Quando tutto questo finirà

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In stercore invenitur

Dai diamanti non nasce niente,

dal letame nascono i fior

(Fabrizio de André – Bocca di Rosa)

The only way out is down

(Alexander Lowen)

Improvvisamente, tutto è cambiato. Forse non così improvvisamente, ma sicuramente in maniera molto rapida, abbiamo dovuto cambiare in maniera imprevista. Una malattia, parzialmente sottovalutata, è arrivata fino a noi, nel produttivo Nord Italia, costringendoci a rallentare o addirittura a fermarci.

Ci siamo trovati di fronte all’imprevisto, siamo messi a confronto con l’Incertezza e col dramma che molte delle cose che credevamo sicure, possono vacillare.

Stiamo vivendo un momento caotico, buio, che per molti di noi rappresenta una novità. Non abbiamo vissuto guerre in prima persona, né carestie gravi o epidemie di questo livello.

L’unico momento simile, forse, risale ai tempi dell’incidente di Chernobyl. Avevo meno di 6 anni, quindi tutto è un po’ sfumato, ma ricordo che potevamo bere solo latte in polvere, e si stava più in casa; ma la percezione era di qualcosa successo lontano. Il corona virus, invece, è qui.

Tutto cambia, tutto sembra fuori controllo, stiamo attraversando il caos. È un momento di merda.

Ricorda, da vicino, la prima fase del processo alchemico: la nigredo. La materia prima, che talvolta è proprio sterco, deve putrefarsi, decomporsi, dissolversi. Si tratta dell’Opera al Nero, e i trattati di alchimia la rappresentano spesso con un cadavere beccato da un corvo. Rappresenta la Notte Oscura dell’Anima, l’inverno. Ma è una fase necessaria, e transitoria. Dal nero, si passa al bianco dell’Albedo, a ogni notte segue una nuova alba.

Nel frattempo, cerchiamo di imparare da quello che sta succedendo. Si sono aperti spazi e esempi di solidarietà. Nella distanza, ci siamo trovati tutti più vicini (mentre da vicini a volte, quanto siamo stati distanti, connessi altrove?). Stiamo andando più lenti, abbiamo meno fretta, inquiniamo di meno, respiriamo meglio e più profondamente. O forse dobbiamo correre di più, ma abbiamo meno spazio perché con scuole chiuse, lavoro da casa, gli spazi si riducono e le pressioni aumentano. Paradossalmente la vicinanza può acuire i conflitti nelle relazioni, ma questo può evidenziare gli ostacoli e gli attriti che possiamo superare. Impariamo dalla compressione. Stiamo imparando la forza che c’è nel potersi mostrare deboli, fragili, umani. Forse consumiamo di meno. Possiamo apprezzare le piccole cose, il canto degli uccelli dalla finestra e i fiori che sbocciano, non timidi.

C’è una parola, secondo me , abusata: resilienza. Resilienza è la capacità di un materiale, dopo un urto, di tornare al suo stato originario. Ma in questo caso non basta. Sarà necessaria una trasformazione, la Materia (di) Prima che si è dissolta, dovrà coagularsi in una altra forma. Perché non potrà essere come prima: alcuni di noi saranno un po’ più soli, un po’ più poveri. Qualcuno non ci sarà più e probabilmente molti di noi avranno a che fare con l’assenza di qualcuno. Una parola, che forse va rispolverata, è resistenza. In questo caso può aiutarci a re-stare con quello che sta accadendo e a esser pronti, a farci forza nel dolore, senza negarlo.

Quando tutto questo finirà, perché finirà, dovremo rimboccarci le maniche e ricostruire, ricominciare. Ma se avremo imparato da ciò che è stato in questi giorni bui, andremo verso una nuova fase più luminosa.

Ciò che mi auguro, e ci auguro, è che questo momento di riposo forzato, sia il riposo del seme.

(L’immagine è una riproduzione degradata della tarsia “Magnum Chaos” o “Creazione” realizzata da G. Capoferri, su disegno di Lorenzo Lotto, per il coro della basilica “Santa Maria Maggiore” di Bergamo)

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