funzione_depurativa_fegato

Valutare e scegliere. Le ricadute sul nostro fegato.

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“Cuore e cervello potrebbero anche trovare un accordo,

ma chi glielo spiega poi al fegato?”

(Anonimo)

Il mito racconta che Prometeo inganna Zeus, a favore degli uomini, facendo in modo che questi, durante un solenne sacrificio, scelga per sé la parte peggiore, le ossa di un bue, riservando la parte migliore agli uomini. Per questo Zeus viene preso da un grande rancore verso Prometeo e i mortali e per punirli decide di non inviare più loro il fuoco. Allora Prometeo lo ruba dal cielo, favorendo così lo sviluppo della civiltà e Zeus, per punirlo, lo fa incatenare a una roccia dove giorno dopo giorno un’aquila (la coscienza) gli divora il fegato che ricresce ogni volta. Prometeo viene infine liberato da Ercole, metà uomo e metà dio. Questo rappresenta la raggiunta consapevolezza da parte dell’uomo delle proprie potenzialità evolutive.

Nel mito di Prometeo vediamo le immagini figurative che agiscono attraverso il tema del fegato. Perché proprio questo organo? L’allusione mitologica fa riferimento a ciò che fa il fegato sul piano della filogenesi, ovvero ruba il fuoco alla vita e permette che questo fuoco, contenuto negli alimenti, diventi coscienza in modo da potere permettere alla psiche di crescere.

Il fegato può essere considerato un laboratorio, una sorta di centrale chimica: la sua funzione è quella di controllare l’equilibrio metabolico dell’organismo, l’insieme cioè delle reazioni fondamentali per il mantenimento della vita. Una funzione estremamente importante è rappresentata dalla sua capacità di modificare ed eliminare le sostanze estranee dannose per l’organismo, come i farmaci o i veleni. Inoltre è il principale produttore delle proteine del sangue, come l’albumina e i fattori della coagulazione. Il fegato è il fulcro del metabolismo degli aminoacidi, che sono i mattoni con cui l’organismo fabbrica le proteine, partecipa al controllo degli zuccheri provvedendo a seconda delle necessità a raccoglierli sotto forma di glicogeno o a renderli immediatamente disponibili. Il fegato è inoltre coinvolto nel metabolismo dei grassi.

Le funzioni del fegato riguardano quindi la produzione e l’immagazzinamento di energia, la disintossicazione, la creazione di proteine umane utilizzando quelle animali o vegetali, e quindi la trasformazione dell’energia. Il fegato si ammala a causa degli eccessi, di cibo, di alcool, di grassi, di spezie, il fegato malato indica innanzi tutto uno squilibrio fra ciò che entra e la capacità di elaborarlo produttivamente.

Il fegato produce energia, ciò che entra nell’organismo viene portato al fegato e trasformato in energia. Dal punto di vista simbolico questo è la rappresentazione della comprensione, della saggezza, della forza interiore che sa elaborare ogni conflitto e utilizzarlo consapevolmente ai fini dell’evoluzione e della crescita.

Una disfunzione del fegato ben ci orienta ad una mancanza di responsabilità nell’accettazione e realizzazione della propria natura che deve elevarsi dalla vita puramente vegetativa o istintuale per attingere le vette della coscienza e dello spirito.

Il malato di fegato è svogliato, dimagrisce, ha nausea, deve continuamente rinunciare a questa o a quella cosa perché in realtà sta rinunciando a se stesso.

I veleni del corpo o quelli estranei vengono resi inattivi nel fegato e trasformati in sostanze solubili nell’acqua per essere eliminate attraverso la bile o i reni.

Ecco rappresentata ancora una volta la capacità di discernere con chiarezza tra bene e male, di individuare le sostanze nocive da quelle utili, di selezionare con lucidità e precisione le situazioni produttive da quelle distruttive.

Sul piano simbolico il fegato ci insegna ad esprimere la propria aggressività e ad espellere dalla nostra vita tutto ciò che le arreca danno.

Se non sono in grado di fare ciò, inevitabilmente verrò posseduto da un senso di impotenza e frustrazione, coverò dentro di me il desiderio di vendetta e di rivalsa.

La rabbia trattenuta, il rancore, sblocchi improvvisi di ira e aggressività estrema hanno a che fare con il cattivo funzionamento del fegato. Si dice spesso “mi rode il fegato ” oppure “mi sono fatto un fegato marcio”, “verde dall’invidia”, “livido per la rabbia” e così via.

Chiozza, psicoanalista,  spiega che l’invidia serve a sminuzzare da fuori ciò che si teme di incorporare dentro.  Bisogna frammentare l’oggetto invidiato, affinché queste parti persecutorie diventino accessibili a un’esperienza interna tollerabile e le parti riparative buone d’amore permettano di tenere a bada le parti persecutorie.

Analogamente ciò che fa il fegato all’interno del corpo dell’uomo dove lavora sostanzialmente sul sangue e i derivati, a livello psichico lo fa la mente dell’uomo producendo, sintetizzando forme di cultura, Noi assorbiamo sistemi di valori, li trasformiamo, creiamo l’arte, la religione, i prodotti trans-culturali.

È indicativo per il fegato non solo l’aspetto depurativo ma anche quello creativo; questo è fondamentale perché non soltanto ci libera dalle scorie, ma soprattutto crea, è infatti un vero e proprio creatore che permette al corpo umano di sopravvivere.

Il fegato che funziona male mette in moto non soltanto una serie di disagi fisici che i medici ben conoscono, ma anche di fatiche psichiche. Sembra dunque quasi che l’analogo psichico sia l’incapacità dell’individuo di progettare, in senso amplificativo, le proprie capacità di progetto, di esperienze di amplificazione della coscienza.

Quando incontro Ilaria, paziente con una significativa somatizzazione a carico del fegato, la trovo una persona concentrata costantemente sulle esigenze della propria malattia, che fa poco movimento, non ha valore prospettico sulle relazioni, l’unica relazione è giocata sull’elemento alcolico o sulla famiglia ma senza un reale investimento, in cui c’è una caduta dell’identità adulta lasciando il posto ad un’identità bambina. Nel corso dei colloqui emerge un’aggressività che si esplica sotto forma della dipendenza. Perché col suo comportamento impone alle altre persone di adattare la loro vita standole vicino, preoccupandosi di lei, accompagnandola dal medico…ecc. Ilaria non riesce dunque a liberarsi dalla dipendenza in chiave sana e non ha un’aggressività sana di tipo assertivo che porta a vincere positivamente la dipendenza, dunque si ammala, si passivizza, perde la potenza sessuale e quindi creativa e diventa un ombra della potenza, cioè quella della malata che fa girare gli altri attorno a sé non grazie alle proprie qualità ma grazie ai propri disturbi.

Il lavoro sulla ripresa della sua spinta vitale, energetica e creativa, è passato dall’aiuto a discernerne il bene e il male, il giusto e lo sbagliato sul piano psichico, affinché il suo fegato pian piano si alleggerisse delle fatiche a lui richieste.