Arianna è una donna combattiva, passionale, e lo sa bene il marito, o meglio l’ex marito, Daniele, dal quale si è separata dopo 8 anni di matrimonio. La fine del loro rapporto è stata burrascosa e molto sofferta: Arianna ha scoperto che il marito la tradiva, da 2 anni, con una collega di lavoro. Il dolore è stato tanto ma non ha avuto dubbi: una cosa del genere non l’avrebbe mai perdonata e non le sarebbe stato possibile continuare la storia con lui, come se niente fosse accaduto. Dopo liti furibonde, alle quali, mi racconta, purtroppo a volte ha anche assistito la figlia di 8 anni, Martina, ora lei e Daniele si sentono solo per “informazioni di servizio”, come le chiama lei, ovvero per questioni legate alla gestione e all’educazione della figlia. Ma qui sorge un problema: Martina da qualche tempo non vuole più vedere il padre, è arrabbiata con lui, e Arianna – che da una parte sembra compiaciuta di avere la figlia “dalla sua parte” – dall’altra si dice contrariata dalla cosa, anche perché il rifiuto di Martina di relazionarsi con l’altro genitore le crea non poche discussioni con l’ex marito. Arianna mi chiede come poter gestire questo comportamento, a suo dire “capriccioso”, della bambina, che oltretutto è diventata scontrosa e chiusa anche con lei.
“Immagini di essere su un aereo” ribatto io . “Ad un certo punto sente provenire dalla cabina di pilotaggio delle urla e degli improperi: ne deduce che pilota e copilota stiano avendo una discussione accesa. Immagino che comincerebbe a preoccuparsi, a dir poco”.
“Beh…certo…” risponde Arianna.
“Come si sentirebbe se, di lì a poco, uno dei due uscisse furibondo dalla cabina di pilotaggio e cominciasse a inveire contro l’altro cercando la solidarietà dei passeggeri?”
Arianna: “Credo che sarei sgomenta, impaurita, e farei di tutto per non alimentare ulteriormente la rabbia del personaggio infuriato, ne andrebbe della mia vita e di quella di tutti gli altri…”. Arianna ha un improvviso insight, un’illuminazione: “Ho capito cosa vuole dirmi, dottoressa…sto mettendo Martina in una condizione analoga a quella della metafora…”
“Proprio così: consideri poi che Martina ha 8 anni, e non ha gli strumenti che può avere un adulto per spiegarsi ciò che succede e gestire il turbinio di emozioni che prova. Percependo una situazione di estremo pericolo – pericolo emotivo, s’intende – non ha trovato altra soluzione che schierarsi con il copilota a cui è affidata. Al costo di una profonda angoscia, di sensi di colpa, di rabbia. E deve tenersi tutto dentro: dare espressione alle sue emozioni sa che non farebbe che alimentare i conflitti già esistenti. Ma non può fare a meno di provare sentimenti contrastanti sia verso suo padre sia verso di lei.”
Esporre i figli ai conflitti coniugali, cercare l’alleanza o la complicità del bambino contro l’altro genitore, o addirittura istigarlo contro l’altro, usarlo come arbitro o spia (o anche messaggero) contro l’ex coniuge sono comportamenti estremamente deleteri per il figlio. Ciò che è più doloroso e potenzialmente patologico per il bambino di genitori che stanno divorziando, infatti, non è tanto la loro separazione, ma l’essere coinvolto e “usato” nei loro conflitti.
“Mi rendo conto solo ora di aver messo Martina in grosse difficoltà, forse le ho chiesto troppo…”.
“Proprio così: la sua rabbia e le sue sofferenze verso Daniele possiamo elaborarle qui, nel lavoro di terapia, ma deve fare di tutto per non trasmetterle a Martina: sarebbe come inveire contro il pilota rimasto in cabina. Genererebbe solo angoscia e terrore, e non è questo che lei realmente vuole. Può cominciare a recuperare una posizione più neutra verso Daniele quando parla di lui e con lui, e cercare di preservare la figura del padre agli occhi di sua figlia, invece che demolirla. Martina avrà tempo per farsi una sua idea su come siano andate le cose, ma adesso, che ha 8 anni, non può fare a meno della figura del suo papà, con i suoi pregi e difetti”.