La qualità della presenza: breve storia della mia crescita personale. - Divenire Magazine

Guarire la colpa del contagio

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La morte può essere l’espiazione delle colpe ma non può mai ripararle

(Napoleone Bonaparte)

 

Giada è una donna sulla cinquantina. Mi ricontatta chiedendo di potermi incontrare in Presenza, dopo che ci siamo conosciute attraverso il servizio di supporto psicologico gratuito che abbiamo istituito ai primi di marzo, all’inizio del “lockdown”. Una sua collega infermiera, ha convinto Giada a chiamarci, riuscendo ad oltrepassare un certo pregiudizio della donna nei confronti degli “strizzamatti”, come li chiama lei.

Il motivo della chiamata è l’insonnia. Giada si tormenta di sensi di colpa perché è convinta di aver contagiato la madre anziana, andandola a trovare alla RSA dove era ricoverata, alla fine di febbraio, quando ad Alzano si stava decidendo se istituire la zona rossa o meno. La madre è morta per covid a metà marzo, come molti anziani della RSA .

-Giada, sono felice di incontrarla di persona

-Ci ho messo un po’ a decidermi di venire

-Si posso immaginare. Durante il colloquio al telefono mi aveva detto che lei agli psicologi non crede

-Ma poi  mi ha detto che la psicologia non è una religione e mi ha messo a mio agio (sorride con la bocca)

-Mi aggiorni. Cosa è successo dopo il nostro colloquio? Il problema dell’insonnia e del senso di colpa non si è risolto però mi sono accorta che ero un po’ meno disperata. Sa dirmi cosa del nostro colloquio telefonico l’ha permesso?

-Credo di saperlo molto bene, perché ci sono delle parole che lei ha usato che mi sono ripetuta per tutto questo tempo e che mi hanno permesso di non affogare.

-Ha voglia di condividerle?

-Che la colpa è per chi teme la punizione, mentre di me sentiva un oceano di dolore. Questa parola, Oceano, mi ha richiamato una canzone di Battiato, un “Oceano di Silenzio”: La conosce? E’ stata la mia compagnia, una  grande consolazione per me

-Si la conosco, è sublime

-Piango sempre tanto quando l’ascolto

-Forse questa canzone è un ponte per lei: le permette di raggiungere parti di sé e di esprimerle

 

Giada si rabbuia, la sua energia si è abbassata come un repentino abbassamento della pressione atmosferica durante un volo.

-Giada a cosa sta pensando?

-Penso e ripenso a quando sono andata a trovare mia madre.

-Com’era stato quel momento?

-Molto bello! Mia madre si illuminava quando mi vedeva…

Giada scoppia a piangere, poi aggiunge: e per colpa mia se se ne è andata, senza nemmeno un saluto, senza un funerale.

-Dottoressa sono perseguitata da questo senso di colpa, e mi sento esaurita. Lei dice che ne potrò mai uscire?

-La via d’uscita è dentro, diceva un maestro: se la sente di immergersi un po’ in quello che le sta accadendo ora?

Giada annuisce e si lascia andare contemporaneamente ad un pianto disperato, ripiegandosi completamente su di sé. Si vede ad occhio nudo il peso del senso di colpa che la sovrasta e la schiaccia.

-Giada, non interrompa il movimento che sta facendo con la schiena, mi mostri con il corpo fino a che punto si sente schiacciata. Può anche scivolare a terra se lo desidera.

Giada scende dalla poltrona e si inginocchia a terra con la testa reclinata verso il pavimento.

-Da fuori sembra una persona che sta supplicando qualcosa…

-Si, (dice piangendo), sto supplicando di morire anche io

-A chi chiede di morire e perché?

-Voglio morire perché me lo merito e perché vivere in questo strazio non ha senso, sono un peso per tutti quanti

-Una espiazione per trovare cosa?

-La pace…

-Vuole morire per trovare la pace, è così Giada?

-Sì, non c’è alternativa

-Cosa la fa sentire così convinta che morire sia l’unica strada per ritrovare la pace, ha avuto altre esperienze di morte?

-Degli altri? Dice lei sollevando la testa e guardandomi come se avessi detto una boiata.

-No no, dico di lei medesima

Ancora più stupita, Giada solleva la schiena. E’ evidente che la mia domanda la sta confrontando sull’illogicità della sua convinzione. Averle permesso di vivere il suo desiderio di morte in presenza di una testimone non giudicante che semplicemente si incuriosisce di ciò che sta accadendo, sembra stia aiutando la donna a riemergere da una condizione legata alla convinzione di meritarsi una punizione, la peggiore ovviamente, come la pena di morte.

-E’ ovvio che non sono mai morta

-Quindi chi le garantisce che morendo avrà pace?

-E’ quello che si dice.

-Chi lo dice?

-I preti, la religione…

-A me risulta che nella logica cristiana muore in pace chi prima si è pentito, se no no, anzi, si dice che uno poi soffre le pene dell’inferno, nel senso che il dolore sarà eterno. Secondo questa logica, quindi, anche morire non risolve la questione. Certo se mi dice che vuole risolvere il problema del sonno, capisco che l’idea del sonno eterno possa essere attraente, soprattutto se uno non dorme da mesi come capita a lei

Giada scoppia a ridere con fragore, ci mette un po’ a calmarsi.

-Erano mesi che non ridevo così. Ancora prima che accadesse tutto questo.

Giada si rialza da terra e si rimette comoda sulla poltrona. Si appoggia al cuscino e guarda fuori il giardino.

-Vorrei addormentarmi qui, proprio ora

-Si, certo Giada, si riposi un pochino, dia tempo al suo Sistema Nervoso di gustarsi questo approdo.

-E’ incredibile quanto sono rilassata. Mi sembra come di essere tornata a casa

-Dopo un lungo, estenuante viaggio in cui non trovava più la strada del ritorno

-Già ( sospira). Sa dottoressa, mi sto rendendo conto che io non sono felice da tanti anni e c’è voluto tutto questo per capire che ho bisogno di aiuto. La morte di mia madre, mi vergogno molto a dirlo, forse non è l’unica origine di tutto questo malessere. Sono stupita dal senso di gratitudine che sto provando nei suoi confronti: mi ha costretta a vedere il buio in cui brancolo da anni.

Giada piange sommessamente. Si vede che la qualità del suo pianto è cambiata.

-Mi consola l’idea che sia morta per darmi nuovamente alla luce.

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