Sacco pieno-sacco vuoto: tempo dei bambini e preoccupazioni dei genitori.

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Da alcuni anni svolgo il mio lavoro d’aiuto psicologico con i bambini, gli adolescenti e i loro genitori, e sempre più spesso mi trovo a constatare come i miei giovani pazienti abbiano un’agenda di impegni che nulla ha da invidiare a quella di importanti manager e professionisti. Vediamo così bambini che, dopo la fatica cognitiva della giornata scolastica, sono chiamati a svolgere almeno tre tipi di sport, una media di due hobbies ed attività ludico – ricreative, oltre che varie occasioni di socializzazione con i pari.

I bambini di oggi sono assorbiti da una quantità non indifferente di stimoli e sollecitazioni – soprattutto sensoriali -, a causa anche dei numerosi mezzi tecnologici con cui entrano in contatto e passano il tempo, con la conseguenza che risultano sovraeccitati, e per loro più faticoso è imparare a modulare le proprie emozioni, gestire e sfruttare efficacemente le proprie risorse cognitive e tollerare le frustrazioni. Ancora mi sorprende e mi fa sorridere il racconto di una collega che, partecipando alla festa di compleanno di un nipotino, è stata spettatrice del gesto di una bambina che, scendendo autonomamente dal passeggino, si è tolta e le ha consegnato il proprio cuccio e si è unita alle danze al ritmo assordante della musica che suonava in sottofondo.

Sono infatti in costante aumento i casi di bambini che manifestano disturbi del comportamento e dell’attenzione, oltre che con tratti di impulsività ed iperattività, e, prognosticamente, nell’adolescenza e nell’età adulta, con tratti di personalità dipendente, se non addirittura francamente tossicomanica. Non a caso, soprattutto in adolescenza, si assiste quasi ad una sorta di epidemia di dipendenza da internet e da altri strumenti tecnologici. Allo stesso modo, un uso eccessivo di smartphone e tablet, fin dai primi anni dell’infanzia, oltre che impoverire le capacità relazionali ed empatiche dei bambini, sembra stia comportando per loro una maggiore difficoltà nell’acquisizione, ad esempio, del meccanismo della scrittura: abituati a touch-screen e correttori automatici i bambini di oggi, nativi digitali, scrivono in modo più stentato e commettono un maggior numero di errori ortografici rispetto ai cuccioli d’uomo di alcune generazioni fa.

Dietro al bisogno di mamma e papà di offrire numerosi stimoli ai propri figli si cela la loro paura di non essere sufficientemente buoni, di non essere adeguati, che in termini relazionali rimanda alla più profonda angoscia del vuoto. Conseguenza di ciò è che i bambini, abituati ad un sacco sempre pieno, non sono più capaci di tollerare i sacchi vuoti, intesi come momenti di vuoto e di noia sani, in quanto utili ad imparare a fare i conti con le frustrazioni – inevitabili per qualunque essere umano – e soprattutto per stimolare la creatività. Il vuoto e la noia infatti, se ben dosati e non come modalità pervasiva di vivere e sentire, fungono come una sorta di vaccino, che porta il bambino a crearsi dei propri anticorpi, consistenti nella capacità di creare delle alternative, autonome e genuine, facendo leva sul desiderio e di conseguenza sulla creatività che da questo ha origine. Pensiamo a come trascorrevano il tempo i nostri genitori e i nostri nonni quando avevano l’età dei nostri bambini: privi di tablet, wii e play-station, si ingegnavano con materiali naturali e di recupero, creando ed inventando oggetti; un insieme di stracci si tramutava così in un pallone, un vecchio fazzoletto diventava una bambola, del tutto normale era poi prendere un gessetto e tracciare sulla strada le linee di un campo da calcio o del gioco della campana. Tutto ciò era linfa vitale per lo sviluppo del pensiero simbolico e creativo, oltre che delle competenze relazionali e sociali, dell’autostima e del senso di autoefficacia personale e di fiducia nelle proprie capacità di creare e ricreare il mondo e la realtà.

Dagli anni ‘70 del ‘900 in poi credo che si sia assistito, da parte della nostra cultura, ad un indebolimento progressivo della capacità di tollerare le frustrazioni, dalle quali siamo estremamente spaventati, e che sentiamo il bisogno di rifuggire come fossero la peste, sia per noi stessi e ancora di più per i nostri bambini, con la conseguenza che temiamo che se i nostri piccoli si scontrano, anche solo occasionalmente, con la noia e con il vuoto, una calamità terribile possa colpirci e causare danni irreparabili.

In realtà, non sarebbe poi così male, ogni tanto, proporre ai nostri bambini il gioco del sacco pieno-sacco vuoto, inteso, oltre che come gioco in cui, seguendo i comandi dell’adulto, occorre alternare la posizione in piedi a quella accovacciata, anche come possibilità di sperimentare la fatica di tollerare le frustrazioni e di trovare autonomamente, anche se sempre in modo proporzionale e consono ai loro strumenti e competenze di sviluppo, soluzioni creative ed originali, senza il bisogno di dipendere ed aggrapparsi ad oggetti e strumenti pronti e preconfezionati, nella logica del tutto e subito.