Lungo il tragitto verso la seduta a volte è capitato di desiderare con una certa intensità che accadesse un qualche imprevisto.
Tipo incappare in un posto di blocco, impiegare un sacco di tempo per ritrovare i documenti nel caos entropico dentro il cruscotto e scoprire che, sono sì in regola, ma che ormai no, non arriverò più in tempo alla seduta.
Oppure che qualche parente, prossimo ma non troppo, sia rimasto rinchiuso nel bagno di casa, che sia in preda alla claustrofobia, che i pompieri siano in sciopero e che io, proprio io, sia l’unica ad avere le sue chiavi di scorta.
Certe volte persino un piccolo tamponamento mi è parso auspicabile.
Poi, dopo aver scrutato bene il cielo ed essermi domandata ancora una volta perché un meteorite non caschi mai lì, in via Reich, 45,7° latitudine nord e 9,6° longitudine est, mi accorgo che sto suonando il citofono, che mi hanno già aperto, e che di nuovo non so se uscirò illesa dalla seduta.