Il mondo luminoso che ti aspetta

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Fuori dai tuoi arroccamenti c’è tutto un mondo luminoso che ti aspetta (Gloria Volpato)

“Sai perché non sai evadere dalla tua prigione?”, mi disse una volta un maestro, “perché non la vedi”.

Il “conosci te stesso” ha in fondo a che vedere con questo: se vogliamo essere liberi, se non vogliamo farci determinare dal nostro passato, dobbiamo accettare di raccogliere indizi su chi siamo.

E come si fa? La vita stessa con i suoi incontri, gli accadimenti, le fatiche, i fallimenti, le gioie, le perdite ci riporta continuamente a noi stessi.

Sappiamo cogliere il suo invito? La maggior parte non lo fa perché è ancora troppo impegnato a confermare l’idea che vuole avere di se stesso, ancorché l’idea sia per lo più negativa.

Nella stanza di terapia si crea a volta un vero e proprio ring tra me e il mio paziente: io che provo ad esplorare il vissuto che egli riporta con genuina curiosità e senza preconcetti, lui che impedisce qualsiasi movimento che non sia quello di confermare l’idea che si é già fatto. Questi tipi di arroccamenti sono così concreti che è facile avvertire tutta la tensione del braccio di ferro che si crea:
“Sento che ti sei chiuso dentro la tua rocca. E io mi sento come qualcuno che ti sta assediando. Qualcuno da escludere, qualcuno di minaccioso. È così?”.
“Si, mi rendo conto che a parole ti chiedo aiuto, ma nel corpo ti respingo”.
“Quando ci si chiude dentro una fortezza?”
“Quando si ha paura”.
” E tu dove vuoi vivere?”
“A parole ti direi che voglio stare fuori, ma poi mi rendo conto che non posso fare a meno di chiudermi dentro”.
“E non far entrare nessuno”.
“Proprio così. Non esco e non faccio entrare”.
“E come andrà a finire?”
“Come sempre nella mia vita: Che tu te ne andrai per l’esasperante attesa e io morirò di fame”.
Questo scambio mostra chiaramente come siamo inconsapevolmente mossi da emozioni, come la paura in questo caso, che proprio perché non contattiamo pensiamo non ci siano.
“Allora che vogliamo fare? ci sfiniamo con questo braccio di ferro di parole o guardiamo sotto il tappeto ed esploriamo la paura che muove tutto questo?”.

È sempre un momento di una straordinaria intensità quello in cui il paziente sceglie di muovere un passo verso la Fiducia e socchiude la finestra della rocca in cui si è rinchiuso.

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