Nella mente di noi tutti, settembre fa rima con ripresa, e ciò è ancora più vero quando parliamo della mente di bambini e ragazzi. Albergano in loro emozioni solo apparentemente contrastanti, in realtà facce della stessa medaglia: da un lato tristezza e nostalgia per l’esaurirsi del tempo spensierato dell’estate e la paura di ciò che li attenderà con il riaprirsi delle scuole, dall’altro entusiasmo, desiderio e curiosità di allacciare relazioni vecchie e nuove, e di affrontare nuove sfide ed esperienze.
Nel settembre 2020 – anno del Covid-19 – queste stesse emozioni si affaccino alla mente di bambini e ragazzi con un impatto maggiore, amplificate, e, al contempo, risuonanti come un’eco, o riflettenti in un gioco degli specchi, nella nostra mente di adulti, soprattutto se siamo genitori, nonni, zii, educatori e insegnanti. La paura è sempre l’altra faccia del desiderio, e parlando in questi giorni con i miei piccoli e giovani pazienti mi rendo conto di come il desiderio e l’emozione di incontrare nuovamente la scuola e gli altri che la abitano sia esplosa, accanto però al timore altrettanto amplificato per l’ignoto e l’incerto che paiono imprescindibili. Come sarà fare lezione con la mascherina? E se divento positivo al Covid e gli altri bambini poi non vorranno più giocare con me neppure quando sarò guarito? Il sentire dei bambini è inevitabilmente influenzato dal sentire dei genitori e viceversa, le emozioni degli uni risuonano nelle emozioni degli altri. Proprio pochi giorni fa sono passato accanto ad un nido dell’infanzia, dove i piccolini si accingevano all’ingresso accompagnati da nonni o genitori: la colonna sonora del giorno erano i loro pianti nella fatica di salutare mamma e papà ed essere accolti da educatrici bendate – come è giusto che sia! – da mascherine che le rendevano forse meno famigliari e riconoscibili del solito. Mi sono chiesto chi fosse più in fatica nell’andare incontro alla novità: i bambini o gli adulti?
Lo scorso anno scolastico, con la pratica della Didattica a Distanza (DAD) adottata dalla fine del mese di febbraio, la scuola è di fatto terminata prima del tempo, per giunta in un clima emotivo sospeso, caratterizzato da incertezza, smarrimento, paura ed incredulità. La separazione di bambini e ragazzi dai banchi di scuola ha assunto quindi le sembianze dello strappo e della rottura, motivo per cui riprendere la scuola a settembre 2020 non può che richiedere un lavoro di cucitura e riparazione, reso ancora più complesso dall’incertezza da cui tale ripresa pare caratterizzata. Bisogna ricucire – d’accordo-, ma come se non sappiamo ancora quale ago e filo utilizzare? Il punto di approdo ci appare realmente rassicurante se percepiamo i suoi confini in modo incerto e sfuocato?
Sicuramente, tra gli attrezzi da riparazione, il più utile è la parola: il linguaggio è il trattamento privilegiato quando si tratta di paura e dolore, e la capacità di mettere in parola le emozioni protegge i nostri bambini dal male psichico e garantisce loro maggiori probabilità di crescere sereni, in connessione con se stessi e con gli altri. Invitiamo dunque i nostri piccoli a mettere in parola le loro ansie e preoccupazioni rispetto alla ripresa scolastica, facendo allo stesso tempo leva sul loro entusiasmo e sul loro desiderio di riprendere la “normalità” e di riallacciare legami sospesi quest’anno prima del tempo. Cerchiamo per quanto possibile di spiegare ai bambini ciò che sarà, dando loro la possibilità anche di trovare un senso alle esperienze critiche della vita, in modo che si possano adattare al cambiamento e nutrire la speranza.
Auguro a tutti gli i ragazzi e ai loro insegnanti che tra le prime ore di lezione ci siano momenti dedicati alla condivisione e alla rielaborazione in gruppo di quello che sono stati gli scorsi mesi primaverili, e che questa condivisione li aiuti a ri-creare i legami sospesi a febbraio o a creare ex-novo relazioni nei casi in cui i bambini o gli adolescenti si apprestino ad iniziare un nuovo ciclo scolastico. L’augurio è anche quello della pazienza: l’emergenza sanitaria ci ha insegnato ancora di più a tollerare il dolore, le frustrazioni e le limitazioni, e dunque perché non capitalizzare questo insegnamento per conquistare una maggiore indulgenza verso noi stessi, i nostri figli o i nostri alunni? Solo così infatti possiamo concederci il tempo per perdonare i nostri errori e per imparare da questi, ma anche per apprendere cose nuove ed andare incontro alla creatività della vita, passaggio imprescindibile per le nuove generazioni.