Durante un percorso di psicoterapia un compagno di viaggio instancabile, tenace e chiacchierone è il Genitore Critico. Ognuno di noi ci ha o ci ha avuto a che fare. È quella persistente vocina del nostro dialogo interiore che ci ricorda quanto siamo sbagliati, quanto le cose potrebbero essere fatte meglio, quanto nella vita i fatti dovrebbero girare in altro modo, quanto non stiamo facendo abbastanza per il prossimo e molte altre carezze negative che ognuno può aggiungere a proprio piacimento.
È un nostro “introietto”, cioè qualcosa che abbiamo vissuto nella nostra esperienza infantile e che poi abbiamo fatto nostro, inglobato nel nostro mondo interiore e, troppo spesso purtroppo, eletto a guida e faro delle nostre scelte.
Potete immaginare come sia facile privarsi del proprio gusto e dei propri talenti per sottostare alle norme del Genitore Critico, come sia un dialogo interno castrante della vitalità, dell’energia e dell’entusiasmo del Bambino Naturale e Libero.
In terapia la battaglia si conduce sul piano della fiducia in sè, sull’abbandono dei pensieri carichi di pregiudizio, sul mandare letteralmente a quel paese tutti quei “nastri registrati” ripetitivi, negativi e noiosi che caratterizzano il dialogo interno con questa parte di noi.
Ovviamente il Genitore Critico non è altro che la versione interna, infantilmente irrigidita e amplificata di almeno una delle nostre figure genitoriali reali.
Ecco allora che nella nostra vita non mancano di sicuro persone della realtà esterna, ambienti, situazioni di vita che amplificano e mantengono in vita i pregiudizi e le auto-accuse.
La famiglia di origine, i colleghi di lavori, alcuni luoghi o compagnie di amici (gli amici si scelgono, ma non ci si avvicina per caso) alimentano in continuazione l’idea rigida e limitata che ci siamo fatti della nostra esistenza.
Ogni volta che, da adulti “apparenti”, frequentiamo certe persone torniamo a casa scocciati, scornati, tristi, infastiditi, delusi. Ci lamentiamo, minacciamo di non tornare più in quella casa o di volerne scappare il prima possibile ma, alla fine, stiamo lì. Tutto sommato è triste, negativo, fa arrabbiare, ma è uno schema familiare, conosciuto e rassicurante.
Mentre in terapia si lavora per risolversi, per completare il proprio percorso, per uscire dai dialoghi interni impantananti è importante un passaggio anche al di fuori delle mura dello studio del terapeuta, un esercizio difficile ma fondamentale per il proprio percorso.
Questo passaggio mi piace rappresentarlo con la metafora che avevo usato con una mia paziente adolescente, che viveva in una famiglia decisamente “demolente” e svalutante. Aveva 15 anni, difficile proporle con il sorriso di pensare alla propria indipendenza e di costruirsi una famiglia più sana.
Il primo passo, le avevo proposto, è quello di renderti conto che ogni festa, cena, riunione di famiglia per te è come attraversare un lago di letame. Solo che tu, in questo momento, quella distesa puzzolente e infangante la attraversavi a piedi nudi e con i vestiti migliori, speranzosa di essere accolta nella tua bellezza e fragilità.
Attesa, ovviamente, costantemente disattesa e con un risultato finale di un mix potente di rabbia, frustrazione e tristezza. Emozioni che continuavano a farla sentire incompresa e sbagliata.
Il passaggio difficile dell’accettazione totale di avere una famiglia di “palta” è stato fondamentale per lei per dotarsi di strumenti di difesa. Prima ho detto adulto apparente proprio per questo. In certe situazioni pensiamo di andare come persone adulte e cresciute ma ci infiliamo là dentro con le speranze, le paure e le risorse limitate di bambini spaventati. Ci andiamo senza protezione.
Che lago di letame sia ma “Mi metto gli stivali di gomma e indosso comunque il mio abito migliore, perché sono bella, valgo. Però sopra ci metto un bell’impermeabile così, una volta finito di attraversarlo, me lo tolgo, lo risciacquo con facilità e torno serena a occuparmi della mia vita e della felicità”.
Il suo dialogo interno è proseguito ancora per qualche tempo, ma rimaneva da combattere solo il fantasma interiore e non il mondo intero.
Ci possono essere tanti modi per affrontare quegli ambienti, spesso familiari, che vogliono ricondurci a degli schemi fissi e negativi. Uno di questi è accettare che quegli ambienti così sono e, probabilmente, non ci daranno mai i riconoscimenti sani e amorevoli che noi per primi non ci diamo, non proteggendoci e non volendoci bene.
Quindi se dovete andare a spalare letame sappiate che ci sono degli utilissimi accessori per non sporcarvi e, almeno, mettete gli stivali!