Quando il panico parla dei nostri desideri

Reading Time: 4 minutes

Chi non ha mai avuto voglia di mollare tutto (famiglia, lavoro, le certezze del quotidiano…) per ricominciare una nuova vita fuggendo da una realtà diventata troppo stretta se non insostenibile!

Un bel colpo di spugna, per mettere fine immediata ad un’esistenza frustrante, è un desiderio comprensibile che ci viene quando la vita si fa difficile, quando la sofferenza è alta, quando ci sentiamo con le spalle al muro imbrigliati in situazioni senza via di uscita che ci fanno mancare l’aria.

Di fronte a simili situazioni i nostri schemi comportamentali, i nostri sistemi di difesa che ci hanno fatto resistere a lungo, possono andare in tilt all’improvviso, destabilizzando il nostro precario equilibrio psicofisico con ripercussioni negative sulla nostra salute.

È allora possibile perdere il controllo in circostanze anche banali mettendoci in pericolo, e possono sorgere all’improvviso vari sintomi difficili da gestire quali il senso di oppressione, il terrore, la mancanza di respiro, la tachicardia, i tremori, l’irrigidimento e le vertigini ecc…

Si tratta di un vero attacco di panico che irrompe nella quiete come un fulmine a ciel sereno, in cui la persona avverte un estremo disagio come la “sensazione di morire e di impazzire”.

A questi sintomi è bene dare ascolto. Essi sono portatori di un messaggio, arrivano per dirci qualcosa d’importante, per comunicarci, attraverso il loro linguaggio forte e doloroso qual è la strada per ritrovare la serenità. Il caso di Giovanna, qui sotto riportato, è un chiaro esempio delle difficoltà appena descritte.

 

Giovanna è una giovane donna di trent’anni che si presenta in terapia con la richiesta di risolvere al più presto i suoi improvvisi disagi, duranti i quali sente di perdere il controllo di sé e del suo corpo, provando una grande sofferenza che le impedisce di continuare a svolgere le attività che stava facendo. I sintomi di Giovanna compaiono poco dopo aver ricevuto la proposta dal suo datore di lavoro, di fare uno stage aziendale di sei mesi in una città Europea. Giovanna è figlia unica, ha perso il padre quando aveva tre anni a causa di un incidente stradale. Con la madre, Giovanna ha sempre avuto un rapporto stretto, simbiotico, fusionale dove, usando le parole della ragazza, era consueto “non perdersi mai di vista” ed occuparsi sempre l’una dell’altra. Giovanna a soli cinque anni sapeva già sbrigare le faccende di casa, e a prendersi cura costantemente della tristezza e sofferenza di una madre così fragile, impotente e bisognosa del suo aiuto nell’affrontare un triste destino che l’aveva messa a dura prova.

A Giovanna piace molto il suo lavoro e per questo accoglie subito la proposta con grande entusiasmo ed euforia. Poco dopo l’arrivo improvviso del suo strano ed inspiegabile malessere.

-…a volte improvvisamente mi sento strana comincio a stare male!!…non ho più il controllo di me, di quello che può succedere, di quello che mi circonda…comincio a sudare, il cuore va a mille, non riesco a pensare, mi manca il respiro, mi sembra di morire… è terribile.!

– Posso immaginare come può sentirsi in quelle situazioni, mi permetta di dirle che mi spiace!

– sì…è terribile, dura pochi secondi ma quando sento quelle cose mi sembra non passino mai!

– Quando è successo l’ultima volta? quando queste sensazioni sono arrivate a farle visita?

– lunedì scorso!

– Le va di ritornare con la mente a quel lunedì? Le va di raccontarmelo come se quello che è successo quel giorno, capitasse ora, in questo momento? se preferisce può chiudere gli occhi o fissare un punto davanti a lei.

– ci provo (chiudendo gli occhi)…sono in macchina, sto guidando, sto facendo la solita strada per andare al lavoro, devo presentare un progetto, ci ho lavorato tanto  …c’è un po’ di traffico, è una bella giornata… sto ascoltando la musica, sono serena rilassata…tutto regolare, le solite cose…nulla di strano!

– Si conceda la possibilità di rimanere lì…noti quello che arriva.

Rimane in silenzio per qualche secondo poi c’è un’alzata di sopracciglio.

– Che cosa sta arrivando in questo momento? – Le chiedo.

Giovanna apre gli occhi mi fissa e poi comincia a piangere

-…la canzone, la musica… sto ascoltando Mother dei Pink Floyd….non ce la faccio, chi si occuperà di lei…non posso lasciarla sola…però…ci sono io, e il mio lavoro?…quando mi capiterà un’occasione così!

 

Si capisce che Giovanna è arrivata al limite. Il suo malessere interiore, compare nel corpo, come un’esplosione che spazza l’apparente quiete per dirle che ci sono bisogni soffocati che non possono essere ascoltati, visti, riconosciuti. Il bisogno di Giovanna di percorrere la propria strada, di spiccare il volo per dare forma a ciò che vuole essere, di differenziarsi per esprimere il suo sé adulto, colludono con il senso di colpa, la sua “decisione” inconscia infantile di prendersi cura di una madre che ha bisogno del suo aiuto per riuscire a reggere e a dare senso alla propria esistenza.

L’aiuto terapeutico con Giovanna, se da un lato fornisce degli strumenti concreti per governare il sintomo, dall’altra, le permetterà di trovare il significato più profondo di ciò che le accade, il messaggio che queste manifestazioni somatiche vogliono dire nella cornice del suo ménage esistenziale.

Partendo da questo, sarà possibile comprendere i suoi desideri autentici e potenziare le risorse individuali affinché lei possa orientare la propria vita verso la piena realizzazione.

È necessario che Giovanna si faccia accompagnare da una guida che conosce i sentieri giusti, l’equipaggiamento necessario da utilizzare, le modalità e le strategie più efficaci per orientare la persona a nuove consapevolezze e capacità.

Questo è il viaggio che la porterà a sentirsi meglio: un viaggio che le consentirà finalmente di respirare dell’aria nuova.

Lascia un commento