sentirsi un bluff

Alla fine della storia. ll rito del congedo.

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È proprio quando si crede che sia tutto finito che tutto comincia.

 

D.Pennac, “Il giro del cielo”

Lucia mi sorride e io scorgo una piccola borsa di tessuto tra le sue mani, pregusto il piacere di ricevere un dono prezioso: il suo libro è finalmente pronto, me lo consegna sorridendo:

Non ci credevo, ma l’aver passato due giorni a rileggere la mia autobiografia e a riempirla con le immagini che avevo scelto è stato il finale stupendo di questo percorso.

– Le immagini sono apparse subito nella tua storia e si meritavano cura e attenzione come le parole e poi volevo che ti concedessi del tempo per stare con la tua storia e acquisire la consapevolezza della tua bella impresa

Sì, sono soddisfatta per essermi concessa anche questo tempo, per quella sensazione di euforia che ho provato, per i sorrisi e per le lacrime che le fotografie mi hanno procurato. Avevi ragione son quella o una parte fondamentale del testo.

Non vedo l’ora di sfogliare l’ultima versione della sua autobiografia, di soffermarmi sul libro che ha appena terminato, di vagabondare tra le parole e le immagini per ricostruire le tracce del percorso che stiamo concludendo e scriverne.

Quando torno a casa, trovo tra le sue pagine delle novità: ci sono molte più fotografie di quelle che mi aveva mostrato e nuove pagine scritte.

Ora tocca a me: comincio a scrivere la lettera di restituzione che rappresenta la tappa finale del tragitto autobiografico. Prima seguo le impressioni e le sensazioni, poi rintraccio gli elementi costituitivi del lavoro di scrittura: i temi trattati, lo spazio dedicato alle diverse stagioni della vita e i criteri compositivi. Mi soffermo sulla domanda iniziale, quella che Lucia ha portato e che ci ha permesso di iniziare il percorso di accompagnamento autobiografico, per verificare se ha ricevuto delle risposte e per proporle tracce per nuovi percorsi di scrittura.

Ritrovo ricordi e sensazioni personali legati al mio percorso autobiografico. La relazione autobiografica crea continue circolarità di pensiero e di emozioni e i suoi ricordi si agganciano ai miei, generando una sorta di trama invisibile: condividiamo un legame speciale, profondamente e intimamente umano.

La scrittura, ancora una volta, mi sorprende perché sa incarnarsi e mi restituisce un corpo, con le sue percezioni, le sensazioni e le emozioni. Faccio un lavoro bellissimo e ogni volta che un nuovo testo autobiografico vede la luce, mi sento come una specie di ostetrica delle storie. Mi incanto di fronte a quel continuo, umano, desiderio di raccontare storie, lo condivido ogni volta che mi viene voglia di prendere in mano la penna per cercare un senso e un nuovo punto di vista.

E arriva il giorno dell’ultimo incontro, quello del congedo. Lo preparo con cura, rileggo la lettera, la ricopio su una bella carta da lettera, ne stampo una copia e mi preparo a leggerla ad alta voce alla mia narratrice.

Sono emozionata e commossa non so se riuscirò a trattenere le lacrime – mi dice Lucia non appena si siede di fronte a me

– Lo sono anch’ io e possiamo lasciare spazio alle emozioni: il rito del congedo è importante. Se è vero che sancisce la fine di un percorso, offre anche lo spazio a nuove possibilità, sia per me che per te, perché la scrittura nutre un desiderio di futuro e di altra vita.

Ci guardiamo a lungo e restiamo per tutto il tempo necessario in quel silenzio sospeso, carico di parole e di emozioni. Poi faccio un respiro profondo e comincio a leggere: Cara Lucia…