Dalla centralità della mente a quella del corpo. Una rivoluzione necessaria

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Impara a rilassarti, a convivere con il “nonsapere”. Stai qui, impara a goderti il presente. (Eckart Tolle)

Il brodo scientifico e matematico dentro il quale siamo immersi  e che caratterizza la nostra cultura occidentale, ci ha insegnato l’arte della previsione statistica al fine di anticipare gli scenari più catastrofici e poterli così affrontare, evitare o gestire. Questa prospettiva  ci ha  educato a vivere nel futuro e quindi nella cosiddetta Ansia Anticipatoria, che ha lo scopo, per l’appunto, di immaginare in anticipo gli eventi al fine – illusorio – di controllarli.

Questa incapacità a saper godere del presente ci caratterizzava già nell’epoca pre-covid, quando si tendeva a dare per scontate alcune garanzie come la libertà di movimento individuale, la disponibilità delle risorse (dalla risorsa clima/ambiente a quella di accesso alle cure mediche gratuite per intendersi) e a muoversi dentro un quadro tuttosommato di certezza rispetto al funzionamento del mondo. Con l’arrivo della pandemia si è ovviamente acutizzata facendo traballare anche chi, fino ad un anno fa, si sarebbe definita una persona tutto sommato contenta della vita che stava facendo e certamente non si sarebbe pensata come una persona ansiosa.

Stando nella logica scientifica causa-effetto quali argomenti si possono ora utilizzare per rassicurare le persone alla luce del fatto che il futuro catastrofico che solo gli scrittori, gli scienziati e Bill Gates (!) avevano previsto si è realizzato? è chiaro che in questa prospettiva non può che esserci spazio alla paranoia e alla sfiducia, perché le fonti scientifiche con i loro incomprensibili numeri ottengono l’effetto opposto: dipingerci quotidianamente una situazione di caos, disorientarci. È paradossale come ciò che avevamo osannato come fonte primaria di rassicurazione ora sortisca l’effetto opposto: il pensiero scientifico che tende a “cosificare”, cioè a ridurre a cosa la nostra esperienza di vita, non sembra aiutare per niente.

Dopo la morte di Dio, per citare Nietzsche, ora facciamo i conti con il lutto per la scienza e la tecnica, che parevano averlo soppiantato come stella polare per comprendere e attraversare il mare della vita e tornare al porto sicuro. La tanto reclamata e osannata “razionalità” ora lascia spazio, per necessità, a qualcos’altro. Si, ma a cosa? La mia risposta è tanto semplice quanto difficile da comprendere per tante persone, perché si tratta di fare una rivoluzione copernicana in cui accettare che non è il corpo che gira intorno alla mente, ma il contrario. È il pensiero, come la terra, che gira intorno al corpo-sole e che da esso dipende. In pratica in cosa consiste questo cambio drastico di prospettiva? Intanto scoprire che “essendo-corpo” noi siamo vivi e siamo vivi solo qui e ora. Può suonare come una banalità, ma tutti gli insegnamenti comuni a tutte le religioni e le tradizioni spirituali, che sono sopravvissute a millenni di storia, dicono che in principio era il verbo. In altre parole che all’origine di tutto c’è un’azione, un processo, qualcosa che si muove. Vivere quindi non è mai uno stato fermo, è un continuo fluire. Il nostro corpo infatti non è mai statico: il cuore pulsa, il sangue circola, le cellule muoiono e così via. Ognuno ha dato la sua personale interpretazione a cosa fa muovere tutto questo dentro di noi. Ma su una cosa siamo tutti d’accordo: ciò che permette questo movimento che ci dà vita non proviene da noi e non è mai dato. Si dice infatti che l’unica cosa certa è la morte che è come dire, che se c’è certezza, non c’è vita. Imparare ad accogliere questa condizione primaria dell’esistenza, che alcune tradizioni chiamano impermanenza, presenza o vacuità, è certamente una sfida enorme per noi occidentali. La mia esperienza sia sul piano personale che clinico è che quando si inizia anche solo a sbirciare in questa direzione la vita riprende respiro e la mente  va di conseguenza. Come un cucciolo che obbedisce al padrone, che è un corpo quieto, la mente smette di terrorizzarci via via per  intervalli sempre più lunghi. Cosi ci accorgiamo che nonostante la realtà spesso drammatica delle cose che ci accadono, la giostra dell’ansia e della perdita di senso, si può fermare.

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