Raccontarsi: una storia di anoressia. La testimonianza di Emma.

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E non avevo fame. Allora capii
che la fame è un istinto di chi guarda le vetrine dal di fuori.
L’entrare la disperde. 
Emily Dickinson

Durante un incontro individuale di scrittura, mentre lavoravamo sulle memorie sensoriali, Emma si è bloccata. Mi ha detto che non aveva alcun ricordo rispetto al gusto. Ho avvertito di essere di fronte ad un suo segreto: Emma aveva incontrato un nodo narrativo. Ho ribadito che la scrittura e la scelta di cosa raccontare dipendeva soltanto da lei: era libera ma l’ho anche sostenuta, invitandola a prendersi del tempo e a provare a scrivere intorno a quel punto critico.

Questa è la sua testimonianza. Insieme abbiamo deciso di condividerla in forma anonima, togliendo dal testo tutti i riferimenti che potessero permettere un riconoscimento. Confidiamo che questa scrittura possa aiutare qualcuno alle prese con lo stesso problema affinché si senta meno solo e trovi il coraggio di chiedere aiuto.

Ricordavo molto bene quella domenica di metà ottobre, ma non riuscivo a rammentare l’anno: ora so che era il 1980.

Pur avendo buona memoria, per molto tempo dopo i fatti che ora scriverò non sono riuscita a ricordare QUANDO fossero successi… La mia memoria li aveva ‘cancellati’.

Ma cominciamo dall’inizio: era l’anniversario di matrimonio dei miei genitori. Avevano deciso di festeggiarlo nel ristorante dello zio, a Cassino. Oltre a noi, vi sarebbero stati anche gli zii, Duccio e Ginevra; e la sorella di lei, con marito e figlie (quest’ultimo particolare, visti i rapporti che intercorrevano da sempre con le nostre ‘cugine’, ci era stato tenuto nascosto da mia mamma).

Io, quel giorno, non mi sentivo bene.

Chiesi di restare a casa.

Fui obbligata ad andarci lo stesso.

In me scattò allora la convinzione di essere malata.

Che non riuscivo a digerire.

Che non potevo più mangiare.

Da 45 chili circa, passai a pesarne solo 33.

Fui ricoverata in Ospedale.

Non mi rendevo conto di rischiare la vita.

Ebbi anche una grossa crisi, con un mal di testa fortissimo, che superai.

Fui presa in carico da una delle prime équipe mediche, con una dottoressa giovane.

Fece in modo che fossi dimessa, come desideravo.

Uscendo dall’Ospedale, rischiavo di svenire ad ogni passo, tanto ero debole.

La prima settimana a casa, continuai a bere solo brodo.

Al controllo, la ‘mia’ dottoressa mi disse che così non andava bene…

Allora, una volta in tinello, a casa mia, misi in bocca un cucchiaio di risotto della mamma.

Siccome “non era passato molto tempo”, il mio stomaco non era compromesso e io lo digerii.

Ripresi a mangiare,

recuperai peso,

festeggiai il mio compleanno (in febbraio) da… guarita.

Ma il tempo era passato… Soltanto ora, riscrivendone, mi sono ricordata che i fatti NON si svolsero soltanto da ottobre 1980 a febbraio 1981…

In mezzo ci fu anche un’estate: ho ricordato le due camicette premaman con cui trascorsi i mesi estivi, nel tentavo di ‘nascondere’ la mia eccessiva magrezza. Erano in lino: una bianca e una rossa con piccoli disegni, comprate a Bergamo da Coin.

Io dunque guarii nel febbraio 1982. Ora me ne rendo conto.

Questo scritto è dunque doppiamente importante per me, in questo momento.

Anche se la mia mente ancora non ricorda tutti i particolari, il mio corpo rammenta quel tempo …’mortale’ e certi particolari aiutano a ricostruire il tutto.

Chi mi aiutò?

*IO, in primis: mi resi conto che era un circolo vizioso, quello in cui ero caduta. Che dovevo farmi aiutare. Mi fidai di quello che mi dissero i medici e sostituii, alla mia convinzione, le loro prove scientifiche: NON ero malata!

*A.: mi è stato vicino, anche se – in un primo tempo – aveva detto “che con me non si divertiva più” e aveva pensato, probabilmente, di lasciarmi. Era il mio fidanzato; ora è mio marito.

*IL DIRETTORE DELLA FARMACIA DELL’OSPEDALE: ci andavo a parlare, mandata dallo zio Duccio, medico nello stesso Ospedale. Uomo eccezionale. Avrò sempre per lui grande ammirazione e gratitudine.

*LE MIE ZIE e LE MIE SORELLE: quante volte son venute in Ospedale? Quanto preoccupate erano?

*MIO PAPA’: mi disse chiaramente se, se non la smettevo, morivo! Ne presi atto e capii la mia condizione dalle sue parole, dal tono di voce.

Credo di aver detto tutto al riguardo: non è molto, ma mi è costato fatica ricostruirlo e scrivere qui.

Ho cercato di aiutare altre ragazze in quella mia condizione, sia quand’ero ragazza, che con un’amica di mio figlio.

Continuo a temere i cali di peso e, anche se ora ho bisogno di fare diete, NON dimagrisco mai più di tanto. La magrezza è una condizione di pericolo, per me, come un allarme rosso.

Credo di aver detto tutto al riguardo: non è molto, ma mi è costato fatica ricostruirlo e scrivere qui.