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Ritorno a scuola: la lezione dei bambini

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CARI GENITORI E CARI INSEGNANTI, SIETE PRONTI ALLA GRANDE LEZIONE CHE CI DARANNO ANCORA UNA VOLTA I NOSTRI BAMBINI E I NOSTRI RAGAZZI?

Osservo i bambini che arrivano disciplinati e allegri. Si mettono in coda con la loro mascherina, sollevano i capelli per farsi provare la temperatura, scambiano battute con il “Capo Besugo” (così c’è scritto sulla sua maglietta), cioè capo degli Istruttori,  e poi raggiungono pimpanti la loro postazione: una grande sedia disposta a più di un metro di distanza dalle altre.

Aspettano diligentemente che ognuno prenda il proprio posto e intanto si scambiano sguardi e battute. No, non siamo in Giappone o in Cina, siamo a Sestri Levante, alla Scuola di Vela dove accompagno il mio settenne che di scuola Primaria ha fatto giusto una manciata di mesi prima del lockdown.

Di fronte a loro c’è una lavagna: inizia la lezione teorica che introduce all’esperienza in barca della giornata.

Osservo incantata il clima di #statodigrazia che regna in questa piccola scuola dove le procedure anticovid scivolano velocemente sullo sfondo come qualcosa di naturale, come la forza di gravità.

Diversamente da noi genitori, tutti lì, dai bambini agli istruttori, sono concentrati su ben altro: nel loro presente c’è l’esperienza del “Fare Vela” con tutto ciò che significa: il mare, l’aria, il sole, la barca, le vele, i ruoli, il piccolo gruppo sulla barchetta o la relazione a due timoniere-prodiere, il gioco, la sfida, il sentirsi competenti, il vincere le proprie paure, la felicità tutta della navigazione che altro non è che una continua sfida alle proprie paure e la scoperta che uno dei momenti più divertenti è quando si scuffia e si cade tutti in acqua e si coopera, per risalirci e farla ripartire, si fanno amicizie.

In termini tecnici si direbbe che tutti sono radicati dentro l’esperienza nel suo dipanarsi, sono presenti.

La Vela insegna ad accettare le leggi che governano la realtà, a trasformare il limite in opportunità perché si adattano le vele al vento e non viceversa. Così le regole della mascherina e del distanziamento sono trattate alla stessa stregua.

Da millenni il Buddismo ci insegna che c’è un grande potere nell’accettazione di ciò che è. Gesù stesso nel suo “se non ritornerete come bambini” ci insegna la stessa cosa, che la felicità è data a chi sa stare con quello che c’è. E quello che c’è è infinitamente di più del distanziamento, della mascherina, del timore di non stare al passo con il programma, di non sapere cosa fare se uno starnutisce: c’è un sistema, che nella teoria della Gestalt si  chiama #sistemadiautoregolazioneorganismica , che fa si che ogni organismo – la classe, la scuola sono organismi – trovino un modo per autoregolarsi stante le condizioni dell’ambiente. Ciò che permette ad una semplice cellula di regolarsi è una membrana piccolissima che possiede una grande intelligenza perché è la depositaria degli scambi con il dentro ed il fuori.

Le esperienze, sia a livello cellulare che psicologico, diventano traumatiche non tanto per l’esperienza in sé ma per una mancanza di un sistema di regolazione che permetta di regolare i flussi tra il dentro ed il fuori. Cosa voglio dire con questo? Che noi adulti rischiamo di invadere e interrompere l’adattamento creativo dei nostri figli alla nuova situazione che troveranno a scuola se non siamo in grado di fidarci della loro capacità innata di adattarsi e trovare soluzioni creative.

E’ bene imparare da loro e comprendere che il distanziamento che #maestroCovid ci sta imponendo, forse ha a che fare con la necessità di mettere spazio tra me e l’altro in termini di vedere che l’Altro è #altrodame, che la sua esperienza non è la mia e che il mio lavoro consiste nel valutare bene le parole che dico. A volte penso che la mascherina, più che un richiamo al tema contagio, sia un richiamo ad un necessario ritorno ad un #usopiuconsapevoledellaparola: dato che parlare con la mascherina è faticoso, siamo tutti obbligati a risparmiare le energie e a risparmiare le parole per un uso più consapevole.

Per tornare alla metafora della membrana cellulare, ritengo che il ruolo degli adulti, genitori e insegnanti, sarà indispensabile su questo livello: impegnarsi sul piano del #contenitore anziché dei #contenuti.

Se dovessi riassumere in poche parole in cosa è consistito l’errore più grossolano della scuola, ancora prima dell’emergenza Covid, direi che si è dato per scontato il #contenitore (relazione, classe, famiglia, luogo sicuro) e tutti si sono concentrati sul contenuto (apprendimenti, programma ecc.).

Abbiamo tutti un dannato bisogno di ritrovare sicurezza e tranquillità e nessuno dice che questi non deriveranno dal sapere con certezza quali saranno i protocolli – che inevitabilmente dovranno adattarsi continuamente ad una realtà in continua evoluzione (la qualcosa non riguarderebbe solo il covid ma è una legge della vita che abbiamo dimenticato), ma semplicemente da qualcosa che ha a che fare  con la relazione umana che è il più grande contenitore e regolatore delle esperienze. E qui, come ben sappiamo, tocco un tasto assai dolente.

