Cosa sappiamo degli uomini - Divenire Magazine

Cosa sappiamo degli uomini

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La gente non capisce quanti uomini ci vogliono per fare un brav’uomo. La prossima volta che vai a Manhattan e vedi uno di quegli imponenti grattaceli in costruzione, fa attenzione a quanti uomini sono impegnati in quell’impresa. Per costruire un uomo solido, ci vogliono tanti uomini quanti ne servono per costruire una torre.

 

J.R. Moehringer, Il bar delle grandi speranze

Cosa sappiamo davvero degli uomini? Sento e leggo quotidianamente di stereotipi, per lo più in senso dispregiativo, che non permettono di raggiungerli e comprenderli davvero. Stereotipi in cui convergono maschi e femmine all’unanimità.

Sono partita in questa ricerca spinta proprio dal desiderio di andare oltre la mia ignoranza, dal fatto di “sapere di non sapere” e dalla volontà di poter accogliere autenticamente gli uomini che mi chiedevano aiuto.

Ben lungi dall’immagine pubblica di persone sociali, gli uomini raccontano spesso di vite caratterizzate da tanta solitudine. Si tratta di persone incapaci di portare il proprio vissuto agli altri perché bloccati principalmente da sentimenti di vergogna e di inferiorità ben celati dietro maschere di soddisfazione e successo.

Uomini, ben lungi dall’essere rari, dominati da un senso di vuoto, di inutilità , noia e, udite udite, di paura. Tanta paura.

L’idea di un luogo dove uscire dal proprio impantamento e dove fare un percorso con altri uomini per riscattare la propria mascolinità attrae più uomini di quanto si pensi, per fortuna.

All’inizio non è stato facile motivare i miei pazienti ad intraprendere questo percorso di ricerca verso le sconosciute terre dell’interiorità maschile. Ma dal momento in cui la maggior parte di loro ha tratto beneficio dal poter smettere di “essere solo un maschio” e di potersi aprire alle diverse sfumature del proprio modo di essere, non è più stato necessario fare opera di convincimento.

A chi mi chiede a cosa serve frequentare un cerchio degli uomini, rispondo che si tratta di qualche ora d’aria dal carcere e dalle gabbie dell’immagine che gli altri impongono su di loro e che, nella vita quotidiana, tendono, come modalità di mascheramento principale, a soddisfare.

“Meglio passare per stronzo che per coglione”, ha detto una volta nel cerchio una persona.

In fondo gli stereotipi possono far comodo: senza grandi fatiche i maschi lasciano che gli altri pensino ciò che sono già portati a pensare togliendo loro la responsabilità delle loro azioni. Insomma la cultura attuale tende ad infantilizzarli e a giustificarli nella loro immaturità “perchè loro, si sa, sono maschi!”

Per questo motivo il numero di maschi immaturi sta aumentando: in assenza di informazioni diverse, l’appartenenza ad un genere sembra tracciare fin dall’inizio percorsi scontati caratterizzati dal sembrare e dal dover essere.

Così i giorni passano, in vite copia-e- incolla mascherate di divertimento, perché loro, i maschi non ci sono, non abitano le loro esistenze. Essi si limitano a recitare la parte che viene loro assegnata, compresa quella dello stronzo o del mostro. Questa assenza di contatto intimo con sé stessi è il motivo per cui, spesso si aggrappano alle relazioni con le donne, da cui dipendono in maniera eccessiva, oppure passano il loro tempo tra lavoro e attività sportive senza coltivare nessun tipo di relazione profonda.

Chi sente di voler vivere in un modo diverso non è certo favorito dalla nostra cultura, in cui gli uomini latitano dalla fine dell’ottocento, quando i padri hanno iniziato ad assentarsi dalla scena familiare per andare in fabbrica prima e in guerra dopo.

Nessuno dice che i maschi sono immaturi perché sono orfani di padre da più di un secolo.

In questa rubrica scriverò le riflessioni, inventerò racconti ispirati dal mio essere donna-testimone privilegiata di un nutrito gruppo di uomini che ha coraggiosamente deciso di imparare a guardarsi dentro e di esplorare la propria umanità.

Ai lettori uomini auguro che nei diversi specchi ognuno possa rintracciare un frammento della propria unicità maschile dalla quale partire per costruire il proprio riscatto. Alle lettrici donne, auguro di intraprendere un percorso fatto di strade periferiche e logiche divergenti che aprano alla visione delle molteplici sfumature del maschile e del suo mondo interiore.

2 pensieri riguardo “Cosa sappiamo degli uomini

  1. per osservare il proprio punto di vista bisogna cambiare il punto da cui osserviamo … e quale migliore alternativa abbiamo noi uomini se non quella di fidarci di una donna
    Grazie Gloria

  2. è così difficile oggi un alleanza tra maschi, quasi così difficile come tra maschi e femmine. cè di mezzo la cultura della competizione come modalità relazionale, la cultura della produzione e della identità visibile. chi è debole o bisognoso è colpevole, il disagio va nascosto. se non mi sento bene non esco, non vedo, non chiamo, aspetto di potermi tirare insieme e tornare a fingere per essere accettabile… ci vuole invece coraggio e fiducia, cosa abbiamo in fondo da perdere ?

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