sono piuttosto persone che guardano male il cielo.

 

Dalai Lama

“Dottoressa”, dice lui spazientito, “come diamine si fa a cambiare?”

Questa domanda è ricorrente nel percorso di terapia. Di solito arriva dopo alcuni mesi di lavoro, quando, nonostante il paziente abbia compreso molte cose della sua storia e sta decisamente meglio, non riesce a mettere in atto il cambiamento sperato.

“ io ho capito tutti i motivi per cui il mio rapporto è finito, ma ciò nonostante non riesco a concluderlo”, oppure , “ so che faccio male ad ossessionare mio figlio con i controlli, e so anche da cosa tutto ciò derivi ma è più forte di me non ne posso fare a meno”. “suona come un biasimo”, commento io, “ come se mi dicesse, insomma dottoressa quello che ha fatto finora non è sufficiente, mi dica Lei cosa dovrei fare”. “no, no, non sono arrabbiato con Lei… anzi, si, forse un po’ lo sono, mi aspettavo che Lei mi facesse cambiare e invece non succede”.

Mi aspettavo che Lei mi facesse cambiare.

Questa idea che siano gli altri a cambiarci è all’origine di molti mali. Pensiamo di poter cambiare gli altri, in alcuni casi lo pretendiamo come segno d’amore: “ se mi ami smetti di telefonare a tua madre 3 volte al giorno!”. Oppure, come nel caso del mio paziente, ci aspettiamo che lo faccia il mago psicoterapeuta.

Questa idea ci deriva da una lunga tradizione educativa, che prevede che il bambino si adatti alle aspettative del genitore o che il genitore possa manipolare il figlio come un pezzo d’argilla.

Nel fare questa domanda il paziente disvela il fatto che fino a quel momento ha mantenuto l’idea che lui, in realtà, non può fare nulla per sé.

Sullo sfondo c’è un’emozione di profonda impotenza: io non posso, io sono incapace, essa recita.

Arnold Beisser, nella sua teoria del cambiamento paradossale, afferma che “ il cambiamento avviene quando una persona diventa ciò che è, non quando cerca di diventare ciò che non è”, in altre parole il cambiamento non avviene attraverso lo sforzo o la persuasione, ma diventa possibile quando il paziente si rende disponibile a guardare ciò che è in quel momento presente e non ciò che vorrebbe essere.

In estrema sintesi potremmo dire che il cambiamento inizia quando una persona si assume la responsabilità di ciò che è, di ciò che sente ed ha il coraggio di guardare a questa realtà senza giudizio.

“Mi dica”, domando io, “ a chi appartiene questa rabbia? Chi è il responsabile, il legittimo proprietario?”