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“Tutti vogliono perseguitarmi” – Un delirio che ha origini lontane

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Valentino è un ragazzo sulla trentina. Viene da me per problemi d’ansia. Quando è sul lavoro e quando interagisce con qualcuno, è preso da importanti stati di agitazione e di preoccupazione che gli impediscono di avere dei normali scambi, una vita serena. Tanto che ha smesso di andare all’università e ha interrotto ogni rapporto con i vecchi amici.

Mi riferisce che questa situazione si protrae almeno da un paio d’anni. Ha tentato, in passato, di lavorarci su con un paio di psicologi del servizio pubblico, ma l’aiuto che ne ha ricevuto è stato limitato.

Esplorando meglio la natura delle sue preoccupazioni, emerge un quadro molto più importante di quello che apparentemente potesse sembrare: Valentino, nelle situazioni relazionali quotidiane che viveva, era convinto che le persone, anche a lui sconosciute, fossero “manovrate” da qualcuno che – contro di lui –  aveva l’obiettivo di sminuirlo e deriderlo. Ogni evento assumeva per lui le sembianze di un complotto giostrato alle sue spalle e macchinato con il solo scopo di farlo cadere in fallo, dimostrando così apertamente la sua inettitudine.

Ciò che mi riportava Valentino si connotava come un vero e proprio pensiero delirante, non essendo plausibile che – persona anche del tutto estranee – avessero un interesse a concertare, con un presunto persecutore, un raggiro nei suoi confronti.

Mi chiedo, e chiedo a Valentino, che cosa sia accaduto all’incirca due anni prima (momento in cui sono iniziate le difficoltà relazionali). Valentino mi racconta di diversi episodi: un cambio di lavoro, la perdita di qualche amicizia e, come se niente fosse, di un abuso subito da un compagno di vacanze.

Rimango colpita da quanto Valentino cerchi di sminuire questo episodio, accaduto al termine di una serata di festa, in campeggio. Entrambi erano ubriachi, e questo secondo lui attenuerebbe la gravità della cosa. Mi soffermo su questo aspetto e faccio riflettere Valentino: il fatto che lui non fosse completamente lucido non significa che quell’evento non abbia rappresentato un vero e proprio abuso per lui.

Il senso di intrusione, di rottura di un confine corporeo, di sopraffazione, non hanno potuto essere pienamente elaborati, legittimati, avvalorati, proprio per la sua scarsa lucidità al momento e per la natura traumatica dell’evento. Sono rimasti tuttavia, dentro di lui, un vissuto di invasione, di prevaricazione e di umiliazione che hanno minato profondamente il suo io, incapace di gestire l’intensità di queste emozioni. I principali meccanismi di difesa introdotti, in quel frangente, sono stati la dissociazione, la proiezione, l’isolamento dell’affetto (ovvero la separazione tra l’aspetto affettivo e la dimensione cognitiva di un’esperienza). Per non accedere a dei vissuti emotivi troppo invasivi e non gestibili, Valentino ha cominciato a “buttar fuori di sé” i contenuti penosi e persecutori, arrivando a vedere nelle persone attorno a lui dei potenziali nemici.

L’attitudine paranoica di Valentino, sebbene sia esplosa a seguito di un evento traumatico recente, ha sicuramente radici più antiche. L’esperienza di abuso, infatti, come emergerà nel corso della terapia, è stata – per il suo fragile io – la miccia che ha fatto deflagrare un terreno psichico già vulnerabile.

Infatti, come spesso accade in caso di scompensi psichici a seguito di esperienze traumatiche relativamente recenti, ciò che accade è che l’evento recente vada a riattivare e a “slatentizzare” traumi originari ben più antichi, quasi sempre di natura relazionale (es: interazioni disfunzionali o francamente patologiche tra il bambino e le sue figure di accudimento). E spesso esiste un’analogia (ovvero una sorta di collegamento, di significato comune) tra il vissuto del trauma recente e il tipo di esperienze fatte in età precoce. Vale a dire che non a caso un trauma recente, in una psiche già vulnerabile, determina un certo tipo – e proprio quel tipo – di risposta. Nel caso di Valentino l’esperienza di abuso, di intrusione da parte del compagno di viaggio ha riattivato il vissuto, da lui sperimentato da bambino, di grave prevaricazione e di umiliazione perpetrato nei suoi confronti da una madre alcolista (da notare che, peraltro, il tema dell’intossicazione alcolica ricorre). Il lavoro di rielaborazione delle esperienze traumatiche ha quindi un’origine antica, che andrà trattata con attenzione e cura.

 

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