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Gli occhi, specchio dell’anima

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Gli occhi rappresentano quell’organo di senso attraverso cui il bambino, tramite la relazione con gli occhi della madre, costruisce le basi della sua futura identità. Questo meccanismo di rispecchiamento del Sé del bambino in quello della madre viene ben spiegato dal noto psicoanalista Winnicott che lo definisce come la capacità della madre di accogliere l’emotività che il bambino gli trasmette attraverso la sua espressione facciale, sintonizzandosi con essa, integrandola con la rappresentazione mentale che lei ha del bambino, in modo tale da poterla restituire al bambino elaborata, attraverso l’espressione del suo volto e dei suoi sguardi.

Le conseguenze psicologiche di un mancato rispecchiamento della madre si verificano in seguito ad una lunga esperienza in cui il bambino si è sentito “non visto” o non ha visto restituirsi quanto dato. Questo mancato rispecchiamento ripetuto nel tempo è alla base della costruzione di un Falso Sè nel bambino, basato su un senso di non esistenza e inutilità che si esprimerà poi nell’adulto come uno sguardo inespressivo e privo di emozioni.

In analisi bioenergetica il blocco energetico a livello oculare rappresenta uno dei più primitivi, proprio perché si struttura dai primi sguardi tra madre e bambino. Gli occhi rappresentano la capacità di essere presenti nella realtà, di essere in contatto con il mondo e con le proprie emozioni. In bioenergetica esiste una stretta relazione tra il grounding (sentire il proprio contatto dei piedi con la terra e sapere chi siamo) e il blocco a livello oculare. Spesso, lavorando sul contatto dei piedi a terra è possibile lavorare su questo blocco.

Nel lavoro con i pazienti la prima cosa che generalmente mi colpisce è il loro sguardo nel momento in cui esprimono la loro richiesta di aiuto. La qualità dello sguardo mi comunica il loro livello energetico, il loro modo di essere in contatto con sé stessi e con il mondo. Talvolta mi capita di percepire uno sguardo vuoto, perso, distante, altre volte uno sguardo bisognoso, altre volte ancora uno guardo controllante.

Attraverso il lavoro bioenergetico noto che la qualità dello sguardo del paziente cambia nel corso delle sedute e così anche il suo modo di porsi in relazione con sé stesso e con gli altri.

In psicoterapia il lavoro di rispecchiamento degli occhi del paziente in quelli del terapeuta è un processo fondamentale dove il terapeuta, attraverso il suo sguardo, accoglie l’emotività del paziente, la integra dentro di Sé e gliela restituisce elaborata attraverso il suo sguardo.

Questo dialogo costante può aiutare il paziente a ritrovare, attraverso gli occhi del terapeuta, quel senso di radicamento profondo di poter stare, di poter essere nella realtà, rimanendo al contempo in contatto con le proprie emozioni.

Se penso agli occhi mi viene in mente una mia paziente di nome Rita, 55 anni, con una madre poco accudente affettivamente che non si è mai presa cura della figlia e con una storia di abusi. Rita è incapace di trovare un suo spazio nel mondo e di instaurare relazione affettive. I suoi occhi sono spaventati, ha paura di entrare in contatto con la vita e con la possibilità di vivere delle emozioni.  Vive una vita monotona, priva di senso, dove il suo unico nutrimento affettivo è rappresentato dalle sue abbuffate di cibo.

Ogni volta che Rita prova un’emozione tende a dissociarsi, i suoi occhi è come se esprimessero questo suo allontanarsi da quello che sente, come se fossero altrove, lontano.

Nel corso della terapia aiuto Rita a sviluppare un maggiore senso di grounding, affinché possa stare con le emozioni che gradualmente emergono. Contemporaneamente, come in un gioco di sguardi, l’aiuto rispecchiando le sue emozioni e gradualmente il suo sguardo diventa più presente a stessa e più vivo.

Penso anche a Maria una paziente di 50 anni che ha sempre dovuto occuparsi di una madre con gravi problemi psichiatrici e che non ha mai potuto trovare un rispecchiamento materno. Maria, molto intelligente razionalmente, presenta un grosso blocco a livello oculare dove i suoi occhi esprimono un distacco emotivo quando racconta i terribili eventi della sua vita. Nel corso della terapia aiuto Maria ad entrare maggiormente in contatto con sé stessa e con le sue emozioni attraverso un lavoro di scioglimento delle sue tensioni oculari. Appaiono così gradualmente immagini e ricordi rimossi che Maria inizia a integrare dentro di sé.

Penso poi anche a Luca un paziente dipendente affettivamente nelle relazioni, con un grosso bisogno di conferme di essere amato, ma al tempo stesso una scarsa fiducia nelle relazioni. Gli occhi di Luca esprimono un bisogno di amore incondizionato che ricerca attraverso i suoi sguardi e la sua ricerca spasmodica di affetto attraverso l’idealizzazione e la svalutazione delle figure femminili.  Il lavoro bioenergetico con Luca gli permette di entrare maggiormente in contatto con le sue emozioni profonde e di come questi occhi bisognosi celino in realtà un profondo senso di rabbia nei confronti di una madre assente.

In questo senso a livello bioenergetico la qualità dello sguardo, la sua energia, esprime quanto il paziente è in contatto con le proprie emozioni ed è in grado di esprimersi nel mondo e compito del lavoro psicoterapeutico è aiutarlo a rendersi più consapevole del proprio modo di guardare se stesso e la realtà.

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