Tra reale e onirico
Fin dalla notte dei tempi gli uomini hanno mostrato profondo interesse nei confronti dei sogni. Sempiterni hanno attraversato le epoche, dall’arte divinatoria a Freud, ricoprendo un ruolo importante: aprire lo sguardo verso qualcosa che altrimenti sarebbe faticosamente accessibile, che sia il futuro o l’inconscio.
Trovare una chiave di lettura univoca della famosa frase scritta da William Shakespeare: «Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo di un sogno è raccolta la nostra breve vita» è impresa ardita, ma indubbiamente possiamo dire che raccoglie, in poche parole, molto della funzione che i sogni esercitano. Il sogno è un’attività mentale che, a parità delle altre che si svolgono durante le ore diurne, gode di una sua validità e regolamentazione. Si tratta di un fenomeno psichico governato dalle leggi dell’affettività che presenta una strutturazione unica, libera dai principi della logica e della realtà, ma strettamente interconnessa con gli altri piani della nostra vita conscia, preconscia e inconscia.
Nella loro essenza racchiudono i pensieri, i vissuti, i desideri, passato e presente di chi li sogna, rappresentando quindi un’esperienza mentale di proprietà del soggetto e in relazione con la realtà in cui vive e ha vissuto. Pensare che possa esistere un codice che ci indichi come interpretare in maniera univoca i contenuti dei sogni è una trappola in cui è facile cadere, dimenticandoci che i sogni sono del sognatore. Quante volte mi sono sentita dire: «Ma se sogno questo dottoressa cosa significa? non l’ha studiato cosa vuol dire questo simbolo?». Certo, ci muoviamo sul piano del simbolico, ma la ricchezza del sogno risiede proprio nella sua duplice appartenenza, al mondo reale e al mondo onirico, concedendo l’accesso a un materiale ideativo totalmente differente da quello che possiamo conoscere durante la veglia. Parla un linguaggio di immagini, di emozioni “nude e crude”, spesso di difficile comprensione, le quali costituiscono il prodotto di una complessa elaborazione da parte di un processo onirico inconscio. Un processo così potente da trasformare un elemento psichico, conscio o prossimo a diventarlo, dischiudendone gli aspetti più segreti.
Dunque il lavoro terapeutico non si limita a una mera interpretazione del significato del contenuto riportato dal paziente, ma si estende alla complessità che risiede dentro e fuori la persona, considerando il suo mondo interno e le sue relazioni con l’esterno. Ecco chiari i legami imprescindibili che vengono a tessersi tra il sogno e il contesto relazionale in cui si muove il rapporto tra paziente e terapeuta. Entra in gioco il setting terapeutico, ma non solo, anche tutte le esperienze di vita, presenti e passate, che vengono mano mano processate nella terapia. Si costituisce un’area mentale e affettiva, definita da un suo tempo e un suo spazio, in cui il paziente vive nell’evolversi del percorso terapeutico.