Superare la vergogna e la paura del giudizio: viva l’incoerenza!

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Capita frequentemente che un’idea o un concetto mi colpiscano e catturino la mia attenzione. Da un po’ di tempo a questa parte mi trovo ad essere affascinato dall’incoerenza degli esseri umani o, meglio, dalla nostra affannosa e faticosa difesa di un’apparente coerenza.

Tutti noi siamo abitati da istinti diversi, interessi lontani tra loro, veniamo attratti da stimoli multiformi. Eppure ce lo permettiamo davvero? Sappiamo davvero essere liberi di sentire ed esprimerci? Oltre ai limiti sociali e di adattamento al contesto ce ne imponiamo altri?

In questo senso mi diverte molto osservare le persone quando parlano di musica o raccontano dei loro gusti in fatto di moda, di letteratura, di vacanze o locali da frequentare.

Prevale spesso una sorta di rigidità adolescenziale e l’idea che il proprio modo sia il migliore in assoluto. Rigidità che aveva tutto un suo senso in un’età in cui è importante costruire la propria identità, anche attraverso l’identificazione con un gruppo preciso e definito.

Sorprendente, però, quante persone si fermino parecchio a lungo e, a volte, per sempre, in quella fase dello sviluppo. Perché accade, mi sono chiesto?

Una delle risposte a questa domanda credo possa essere la vergogna, di come questo sentimento si faccia pesantemente vivo nella nostra quotidianità.

A un metallaro possono piacere i fiori rosa? Una punk può amare Gigi d’Alessio? Un giocatore di rugby può smanettare col PC come un “nerd”? Una appassionata di filologia può ballare sul cubo in discoteca?

Assolutamente sì! Ma che meraviglia vedere cose così lontane nella stessa persona!! Viva le differenze, viva la libertà!

Credo che molti, presi singolarmente, risponderebbero così.

Ma chi, in gruppo, nella quotidianità, lo fa? Chi se lo permette davvero?

I miei esempi sono buffi e forzati, ma pensate a quando provate una passione sana e naturale verso qualcosa che è lontano dall’idea che vi siete costruiti di voi nel tempo, magari apparentemente in contrasto con i principi del vostro gruppo di appartenenza, sgradita al vostro partner o ai vostri genitori.

Quanti insultano il cantante di turno davanti alla TV, per poi ascoltarselo in loop nella playlist del cellulare? Fa sorridere, certo. Ma ci da anche la drammatica misura di quanto limitiamo la nostra libertà per paura di una contraddizione, per la vergogna di avere gusti variabili, per il terrore di avere istinti che vanno in direzioni apparentemente opposte.

La vergogna, che poi è la paura del giudizio, è dietro l’angolo in questa società farcita di giudici, talent show e like sui social. È un sentimento che si respira parecchio nell’aria, ed è bloccante.

Esiste la falsa credenza che amare due cose molto lontane tra loro significhi essere contraddittori e che esserlo sia negativo. Che provare piacere per cose molto diverse sia strano. Che provare attrazione e fascino per qualcosa che non fa parte delle abitudini del nostro gruppo sociale sia sbagliato.

Perché i neri giocano a basket e i bianchi vanno in bicicletta, le bambine giocano con la bambole e i bambini con i soldatini, i meridionali son pigri e quelli del nord son freddi.

Accettare le proprie apparenti contraddizioni, giocare con i propri interessi e le proprie passioni è un passo fondamentale per uscire dai concetti di giusto e sbagliato. Concetti che portano a quelli di torto e ragione e ai conflitti e alle guerre, anche globali.

Nel nostro percorso di crescita personale da figli ad adulti dobbiamo tradire e voltare le spalle alle nostre tradizioni. Solo così possiamo creare la nostra vera indipendenza e, alla fine, girarci di nuovo verso chi ci ha generato, verso le nostre radici e sentirci individui completi.

La vergogna, la paura di essere sbagliati, strani, difettosi ci fa vegetare nello stato di figli per tutta la vita. Ci impedisce di spiccare il volo. Per questo il mondo è pieno di eterni adolescenti che gestiscono i conflitti in un insaziabile desiderio di avere ragione e prevaricare l’altro. Prevaricare quel genitore da cui non si sono mai realmente separati. Magari lo hanno stuzzicato, ci hanno litigato ma, in fondo, non lo hanno mai tradito. È molto difficile tradire chi ci ha messo al mondo, più difficile ancora, paradossalmente, se ci ha trattato male.

Difendiamoci da questa cultura del voto e delle valutazioni e, soprattutto, proteggiamo i più piccoli da questo gioco al massacro alimentato dai pregiudizi. Bisogna crescere i figli in modo che si sentano radicati e sicuri, ma anche con la possibilità di tradire e cercare una loro strada, nuova e diversa, magari apparentemente incoerente agli occhi della generazione precedente.

L’essere umano è pieno di contraddizioni, ed è stupendo che sia così!

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