Le lezioni che il covid ci vuole impartire non sono finite – altrimenti maestro Covid se ne sarebbe già andato! – e forse occorre arrendersi alla necessità di mettere mano a ciò sul quale siamo rimasti molto indietro: alle relazioni e alla capacità di costruire alleanza e fiducia. Per fare questo ognuno di noi dovrà mettere mano alle proprie ansie di controllo: ma ne vale la pena perché in palio c’è la possibilità di accettare di perdere i nostri #piccolissimime per fare spazio all’impellenza di un #sensodelnoi e ad un #sensodellacomunità.

In pratica cosa significa? Significa imparare a trovare soluzioni creative chiedendo sostegno gli uni con gli altri: e qui, cari miei, non c’è politico che tenga: tocca ad ognuno di noi! Cari insegnanti non mettete i genitori nello spazio dei nemici, cari genitori non mettete gli insegnanti nello spazio dei persecutori, ma in quello degli alleati. Dedichiamo tutto il tempo necessario  per ricostruire l’alleanza tra di noi, per capire cosa ha funzionato e cosa no. Curiamo la sfiducia che si è creata, se si è creata, oppure capitalizziamo ciò che ha funzionato e continuiamo ad alimentarlo. La relazione e l’alleanza tra di noi non passi da fredde comunicazioni sul registro di classe ma si cerchi con ostinazione una via per interagire e trovare il proprio modo – di ogni singolo sistema classe –  di adattarsi alla realtà, che da sempre è complessa, non solo oggi che c’è il Covid. Usciamo dall’ottica prestazionale  ed entriamo in quella dell’#ascolto e del #farespazio per scoprire che basta molto, ma molto meno, per recuperare fiducia: meglio una lezione  con effetti speciali in meno e uno scambio telefonico in più. Sarà importante per i ragazzi sentire questo contenitore, altrimenti il senso di una grande Babele continuerà, rendendo tutti più stressati e le spese, ancora una volta, le faranno i bambini che, saranno ancora una volta “adultizzati” nella richiesta di comprensione verso gli adulti che devono fare i salti mortali per lavorare e corrispondere ad aspettative frutto più della propria ansia di perfezionismo che di un vero e reale confronto tra di  loro. In teoria, quello del cosiddetto patto educativo, è una  cosa scontata e assodata, ma i vissuti molto ricorrenti in tutti, hanno rimandato a qualcosa di molto distante come sensazioni di solitudine, isolamento, abbandono. Insomma più che una Scuola è stato un campo di Battaglia! Parola d’ordine #NONABBIAMOFRETTA. E’ la fretta di dare l’impressione che non stesse succedendo nulla, il #manoinonmolliano e il #noncifermiamo, insomma la #negazione della realtà che ha fatto parecchi danni. Ora è il tempo di occuparci dello stato in cui versano emotivamente i ragazzi, gli insegnanti e gli adulti. Bypassarlo, darlo come per superato sarebbe un errore dalle ricadute ben più pericolose del mancato rispetto dei protocolli. E’ tempo del  #lavoriamoperincontrarci e del #impariamoastareconquellochece, #recuperiamofiducia #scopriamonuovevie e così via. Il tempo dell’essere #performanti a tutti i costi è finito. E’ il tempo del #cosacistasuccedendo?

Se partiamo dal presupposto che il Covid ha rappresentato una grande scuffiata della già precaria “BarcaScuola”, allora siamo consapevoli che tutti, per stare bene, per essere produttivi, per navigare e divertirci insomma,  abbiamo bisogno di sentirci tranquilli e sicuri, al nostro posto. Il posto sicuro dell’insegnante, il posto sicuro dell’allievo, il posto sicuro del genitore. E questo tipo di  sicurezza non le garantiscono i protocolli Covid o i banchi ultimo modello, ma un lunghissimo processo di riparazione e negoziazione sul piano della relazione.

Non abbiamo paura di prenderci tutto il tempo necessario per riparare i vari contenitori. Sono sicura che tutti scopriremo che una barca ben riparata, anche se ha passato mesi fuori dall’acqua dei programmi, non solo andrà meglio, ma renderà il resto più semplice e immediato, perché, come ci ha insegnato Freud, è il piacere che spinge come vento nelle Vele della navigazione.

“Vietato aver paura di dire che ho paura”, dice il Capo Besugo all’inizio della lezione. “E’ giusto e normale avere paura. E’ Importante che lo diciate. Chi ha avuto paura la prima volta?”

Io, io, io, io….le mani si sollevano e i bambini iniziano a raccontarsi.

Impariamo da loro, a non negare le nostre paure e a risolverle come si è sempre fatto da sempre: condividendole e trovando un supporto empatico oltre che pratico nell’occuparci degli inevitabili problemi che emergeranno. Nessun protocollo potrà metterci mai al riparo dalle paure, le più ancestrali, ma il #sensodiappartenenza quello si, può , può molto, da sempre.

In palio c’è la grande opportunità di far evolvere sul serio i sistemi scolastici, solo se ognuno, come in barca, saprà vincere le proprie paure e la propria pigrizia ( della serie che risolvano gli altri) e soprattutto saprà accettare questa esperienza come un’opportunità, tra le tante che continuamente ci vengono offerte, di #sentirsivivi. Proprio come fanno i nostri figli. Il tempo della #delegaadaltridelnostrobenesserescolastico è finito. E’ tempo della #responsabilità.

Teniamo il mare ed il sole sullo sfondo dei nostri cuori e ricordiamoci che siamo tutti lì con lo stesso scopo: insegnare ai nostri figli a navigare con gioia nel mare della vita.

Il bambino esce da scuola con la mascherina sul viso e gli occhi luminosi. La prima domanda che gli fa la mamma ansiosa è: “Ti ha dato fastidio la mascherina?”.

“Quale mascherina?”, risponde il bambino.

Buon vento a tutti!

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