Cosa guardiamo esattamente quando osserviamo una farfalla?
Può suonare banale questa domanda ma è quello che mi è risuonato in testa per tutto il tempo che ho dedicato all’osservazione di questi insetti nella foresta.
Lasciando perdere tutte le associazioni simboliche e intellettuali che sapevo, cercavo di stare con l’esperienza di cosa esattamente mi stesse accadendo.
Perché mai il mio sguardo era così sedotto? E perché mi sentivo un’emozione di costante gioia? Cosa faceva sì che l’osservazione della farfalla permettesse alla gioia di entrare nei miei pensieri? Che potere aveva questo insetto di interrompere anche il pensiero più angusto e far trovare al mio corpo la via diretta a quella che io chiamo “La stanza della Gioia?”.
Certo che c’entra la bellezza ma ho ragione di credere che la farfalla non sia consapevole di essere bella e di fare questo effetto.
La farfalla, poi, frequenta i fiori, altri elementi della natura completamenti ignari della propria bellezza.
In pochi centimetri quadrati si celebra una sintesi. Come non si può essere incantanti dalla danza sensuale ed erotica di una farfalla che con grazia infinita volteggia tra un fiore e l’altro su uno sfondo di verde intenso?
Man mano la mia osservazione continuava, ad un certo punto, proprio come nei famosi esperimenti della Gestalt di inizio Novecento con le figure ambigue, ho percepito che la gioia aumentava quando mi “facevo farfalla” e sperimentavo da dentro un corpo leggero con ali sottili.
Ho sentito il piacere che si infondeva su tutto il corpo, il piacere dell’aria che accarezzava e ne permetteva il volo.
In quel momento ho visto tutta la seduzione del mondo sottile quello che ha a che vedere con la pura essenza, con ciò che è.
La farfalla con il suo incanto mi permetteva per qualche breve istante di uscire da me, di perdere la mia forma e per qualche via varcare una soglia fisica ed introdurmi ad un altro piano che aveva un chè di essenziale ed elementare al tempo stesso.
È il ritrovare questa strada, credo, che produce una forma di sollievo. È sentire che è possibile essere ciò che si è e che il tutto avviene senza sforzo. Credo sia la dimensione del sublime e della trascendenza.
Perché era come se il corpo con i suoi sensori festeggiasse la via ritrovata, la prova che esiste un Al-di-là e non solo un Al-di-qua. La farfalla mi portava nel mondo del senza-forma. La sua figura mi metteva in contatto con lo sfondo e con l’informe facendomi ampliare la mia percezione fino a farmi sentire parte di quel tutto.
Immagino che queste parole possano far pensare ad un’esperienza estatica, sotto effetto di qualche droga.
Ma se per un attimo lasciate andare il bisogno che ha sempre la mente di capire. Se lasciate vi perdete per qualche secondo e solo per un attimo vi concedete di abitare con il vostro corpo le parole che ho scritto e di tornare a quel preciso momento in cui anche voi, sicuramente, avete osservato una farfalla: non percepite anche voi qualcosa di felice?