Che fare se il problema non ha una soluzione?

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Il potere di sentimento e intuizione per attraversare il buio

Nel mio lavoro di terapeuta, spesso mi trovo a confronto con problemi che non hanno una soluzione, quanto meno fattibile. La nostra mente è portata per sua natura a cercare una soluzione, ma a volte è necessario stare con il problema. Ho imparato questa lezione nei miei anni di lavoro sulla strada, a stretto contatto con persone, per lo più tossicodipendenti attivi, che portavano una serie di problemi, più o meno consapevoli che non c’era una soluzione, quantomeno non una immediatamente percorribile. Spesso la richiesta era di esserci e stare con loro di fronte a quel problema. Questa dinamica succede molto spesso, in terapia ma anche nelle relazioni di coppia: quante volte ci sentiamo frustrati per un problema che ci viene posto e a cui noi riteniamo di dover dare una soluzione? Mentre invece chi ci sta di fronte ha solo bisogno della nostra presenza e comunicandoci una sua sofferenza non ci chiede una soluzione, ma semplicemente di essere presente.

Ma garantire questa presenza, non è cosa da poco. Spesso è già un mettersi nella direzione giusta, forse non quella della soluzione del problema ma quella della sua dissoluzione. Edipo aveva i piedi gonfi (questo il significato del suo nome), mutilati dal padre. Quindi, il mito ci racconta che non aveva grounding, che in bioenergetica significa contatto con la Terra e la realtà. La sua energia era spostata verso l’alto, verso la testa, il pensiero e l’intelletto. Verso la ricerca di una soluzione. Lo stare con, l’esserci ci porta invece verso altre possibili risposte, che usino altre funzioni, come il sentimento o l’intuizione, una risposta di senso che può portare al dissolvere, sciogliere il mistero.

Nel mio ultimo articolo, paragonavo il noto virus alla Sfinge del mito di Edipo.

Evidentemente questa metafora, imperfetta e incompleta, ha continuato a lavorare dentro di me, portandomi a tornare sui miei passi e rivederla.

Tornando al mito, la Sfinge pone a Edipo un enigma, ma gli si offre in tutto il suo mistero. Edipo risolve l’indovinello, ma non riesce a entrare in relazione con la Sfinge, che fugge urlando. La domanda relazionale della Sfinge è stata ben intuita nel mondo dell’arte, per esempio nel dipinto preraffaellita di Moreau.

Guardando al momento attuale, è come se la Sfinge fosse la Natura stessa, che ci pone un problema (per esempio una malattia che tocca il mondo intero). La nostra risposta è dello stesso tipo, razionale, di quella di Edipo: cerchiamo (ovviamente e giustamente) soluzioni, ma non stiamo a contemplare la Sfinge, non entriamo in relazione con la Natura (o la Terra). E, non entrando in relazione con l’Altro, non siamo in relazione con noi stessi: Edipo, infatti, non conosceva se stesso e le proprie origini. Il mito, come è noto, finisce in tragedia: Edipo sposa sua madre perché è riuscito a risolvere l’indovinello, e finirà per accecarsi.

Noi, cosa non stiamo vedendo? Qual è il Mistero su cui la Sfinge ci vorrebbe far riflettere e entrare in relazione?

Questa pandemia ha messo in drammatica evidenza quanto siamo fragili, come specie, e questo dovrebbe rendere chiaro a tutti che stiamo morendo. La Sfinge, con l’indovinello/virus, ci sta portando a contemplare il dramma della Morte e della distruzione che stiamo portando noi umani  nella nostra specie e in tutto il Pianeta?

 

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