L'asma un pianto inibito - Divenire Magazine

L’asma, un pianto inibito.

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Ricordatevi di respirare. Dopo tutto, è il segreto della vita.

 

Gregory Maguire

 

Nasciamo prendendo dal mondo l’aria per il nostro primo respiro e ce ne andiamo restituendola con l’ultimo. Nell’intervallo tra questi due eventi, continuiamo a scambiare aria ed energia con l’universo di cui facciamo parte.

L’aria è l’elemento in cui tutti siamo immersi, quasi facesse da invisibile continuum che ci tiene collegati: di fatto è ciò che noi tutti condividiamo. Come l’acqua per i pesci, l’aria è il nostro elemento, attraverso cui si propagano le parole, gli odori e anche le emozioni.

Quante volte, stando in una stanza con altre persone ci è capitato di pensare: “Qui tira una brutta aria”, oppure: “Mi sento soffocare” e di certo, in quei momenti, non stavamo pensando all’aria fisica, ma ad un clima emotivo in cui ci trovavamo immersi. È questo ciò che capita ad ogni respiro: quando inspiriamo, non portiamo dentro di noi solo l’aria, ma simbolicamente portiamo dentro di noi l’atmosfera di cui sono impregnate le nostre relazioni; l’aria entra nel nostro profondo e circola dentro di noi. Ad ogni espirazione, buttiamo fuori la parte aerea del nostro mondo interno, contribuendo con i nostri umori al clima generale.

Spesso mi sono trovata a chiedere ai miei pazienti: “Che clima c’era in casa?” e molte volte la risposta era: “Direi freddo..quasi fosse inverno” e quel freddo, ovviamente, non parlava di quanto misurato dal termostato, ma delle emozioni a cui non era permesso circolare.

Tra le somatizzazioni dell”apparato respiratorio, una delle più diffuse è l’asma. La medicina ne sa descrivere bene la patogenesi, ma non l’eziologia, cioè si sa quali possono essere i fattori scatenanti – come il freddo, lo stress, oppure ridere, piangere, cantare, ecc…- ma non si sa perché alcune persone ne siano colpite e altre no quando uno di questi fattori si presenta.

Durante un attacco asmatico, i bronchioli si restringono, quasi fino a chiudersi. La persona sente quindi una forte dispnea, cioè sente l’aria entrare dalla bocca o dal naso, ma è come se i polmoni non la ricevessero. Anche se la sensazione dell’asmatico è che l’aria non entri nei polmoni, in realtà quello che accade è che i bronchioli, stringendosi, non fanno uscire l’aria presente negli alveoli. Di conseguenza, se noi non lasciamo andare l’aria presente negli alveoli, ormai carica di anidride carbonica, non potremo riceverne di nuova, carica di ossigeno.

Ci si può chiedere perché qualcuno, simbolicamente, si “chiuda”, tenendo per sé un’aria ormai viziata, tossica, visto che per vivere è necessario questo continuo scambio con il mondo.

Dobbiamo pensare che lo scambio in una relazione è possibile solo quando c’è fiducia. Devo avere fiducia nel fatto che, se lascio andare quello che ho, riceverò qualcos’altro di buono; se, al contrario, non ho questa fiducia, preferisco non lasciare andare ciò che ho, per quanto doloroso o tossico sia.

Già i primi studiosi di psicosomatica avevano messo in relazione questa mancata fiducia con la paura dell’abbandono e con quella di perdere l’amore materno. Per Alexander1 l’attacco asmatico rappresenterebbe una reazione di pianto inibita causata dalla paura di questa perdita.

Durante il lavoro terapeutico con una paziente asmatica, lei mi raccontò che durante un attacco asmatico, le erano tornate in mente le parole che ci eravamo dette a proposito dell’asma.

Invito spesso i miei pazienti a diventare buoni osservatori di loro stessi chiedendosi a cosa stavano pensando, provando o facendo prima dell’inizio del malessere.

Mi disse che, mentre sentiva l’asma montare, si fermò ad interrogarsi su cosa le fosse accaduto poco prima. Quando recuperò quel ricordo, sentì affiorare una profonda tristezza che sfociò in un pianto a dirotto.

Si rese conto che, qualche minuto prima dell’attacco asmatico, stava ripensando alla comunicazione di una sua amica, che le aveva raccontato entusiasta di aspettare un bambino.

Questo le aveva evocato un forte senso di inadeguatezza e quanto non si fosse mai sentita legittimata a vivere il proprio desiderio di maternità, rimanendo così eterna figlia di sua madre.

Finito il pianto si accorse che l’asma le era passata. Sentiva di aver buttato fuori con quelle lacrime un forte dolore.

Respirava, il corpo era libero.

 

1. F. Alexander, Medicina Psicosomatica, Trad. it., Firenze 1951, Editrice Universitaria.