Siamo quello che mangiamo.

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La scrittura e le memorie sensoriali.
di Cristina Paruta e Laura Fagnani
Mangiare è un atto sensoriale totale. La bocca è la frontiera fra il dentro e il fuori, dà luogo al respiro e alla parola ma anche al sapore delle cose e il gusto non può essere staccato da questa matrice in cui si mescolano i diversi sensi.
André Le Breton, “I sensi del mondo”

Condivido con gioia uno dei testi prodotti durante il laboratorio autobiografico “In tutti i sensi: storia personale e memoria del corpo” che sto conducendo presso la biblioteca di Treviglio. Il tema di quella giornata era il gusto e questa scrittura comunica, molto più di tanta teoria, la potenza generativa delle memorie sensoriali e le opportunità offerte dalla narrazione autobiografica in gruppo.

Il dispositivo di scrittura affidato era: Racconta di una ricetta che ti riguarda, degli ingredienti segreti e dei riti che la accompagnano.

Questo è la ricetta di Laura: una sinestesia tra profumo, consistenza e sapore, condita dal desiderio. Ringrazio Laura per avercela donata.

ARANCIA, FINOCCHIO E… di Laura Fagnani

Ero sola in casa, in quella tarda mattinata estiva. Solo il ticchettio della sveglia scandiva il silenzio, in cucina e il garrito delle rondini, fuori. Avevo voglia di qualcosa di fresco e croccante per pranzo… L’insalata siciliana, sì! Avrei preparato proprio quella.

Presi la grossa arancia dal vassoio della frutta. Ne tastai la consistenza piena: era perfetta! Lucida, anche se leggermente rugosa, con la buccia che sembrava quasi corrucciarsi intorno al corto ramo: in quel momento rimpiansi di averne buttato le foglie, con noncuranza.

L’arancia era tonda quanto l’anima più bianca del finocchio, a cui asportai velocemente i gambi superiori e le leggere foglioline, come di piuma.

Poi, con il coltello più grande, pian piano iniziai ad affettare sottilmente il frutto dorato. Ma quando il sugo colò sul tagliere, mi fermai: ci intinsi un dito e me lo portai alla bocca. Aspro e dolce insieme. L’unione di due contrasti… Contraddizioni… Forza e tenerezza. Quel frutto mi somigliava!

Il profumo dell’arancia si sparse per tutta la cucina, e mi commosse: mi ricordava, istantaneamente, il Natale. Era un’associazione di pensieri immediata, una sensazione forte… Era forse questo il motivo per cui sceglievo, per me, sempre profumi agrumati? Il sentore di neroli o di zagara mi riportava alla mente l’infanzia: di chi era stato quel profumo… ‘buono’?

Ripresi ad affettare, stando concentrata per mantenere intatta la rotondità del frutto: mi affascinavano quei cerchi perfetti – piccoli soli – , la cui raggiera partiva dal nucleo bianco vellutato. Tante volte, negli ultimi tempi, avevo disegnato un centro e raggi multicolori, in diverse varianti, mai paragonando – sino ad oggi – i suoi dipinti a questo frutto che mi trovavo ora davanti.

Cercai poi la stessa centralità e la stessa sottigliezza nel finocchio, partendo dalla sua base: affettarlo era più facile, per la maggior solidità della polpa croccante e traslucida, da cui si levava un lieve sentore d’anice.

Dall’alto dell’antica dispensa presi una grande teglia decorata da un bordo di foglioline scure: ci disposi tutte le fettine di finocchio e sopra quelle d’arancia. Poi una manciata di sale, facendolo scorrere tra il pollice e le altre dita, sentendone così la granulosità per saggiarne la giusta quantità; un poco di pepe e ancor meno di zenzero (ingrediente… segreto!); infine le grosse olive scure.

Contemplai il tutto, soddisfatta dei colori a contrasto e dell’aroma fresco che si alzava – lieve – dall’ovale del piatto e ripensai, per l’ennesima volta, all’isola antica da cui proveniva la ricetta: pur sentendola ‘mia’, non avevo ancora avuto modo di visitare quella terra!

Un velo di rammarico mi punse il cuore.

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