Guardare non è vedere - Divenire Magazine

Guardare non è vedere. Gli inganni ottici in amore.

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Le paure non nascono dal buio:
Sono piuttosto come le stelle, sempre presenti, ma oscurate dalla luce del giorno.

 

I.D. Yalom

 

Uno degli obiettivi del mio lavoro è scoprire gli “inganni ottici” di cui sono vittime le persone.

Ad esempio quando una persona è in crisi con un’altra è perché è successo qualcosa per cui l’illusione ottica si è rotta e l’idea che quella persona aveva dell’altro o di sé stessa non regge più l’impatto con la realtà.

“ Non ho idea di come abbia potuto sposare una persona del genere. Com’è possibile che abbia passato vent’anni con una persona la cui sola vista mi dà ribrezzo”, esplode disperata Elena, “se potessi lo cancellerei dalla faccia della terra. E invece dovrò farci i conti per tutta vita, dato che abbiamo due figli”.

Elena mi guarda come se volesse una magia da parte mia, come se si aspettasse che le dicessi che è solo un brutto sogno e che tutto ciò che sta vivendo non è reale.

“ci sono dei momenti, nella vita”, commento, “ in cui abbiamo la sensazione come di risvegliarci da un lungo sonno o addirittura dal coma. Non ho fortunatamente un’esperienza personale del coma, ma un paziente che l’ha vissuto mi ha raccontato che è dolorosissima: si torna a percepire il corpo e si è travolti da un senso di costrizione dolorosa dentro un corpo che fa impazzire”

“ Si, mi ritrovo in questa immagine, un dolore che fa impazzire ma anche tanta rabbia per non essermi

accorta prima che non c’entravo niente con quest’uomo”

“Un po’ come nelle favole, sembra che tu fossi vittima di un incantesimo che ti faceva vedere quell’uomo in

un modo diverso, un incantesimo durato quasi vent’anni”

“Si esatto, io prima non lo vedevo così, non mi faceva così orrore”

“ e come consideravi i suoi difetti caratteriali e fisici, che ora non sopporti più?”

“Giacomo è sempre stata una persona di poche parole. Però non soffrivo del fatto che mi dicesse poco di lui, anzi, ero felice perché era sempre disponibile ad ascoltarmi. Mi dicevo che lui non mi avrebbe mai lasciata e questo mi bastava. Non c’era mai l’occasione per litigare, con lui è impossibile perché è sempre molto accomodante e questo mi faceva sentire sicura di me stessa e amata. Diceva di si a tutte le mie proposte, si faceva sempre quello che decidevo io”

“Sono colpita dalla descrizione che fai di Giacomo”

“Perché?”

“ Perché non riesco ad immaginarmelo! Mi hai detto degli effetti che avevano su di te alcuni suoi atteggiamenti, ma non mi hai offerto una visione di lui, chi lui sia indipendentemente dagli effetti che ha su di te. Potrei dirti provocatoriamente: Giacomo esiste davvero?”

E’ molto dolente il momento in cui ci accorgiamo che non abbiamo conosciuto davvero la persona che amiamo. Questo fenomeno è frequentissimo, direi che è connaturato con l’atto dell’amare. Forse perché non sappiamo osservare ciò che abbiamo davanti. All’immagine della persona, l’amato, il figlio, il genitore, l’amico, appiccichiamo una serie di altre cose che hanno a che fare con i nostri bisogni e desideri. Ad esempio Elena ha confuso il suo bisogno infantile di rassicurazione con l’idea dell’amore.

Siamo noi gli artefici dell’incantesimo. Selezioniamo alcune informazioni, diamo attenzione ad aspetti parziali, a frasi dette, a gesti al fine di favorire il desiderio interiore che l’Altro sia come lo vogliamo.

Il desiderio che vedo tentare di soddisfare più frequentemente è quello di sentirsi al sicuro e di non essere abbandonati. In altre parole siamo più spinti dalla paura di restare soli che dalla volontà reale di dare amore.

E’ sempre sconvolgente il momento in cui spiego che l’amore adulto si realizza più nel dare che nel ricevere amore. E’ un’ottica che non ha quasi mai nessuno.

“Certo che esiste! Mi ha preparato la colazione anche stamattina. Il fatto che lui continui imperterrito a prendersi cura di me, nonostante tutto, mi fa impazzire”

“E’ quello che farebbe una mamma con sua figlia”

“ma le mamme non si scopano, dottoressa!”

“appunto!”