Dare voce - Divenire Magazine

Dare voce

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– Dico a voi, ehi, paladino!
– Insisté Carlomagno.
– Com’è che non mostrate la faccia al vostro re?
– La voce uscì netta dal barbazzale.
Perché io non esisto, sire.

 

Italo Calvino, “Il Cavaliere inesistente”

 

Riflessioni sul dover essere e sulla paura di sentirsi ridicoli.

Uno degli scopi principali del cerchio è offrire supporto e stimoli affinché l’interiorità degli uomini si faccia parola.

Per coltivare la memoria, abbiamo scoperto quanto è forte la tendenza a rimuovere e a dimenticare cosa avviene in un gruppo, tutti scriviamo. A partire dal riepilogo che ognuno fa dell’incontro e poi invia a tutti o dal racconto, a metà tra la realtà e l’invenzione, che mando io qualche settimana dopo , ognuno, manda brevi riflessioni o inventa piccoli racconti a sua volta. E’ l’occasione per far emergere qualche verità, per fare piccole confessioni grazie alla tutela della scrittura stessa.

Di seguito riporto, con il consenso di chi l’ha scritto, una riflessione che ci introduce nel vivo del lavoro del Cerchio degli Uomini e dona frammenti preziosi dentro i quali poterci rispecchiare o con i quali risuonare.

Passi una vita a fare quello che “devi”, che è giusto ed opportuno, che gli altri ti impongono o si aspettano, congelando e trascurando i tuoi desideri, le tue spinte emotive (e poi sessuali), i tuoi bisogni.

Poi un giorno qualcuno ti suggerisce che “puoi” esplorare il tuo sentire, qualunque esso sia. Ti solleva dal compito incombente e controproducente di giudicare il tuo sentire, ti dice di “stare con”, di ascoltare, senza aspettative, senza che l’esercizio abbia un giusto o uno sbagliato modo di essere eseguito.

Questa possibilità ti apre nuovi orizzonti, distrugge la tua corazza ma per alleggerirti, ti fa mettere in discussione il “dovere”, l’autorità (o presunta tale), legittima la tua ritrovata sfrontatezza, l’impertinenza anche.

E piano piano inizi a sentire da solo che “puoi”, che tanto non succede nulla, anzi che ne puoi trarre solo giovamento. Inizi a scoprire un nuovo te che rivendica i propri diritti, i propri sentimenti, i propri bisogni e sì, perché no?, i propri difetti, il proprio diritto ad essere imperfetto, a volte stronzo, presuntuoso, egoista, pigro.

Ti addentri in questo territorio misterioso, rimasto inesplorato per una vita intera, e ti accorgi che c’è spazio anche per te, che hai diritto di esserci, che ci stai pure bene. E allora non solo “puoi”, ma adesso “vuoi”.

Perché adesso sei più forte e consapevole, hai strumenti in più per addentrarti in quel territorio, non ti fanno paura le belve che credevi avresti trovato e se anche arrivano ora sai come difenderti. Poi però ti accorgi che non c’è un gran che da combattere. La selva è una pianura, il buio lascia spazio alla luce, il rumore alla pace.

Ecco, la pace. Non dico la felicità ma la pace sì, cazzo. Dopo quarant’anni ne ho diritto anch’io.

Può stupire leggere di un uomo che non si sente libero. Nella nostra cultura siamo portati ad associare il maschile all’idea di libertà molto più che al femminile. Ed invece la sensazione di essere bloccati dentro ruoli e schemi rigidi è riportata spessissimo dagli uomini che ho incontrato in questi anni. Il tentativo di esplorare qualcosa di diverso viene repentinamente messo a tacere dal grande timore di apparire ridicoli e di evitare quella vergogna che ne deriverebbe inesorabilmente. E’ lungo il percorso che porta a mettersi a nudo e a mostrarsi autenticamente ad altri uomini. Ciò che permette ad un uomo di esplorare il proprio sentire è una sorta di fase di incubazione in cui i nuovi entrati hanno l’opportunità di osservare altri uomini, presenti da più tempo nel cerchio, mettersi al centro e chiedere aiuto al resto del gruppo. Incontrare uomini che stimano un altro uomo per la sua capacità di darsi e rivelare anche in superficie le proprie emozioni senza scadere nella derisione e nel cameratismo, è un’esperienza fondamentale per iniziare a divergere dal sentiero del machismo-e- dintorni e cominciare a fidarsi.

Consentire questo bisogno di osservazione, che è già una pratica che legittima la possibilità di ricevere nel rilassamento ( grande tabù maschile), costituisce un primo passo per sdoganare l’ansia da prestazione o l’obbligo di fare una bella figura con chissà quale performance per farsi accettare. Come in uno spogliatoio gli uomini con più esperienza nel gruppo si denudano e come allo stadio altri uomini fanno il tifo per loro ma diversamente da questi luoghi ci sono persone che sanno identificarsi ed empatizzare con le loro difficoltà e apprezzano il coraggio di esporre le proprie “mollezze “. Mi piace pensare che sia un sollievo per tutti loro, sapere di avere un posto dove non dover “mostrarsi sempre eretti”. Forse non è un caso che nell’ Antica Grecia gli eroi e gli dei venissero rappresentati con statue di uomini nudi con falli rilassati.

2 pensieri riguardo “Dare voce

  1. giusto, era ora! ma non ho capito se questo è un blog con discussione o un gruppo che ha uno spazio di incontro e confronto (ma non per vedere chi ce l’ha + lungo).
    abbasso il ganzismo!

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