Cosa ci tiene in vita?

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Il rifiuto, l’abbandono, l’umiliazione , l’ingiustizia. Il film Dogman del mitico Luc Besson, nelle sale in questi giorni, non è “solo” un film sulla violenza, né uno psycothriller e nemmeno un film sul rapporto e confronto animali-umani.
Il regista, in maniera geniale e appassionante, ci interroga su cosa ci trattiene qui, cosa ci spinge a vivere nonostante le ferite dell’anima e le fatiche del quotidiano, cosa rende una vita compiuta e per quale via.
Per me Dogman è un inno alla forza d’animo e all’amore tra esseri, umani o animali che siano. Perché c’è un punto, fuori dalla narrazione logica, in cui i nostri esseri si intersecano e si riconoscono, al di là delle parole.
È un film che toglie le separazioni del mondo duale e ci rimette in contatto con la vastità delle possibilità esistenziali.
È un film sulla libertà di arrivare vivi di fronte alla morte.
Ho pianto parecchio dopo il termine, un pianto che ha ripulito sacche profonde di sofferenza incrostata. Un film che guarisce ferite profonde perché ha il coraggio di mostrarle in tutta la loro devastante intensità e verità.
grazie Luc Besson

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