Educare al corpo e agli affetti: curiosità dei bambini e dilemmi dei genitori
L’infanzia è – quasi per definizione – l’epoca della curiosità, in cui la vita ed il mondo sono oggetti nuovi da scoprire: è proprio tale desiderio di conoscenza il motore emotivo che guida la crescita dei nostri piccoli e garantisce loro la possibilità di progredire nel cammino della vita e dell’apprendimento.
Il bambino è dunque il curioso per eccellenza, e dirige tale suo sentimento anche verso il corpo ed il corpo sessuato, ponendo domande che – non di rado – suscitano imbarazzo e dubbi negli adulti che se le sentono porre. Non molto tempo fa una mamma mi raccontava, con ironia per nulla priva di vergogna, di alcune domande che il figlio di otto anni le aveva posto sul come lui e la sorellina fossero stati generati, e di come lei, guidata dall’imbarazzo e dal timore di sbagliare risposta, avesse di fatto tagliato corto sull’argomento.
Emozioni simili a quelle della madre di questa aneddoto le sperimentiamo come adulti anche quando ci troviamo di fronte alla masturbazione dei bambini o a loro giochi che hanno come contenuto la sessualità, ed un dilemma fisiologico che spesso ci assale è come accogliere e soddisfare le lecite curiosità dei nostri piccoli, senza tuttavia perdere di vista la necessità di guidare tale loro curiosità in modo che non diventi confusiva libertà foriera poi di atteggiamenti dannosi. Sappiamo ormai bene che non dare ascolto e reprimere moralisticamente le domande ed i comportamenti dei bambini sulla sessualità può suscitare in loro gravi sentimenti di colpa e vergogna in relazione al proprio corpo, danneggiando così lo sviluppo della loro personalità ed invalidando anche la loro vita sessuale una volta che saranno diventati adulti; ma come guidarla allora questa curiosità in modo che incontri chiarezza e non angosciante confusione?
Pensiamo al caso di un bambino che, curioso di sapere come sia fatto il corpo del padre o della madre, chieda di poterlo vedere nudo: accogliere e soddisfare totalmente una simile richiesta potrebbe provocare nel bambino dei conflitti emotivi carichi di colpa e vergogna simili a quelli che suscita un atteggiamento di natura opposta ed eccessivamente rigido. Per affrontare il tema della sessualità con i bambini, rispondendo alle loro domande e accogliendo i loro comportamenti esplorativi trovando il giusto bilanciamento tra contenimento e accoglienza, il criterio che per primo ci deve orientare è quello dell’età. Un comportamento o una domanda tipici e fisiologici per una fase di sviluppo, non sono tali anche in un’epoca differente della vita di un bambino. Pensiamo, ad esempio, ad un bimbo di tre anni che, iniziata la scuola dell’infanzia, osserva con curiosità il modo in cui fanno pipì le sue coetanee femmine: possiamo stare tranquilli, in quanto a tre anni i bambini hanno bisogno di concretezza, e dunque di vedere con gli occhi, ed un simile comportamento è espressione dell’interesse naturale del bambino per le differenze anatomiche e fisiologiche tra maschi e femmine, ed assecondare tale curiosità altro effetto non avrà che soddisfarla, ed il nostro bambino, dopo poco interromperà tale comportamento, fino ad arrivare, dopo i sei anni, a considerare tale materia con scherzosità ma con diminuito interesse per l’osservazione diretta.
Se questo slancio osservativo viene però manifestato da un bambino di otto o nove anni, allora la prospettiva cambia, e dobbiamo indirizzare il nostro pensiero di adulti ad una comprensione più profonda, in quanto molto probabilmente nostro figlio, il nostro nipotino o scolaro, sta esprimendo un disagio emotivo. A otto anni osservare non risponde direttamente ad una curiosità, ma più probabilmente ad una strategia disfunzionale di gestione dell’ansia e della paura, se non addirittura ad un funzionamento post-traumatico. Un discorso analogo vale per la masturbazione: nei bambini di due o tre anni la manipolazione dei propri genitali è un comportamento del tutto casuale che altro scopo non ha se non l’acquisizione di conoscenza e di consapevolezza circa il proprio sé corporeo in relazione agli aspetti sessuati e di differenza di genere. Superata questa fase ci attendiamo che il bambino, affinando le proprie capacità sociali, comprenda che il toccare i propri genitali è un gesto privato, nonché perché riprovevole o vergognoso, ma perché intimo e dunque da svolgere in solitudine, lontano dallo sguardo indiscreto degli altri. In un bambino che già frequenta la scuola primaria la masturbazione non ha lo stesso significato di esplorazione occasionale che ha nei primi anni di vita: se un ragazzino di otto anno stimola i propri organi in modo compulsivo e senza curarsi della presenza di altri allora dobbiamo ipotizzare che stia cercando di attirare l’attenzione, e di esprimere e gestire ansie e paure che necessitano l’intervento di uno specialista della salute mentale in età evolutiva.
Quando un bambino ci pone delle domande sulla sessualità e sul corpo sessuato, il che avviene in genere non prima della scuola primaria, l’atteggiamento migliore è quello di accogliere tale richiesta, affrontando l’argomento con le parole e le spiegazioni, ed aiutandolo ad esprimere nel modo più chiaro e libero possibile la sua domanda, alla quale però occorre non rispondere con stimoli troppo concreti e diretti, soprattutto mai di natura visiva. In questo modo il nostro bambino si sentirà sicuramente accolto ed ascoltato, comprendendo che la sua curiosità è sana e non da reprimere, ma allo stesso tempo non verrà travolto da una conoscenza troppo libera e precoce che altro effetto non avrebbe se non quello di travolgerlo, lasciandolo il balia di confusione e angoscia. In questo modo garantiamo ai nostri bambini una corretta e sana educazione sessuale, caratterizzata dal giusto equilibrio tra espressione e contenimento, tra libertà e protezione, equilibrio necessario ad ogni comportamento umano.