Denaro e paura - Divenire Magaznie

Tutto ciò che non succede nella mia vita.

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Se ciò che desideriamo è ciò che più temiamo.

Il trionfo non è mai un successo.

Bert Hellinger

Gianluca arriva visibilmente scocciato. Si stravacca sul divano e sospira.

“Non ho molto da dire di diverso dalla scorsa volta: la mia vita procede noiosamente, niente di nuovo”.

Gianluca mi guarda con aria di sfida, come a dire: “la palla ora è nel tuo campo, tocca a te, fai qualcosa”.

Io osservo la mia irritazione. Da una parte mi sento impotente e dall’altra irritata. Il mio sistema difensivo è acceso: mi sento colludere con ciò che molto probabilmente sta provando Gianluca. Mi sento nella trappola con lui e quindi ne approfitto per vederla da dentro, invece che da fuori.

Mi domando cosa mi fa sentire impotente e la risposta viene spontanea: “la mia vita non mi piace, sono infelice e non so cambiarla”.

Mi chiedo cosa mi irrita e mi dico che l’atteggiamento di pretesa del mio paziente, il “fai tu”, me lo fa sentire addosso. Come se in questo pezzo di strada che stiamo facendo insieme, toccasse solo a me camminare, fare fatica. Come se dovessi portarlo in braccio ed alimentarlo, proprio come un bambino piccolo. L’È irritazione mi mette in guardia e mi avverte che i miei confini, i miei limiti sono messi a dura prova.

Se non fossimo in una relazione terapeutica, ma tra amici, probabilmente l’atteggiamento di Gianluca mi farebbe sbottare, mi porterebbe a dire: “Smettila di lagnarti. Sei veramente pesante quando fai così, non ti sopporto proprio. Se hai intenzione di passare il nostro tempo in questo modo, meglio che te ne vai o che me ne vado io”.

“Dottoressa, mi dica qualcosa”, incalza Gianluca, “persino lei ha perso le speranze su di me, vero?”.

“Perché chi altro le avrebbe perse?”. Accetto di giocare la partita della provocazione: la mia parte segugio si è attivata e sente che può essere una buona pista.

“Io, mi pare ovvio”, risponde.

“Quindi siamo in due, in questa stanza”, continuo a stare nel gioco.

Gianluca fa una risatina. Sembra quasi compiaciuto dalla situazione, direi trionfante.

“Quindi?” incalzo.

“Quindi, cosa?”, mi chiede divertito Gianluca.

“Di chi è il punto?”, ricomincio a provocare.

“Il punto? Non capisco”, ribatte Gianluca.

“Perché? non stiamo forse giocando a chi mette in difficoltà per primo l’altro?”

“Giocando? Dottoressa non capisco dove vuole arrivare”, commenta innervosito Gianluca.

“Io ho la sensazione che stiamo facendo una partita a qualcosa e che l’unica eccitazione nasca dal piacere di far sentire impotente l’altro.”

Gianluca si rattrista e cambia postura. Ora è più raccolto, gli occhi vanno verso le sue ginocchia. “Adesso non so più cosa dire, mi sento a disagio”.

“Si, anche io lo sono Gianluca. Mi sono sentita affaticata sin dal primo minuto del nostro incontro”.

“Mi dispiace dottoressa, ma quello che mi dice non mi sorprende. Credo di fare questo effetto un po’ a tutti, ma non so come fare diversamente, soprattutto perché non me ne accorgo”.

“Capisco, Gianluca, tutti noi siamo vittime dei nostri copioni caratteriali. Ed è un gran giorno quello in cui ce ne accorgiamo, perché significa poter cominciare a scegliere se continuare a recitarli oppure se provare a fare qualcosa di nuovo. Certo non è cosa semplice, perché quegli automatismi, che ci appaiono assurdi ed hanno effetti negativi sulle nostre relazioni, sono figli del nostro sistema difensivo. Una parte di noi sente che facendo come fa si protegge da qualche esperienza che potrebbe risultare dolorosa.”

“Faccio fatica a seguirla, dottoressa. Io oggi sono venuto qui e non c’era nulla che mi facesse sentire sulla difensiva. Anzi, in questa vita così infelice, sapere di poterla incontrare almeno una volta a settimana, mi dà sollievo”.

Questo stato di contentezza inaspettata commuove Gianluca alle lacrime.

“Forse è proprio da questo che ti difendi Gianluca, dal provare un senso di gratitudine, legame, vicinanza verso qualche essere umano. Come diceva un mio maestro, ciò che più desideriamo è ciò che più temiamo”.

Gianluca fa un grande sospiro e riflette ad alta voce sul motivo per cui ha deciso di chiedere aiuto: vive da solo da più di dieci anni, ovvero da quando è uscito dalla sua famiglia, e non è mai stato fidanzato con qualcuno. Non ha amici, giusto conoscenti, persone con cui scambiare poche parole di circostanza.

“Ho bisogno di fare qualcosa di nuovo. È necessario”, mi dice con grinta.

“Questa mi sembra un’ottima idea, trasformiamo l’energia del ping-pong di prima in una vera e propria attitudine sportiva.”

“E dove posso andare a giocare?”, dice divertito Gianluca.

Racconto a Gianluca che potremmo integrare le nostre sedute di psicoterapia con un’esperienza di gruppo e parliamo dell’opportunità di partecipare ad un percorso di sviluppo personale dove poter fare nuove conoscenze, sviluppare competenze sociali e, perché no, divertirsi.

“E se mi sentirò a disagio?”, mi chiede preoccupato Gianluca.

“Avremo materiale per lavorare in seduta, anziché parlare della tua vita copia-incolla”, dico ridendo, “di sicuro non ci annoieremo”.