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Sbaglio dunque sono

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Perché fidarsi troppo del sentirsi dalla parte giusta può essere pericoloso.

Sbaglio dunque sono

(Sant’Agostino)

Cosa si prova ad avere torto? Ci si sente nel giusto!

No, non è una battuta: la maggior parte di noi fa di tutto per evitare di riflettere sull’aver torto, o almeno per evitare di riflettere sulla possibilità che  ci stiamo sbagliando. Sappiamo tutti che si fanno degli errori, che errare è umano. Ma nella realtà delle nostre vite di tutti i giorni, lo accettiamo solo in astratto e siamo disposti a riconoscere l’errore quando questo ci riguarda da lontano. Quando facciamo i discorsi a tavola per intrattenerci. Ma quando noi sbagliamo o qualcuno a noi vicino, di importante o essenziale per le nostre vite, sbaglia, non siamo per niente disposti ad accettare che possa commettere un errore, a riconoscere che quell’essere che tanto amiamo o stimiamo o invidiamo possa apparirci improvvisamente fallibile.

Perché restiamo bloccati in quest’atteggiamento di aver ragione? Una delle ragioni ha a che vedere con l’idea di aver torto. Cosa ci succede quando si sbaglia? Stiamo malissimo, vero? Ci sentiamo imbarazzati, proviamo un senso di vergogna, è un’esperienza che per qualcuno può essere devastante. Ed è devastante a causa di una convinzione largamente condivisa, ovvero che per essere accettati, amati, avere successo nella vita non bisogna commettere mai errori. Secondo questa logica, sbagliarsi su qualcosa coincide con l’avere noi qualcosa di sbagliato. Perciò perseveriamo a voler essere nel giusto, perché ci fa sentire brillanti, responsabili, virtuosi e soprattutto al sicuro.

Pensate per un attimo a cosa significa sentirsi nel giusto. Significa che pensate che ciò in cui credete rispecchi perfettamente la realtà. E quando vi sentite così, avete un problema da risolvere, e cioè come spiegherete perché così tante persone non sono d’accordo con voi? Così viene fuori che siamo in molti a darci la stessa spiegazione, affidandoci a tutta una serie di sfortunate supposizioni. La prima cosa che facciamo quando qualcuno non è d’accordo con noi è supporre che sia gente ignorante. Persone che non hanno accesso alle stesse informazioni che abbiamo noi, e che quando condivideremo generosamente con loro queste informazioni, vedranno la luce e si schiereranno dalla nostra parte. Quando la supposizione non funziona, quando viene fuori che sanno esattamente quello che sappiamo noi e continuano a non essere d’accordo con noi, allora passiamo alla seconda supposizione, ovvero, che sono degli idioti: Hanno tutti i pezzi del puzzle, ma sono troppo cretini per metterli insieme in modo corretto. E se anche questa non funziona, quando si scopre che la gente che non è d’accordo con noi dispone delle nostre stesse informazioni ed è gente piuttosto sveglia, allora tiriamo fuori la terza supposizione: che sanno la verità, e la distorcono deliberatamente per il loro bieco tornaconto.

Tutto ciò è una catastrofe: fidarsi troppo del sentirsi dalla parte giusta di qualsiasi cosa può essere pericoloso perché questo attaccamento a sentirsi dalla parte del giusto non ci aiuta a prevenire gli errori quando ne avremmo un assoluto bisogno e ci spinge a trattarci male l’un l’altro. Per me, la cosa più sconcertante e tragica di tutto questo è che ci fa perdere il senso ultimo di essere degli umani. È come se volessimo credere che le nostre menti siano finestre perfettamente trasparenti attraverso le quali guardiamo all’esterno e descriviamo la realtà come avviene. E vogliamo che tutti guardino fuori da questa stessa finestra e vedano esattamente la stessa cosa. Ciò non corrisponde a verità, e se così fosse, la vita sarebbe davvero noiosa.

Il miracolo della nostra mente non sta nel fatto che ci permette di vedere il mondo così com’è. E’ che possiamo vederlo per come non è. Possiamo ricordare il passato, possiamo pensare al futuro, e possiamo immaginare come sarebbe essere qualcun altro in qualche altro posto. E ognuno di noi lo fa in modo diverso, ed è per questo che tutti guardiamo lo stesso blu della notte e vediamo cose diverse e questa è la ragione principale per cui ci sbagliamo: vediamo la stessa cosa in modi diversi.

Nel bene e nel male, costruiamo racconti incredibili sul mondo che ci circonda e poi il mondo gira in un’altra direzione e ci sorprende, per fortuna.

Il risultato di un lavoro profondo su noi stessi, soprattutto quando lo si fa in gruppo, è proprio quello di imparare ad avere torto per affacciarsi alla prospettiva dell’altro e meravigliarsi. Stare in un gruppo di crescita personale o di psicoterapia, un gruppo di lavoro, un’equipe, una coppia o una famiglia significa uscire dal minuscolo e terrificante spazio dell’essere nel giusto e guardarsi intorno tra di noi e osservare l’immensità, la complessità, il mistero dell’universo ed essere capaci di dire: “Wow, non lo so. Forse mi sbaglio”.

 

(Liberamente ispirato al discorso di Kathrin Schulz, “On Being wrong”, TED2011)

 

 

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