La paura delle donne - Divenire Magazine

La paura delle donne.

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Un ragazzo taciturno,
l’ultimo di molti figli, la casa piena di gente e lui
rintanato in un angoletto a leggere,
nella sua famiglia si sente un estraneo
come me

 

Cristina Comencini, Essere Vivi

“io? Andare a donne? Al massimo a prostitute, ma a donne no, è impossibile”, dice con sarcasmo Mauro.

“è impossibile?”, rimarco io

“si, si”, dice ridendo, “ io non mi sento all’altezza delle donne”

“e perché?”

“loro si aspettano moltissimo. Devi essere figo, avere la parlantina sciolta, farle sognare, farle divertire, farle sentire al sicuro….io sono bruttino e secco, ho un lavoro da impiegato, non pratico sport, e quando sono vicino ad una donna mi sento terribilmente in imbarazzo. Sento che si aspetta qualcosa da me ma non so esattamente cosa e vado in tilt”

“capisco, anch’io quando mi sento così con qualcuno, quando provo vergogna e imbarazzo, tendo ad evitare quella persona o quella situazione. Ma a volte il prezzo dell’evitamento è troppo alto, specie, come nel tuo caso, se ci ritroviamo soli e infelici. Tu vorresti una compagna?”

“si mi piacerebbe averne una, ma poi quando penso in concreto cosa vorrebbe dire, tipo parlarle anche se non ne ho voglia o prendermi cura dei suoi problemi, cambio idea”

“ cosa potrà accadere davvero in una relazione non lo possiamo mai sapere in anticipo. Credo che tu stia confondendo un pensiero che rappresenta una paura con la realtà. Ti comporti come se quella cosa fosse già successa e concludi, mi sembra di intuire, che non valga la pena di impegnarsi”, rifletto a voce alta.

“in effetti le donne mi sembrano impegnative”, continua Mauro

“ma se non le frequenti nemmeno!”, lo provoco, “ in base a quale esperienza dici che lo sono? E’ per sentito dire?”, rincaro la dose.

“non so….penso a mia madre, alle mie zie”

“ erano donne impegnative per te?”

“no, non direi, anzi, penso che mia madre sia una donna in gamba, è con lei che parlo di più”

“ se non c’è nulla di impegnativo in lei, perché fai generalizzazioni sulle donne?”

“ora che ci penso, mi rendo conto che mia madre è stata una donna impegnativa per mio padre. Quando litigavano, e succedeva spesso, mio padre si rivolgeva a me e sbuffando mi diceva che più stavo alla larga dalle donne e meglio sarebbe stato per me. Caspita non avevo mai realizzato questo passaggio!”

“in effetti credo sia un passaggio fondamentale Mauro. Ti propongo di approfondire questa faccenda facendo un piccolo esperimento. Ti va?”

Chiedo a Mauro di tornare nel ricordo che ha appena recuperato e di riviverlo come se fosse presente.

Chiedo di descrivermi minuziosamente la scena, come sono disposti i suoi genitori, dove è lui e di fare un fermo immagine nel momento peggiore di questo scambio.

“Mauro, cosa senti nel tuo corpo in questo momento?”, gli chiedo mentre Mauro ha gli occhi chiusi

“sento freddo alle mani. Il respiro è breve e le gambe sono bloccate”

“che emozione ti suscitano queste sensazioni?”

“mi sento terrorizzato”

“se le tue gambe non fossero bloccate e si potessero muovere cosa farebbero?”

“scapperei?”

“ cosa te lo impedisce?”

“ non posso, devo stare qui”

“ Mauro, tu vorresti scappare via da questa scena dei tuoi genitori che litigano perché ti fanno paura ma non puoi o non vuoi?”

“non devo”, risponde Mauro

“chi ti obbliga a restare?”, riprendo.

“nessuno me lo dice apertamente, ma credo che mia madre abbia bisogno che io resti”

“ da cosa lo capisci?”

Mauro inizia a piangere, la sua voce sembra quella di un bambino. “la mamma mi guarda e mi tiene stretto a lei e dice al Papà di non fare così perché c’è il bambino”.

