Ci ha dato le quattro sedute!
Ci ha dato lo sfratto!
Il gruppo si conclude qui, dice la terapeuta. Siete diventate un gruppo ‘da tè e pasticcini’, colludete su tutto: il lavoro non è più proficuo.
Aggiunge che siamo anche pronte a camminare sulle nostre gambe.
Sarà, ma il panico c’è lo stesso. Come faccio senza la terapeuta? E senza di voi? Cribbio mi mancherete un sacco! Voi mi conoscete meglio di come mi conosca io stessa. Conoscete la mia storia e i miei buchi neri, vedete lì dove io invece sono cieca.
È deciso: se qui non possiamo proseguire, possiamo provare da sole fuori da qui.
Così da oltre sei anni, ci incontriamo ogni tre settimane massimo, a darci supporto a vicenda, a urlare e scornarci come mai prima, a buttare in aria il tavolo, le tazze, il tè e i pasticcini, a piangere insieme e ridere parecchio.
La terapia ci ha insegnato che ci facciamo da specchio nelle nostre dinamiche di relazione e anche che stiamo coraggiosamente lasciando che altri occhi ci vedano, che altre pance ci sentano, che altre mani ci accolgano o ci spingano e così, insieme, siamo un pezzetto più libere ad ogni incontro.
Attaccate al nostro tavolino imbandito per il tè abbiamo navigato onde alte di tempesta, tempi personali molto duri, a turno abbiamo anche cercato di scappare via, qualcuna è stata ripescata in mare.
È il delicato lavoro della fiducia e dell’appartenenza.
E ci siamo chieste: ma non dovrebbe essere così in tutte le relazioni importanti?
Credo di sì, mi passi un altro po’ di tè?