“Mauro, ora stai rivivendo la scena di quando eri piccolo”, gli dico avvicinandomi, “ ti starò vicino mentre attraversiamo questi ricordi penosi con l’obiettivo di superarli. Sei accordo?”

Mauro annuisce.

“Mauro quanti anni hai in questo momento?”

“cinque o sei”

“cosa stai sentendo nel tuo corpo?”

“sento il braccio e la spalla destri completamente bloccati, il cuore che batte forte, ho paura”

“ chi ti blocca il braccio?”

“la mamma….”, ricomincia a piangere

“ cosa succede se immagini di muovere piano il tuo braccio e di portarlo verso il tuo corpo?”

“non riesco, è bloccato, mi fa malissimo”

“Mauro sei entrato in un vecchio trauma e stai risperimentando qualcosa che è rimasto in memoria nel tuo corpo. Io ti posso accompagnare ad attraversarlo se tu lo vuoi, altrimenti ci possiamo fermare”

E’ sempre importante fare una verifica del consenso del paziente, altrimenti si corre il rischio di assumersi una responsabilità controproducente.

“no, no, ti prego continuiamo”, dice con forza Mauro.

“ D’accordo Mauro. Prova a mettere in un dialogo la descrizione che hai appena fatto del tuo dolore. Prova a vedere cosa ti succede se ti dai il permesso di dire: Mamma, quando mi blocchi il braccio mi fai malissimo”

“non posso dirglielo, poverina”, sussurra Mauro

“ Mauro l’unico Ino della scena sei tu perché sei un bambino e hai il diritto di essere tutelato prima degli adulti. Sei tu il bambino, non è tua la responsabilità di ciò che sta accadendo tra i tuoi genitori”

Mauro esplode in singhiozzi. E’ evidente che è ad un bivio. La madre si difendeva dalla violenza dal padre facendo del figlio uno scudo. Mauro aveva accettato questa funzione di salvatore rinunciando a sentire i suoi bisogni di protezione da parte di entrambi. Invischiato nel ruolo di mediatore dentro la coppia di genitori, Mauro si era sentito risucchiato da un senso di responsabilità in particolare verso la madre rinunciando alle sue emozioni di bambino e ai suoi bisogni. Si era precocemente adultizzato per amore della madre, nella vana speranza che questo potesse aiutare i genitori a risolvere i loro problemi. Ricordare ai pazienti che non è una loro responsabilità per ciò che è accaduto tra i genitori è un passaggio fondamentale, che permette loro di sentirsi sostenuti e legittimati a provare ciò che provano senza giudicarsi o colpevolizzarsi. La terapia cerca di dare quel sostegno ambientale che in quei momenti il paziente non sentiva di avere.

“MMMammma”, inizia a dire con fatica, “mmmi…fffai…mmmmale”

“Molto bene Mauro, ancora, parla con la tua mamma, dille cosa stai sentendo”

“mmmmmammma, mmmmi ffai mmmale. Mammmmaaaaaa, mmi fai maaaaaaaaaaaleeeeeeeeeeeee. Mammmmmmaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, mi fai maleeeeeeeeeeeeeeeeee”, dice urlando

“continua così, molto bene Mauro, mentre parli con la tua mamma prova a muovere lentamente il braccio destro”

Mauro risperimenta, attraverso intensi tremori, tutta l’energia trattenuta nei muscoli del braccio. Man mano l’energia si libera accettando i tremori fisiologici, man mano le parole escono. Al termine di questo lungo momento, Mauro, pronuncia, senza ormai piangere o provare dolore muscolare: “Mamma, non ce la faccio più a reggerti. Non è giusto che mi metti in mezzo tra te e il papà. Non è giusto che mi fai sentire sempre in ansia perché non sai stare da sola. Non sono io che devo prendermi cura di te”.

Al termine di questo faticoso attraversamento, Mauro, mi dice sereno: “c’è una collega in ufficio con cui scherziamo parecchio. Dici che dovrei provare a chiederle di vederci per un caffè fuori dall’ufficio?

Un pensiero riguardo “La paura delle donne.

  1. Bellissimo ed emozionante, inoltre mi ha fatto riflettere su come sia vero che quello che siamo oggi è il risultato delle gioie e dolori vissuti nel corso della vita.

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